domenica 23 aprile 2023

Numero 442 - Esperimenti di scrittura - 23 aprile 2023


Continuiamo a sfogliare le riviste create nel Laboratorio di Scrittura - il Vivaio, allo scopo di sperimentare la scrittura in tutte le sue forme. Ovviamente non è una vera rivista, e chi ha lavorato ad essa non è né giornalista, né caporedattore, ma è stato investito del ruolo in una sorta di gioco/esperienza nel Laboratorio.

La fotografia che vedete in testa a questo numero è la copertina scelta dal Caporedattore di turno, Vittoriana Motta.

Il titolo della rivista immaginaria è... Scopriamolo insieme, leggendo anche tutti gli articoli scritti dalla squadra di redattori di Vittoriana.

ALTRA DANZA

Rivista di Danza Classica e Contemporanea


EDITORIALE

(a cura di Vittoriana Motta)


Cari lettori,
cosa c’è di più bello del piacere di immergersi nel flusso della musica alle prese con i passi di una nuova danza? È quello che faremo grazie all’inviata Tania Mignani, la quale ha provato per noi un nuovo ballo, che vi lascio scoprire nelle pagine che seguono.
Continua anche il nostro percorso storico nel mondo dei balli. In questo numero Graziella Braghiroli ci porterà in Francia all’inizio del Settecento a conoscere il Minuetto.
Incontreremo poi la grande ballerina Elisabetta Bigoni che, intervistata dalla nostra inviata Linda Silvia Scarpenti, ci svelerà qualche dettaglio di “Romeo e Giulietta” in chiave moderna, in scena questo mese nella nostra città.
Con la certezza che la vostra curiosità vi spinga a girare pagina, vi auguriamo una buona lettura.
 
                                                           

C’era una volta a… Bollywood

  Tania Mignani

Cosa succede in una Scuola di Danza dove, 
in via del tutto eccezionale, 
si tiene una serata di prova della Bollywood Dance.

Quando la mia amica Carla mi ha chiamato annunciandomi di farmi trovare pronta per le otto perché mi avrebbe portato in un luogo straordinario, ero ben consapevole di quanto fosse erronea tale affermazione: alle otto di sera esisteva un solo luogo straordinario, ed era il divano di casa mia. Ma chiunque abbia a che fare con un’amica come Carla, sa benissimo quanto qualsiasi protesta sia superflua, quindi, tanto vale rassegnarsi e sperare sia rapido e indolore, di qualsiasi cosa si tratti. 

Durante il tragitto, la valanga di informazioni che mi si è riversata addosso non mi ha impedito di isolare alcune parole-chiave: scuola di danze bollywoodiane. Ora, io sfido chiunque a rimanere calmo e impassibile, dopo essersi reso conto di quale destino avverso lo stesse aspettando. Ma non era forse lei che fino a poco tempo prima andava predicando di dottrine new age, ricarica interiore e centro di gravità permanente? Mi fulmina con un’occhiata puntualizzando che, come al solito, sono rimasta indietro, che devo adeguarmi ai nuovi trend. Taccio, anche se vorrei tanto risponderle che stare al passo con i suoi nuovi trend è impresa alquanto impossibile, considerando che cambiano ogni tre per due.

Ed eccoci arrivate alla Scuola di Danza dove, in via del tutto eccezionale, questa sera si terrà una serata di prova della Bollywood Dance. Mi guardo intorno, la sala d’aspetto pullula di gente: per ogni “Carla” entusiasta c’è un’amica come me, strappata a forza da un divano e da un caldo plaid. Ci riconosciamo, siamo quelle silenziose che pensano commosse alla loro tisana alla passiflora e alla trentatreesima replica di Titanic che si stanno perdendo.

La lezione di prova sta per cominciare. Due ragazze bellissime ma, soprattutto, giovani e magre, fasciate in due sari Technicolor che solo loro possono permettersi di indossare, ci sorridono da una pedana. Una delle amiche entusiaste chiede se la partecipazione al corso preveda l’utilizzo di tali costumi. Io e le altre accompagnatrici ci guardiamo smarrite, per venire immediatamente rassicurate che, solo al termine dell’intero corso, quando si metterà in scena una specie di saggio, si potrà pensare ai costumi.

Le simpatiche ragazze ci elargiscono alcune nozioni teoriche. Ci spiegano cosa si intende per Bollywood: quello stile cinematografico indiano, che prevede produzioni mastodontiche di film sotto forma di commedia e, da qui, l’origine di un genere musicale e di danza che, pare, stia spopolando nelle scuole di danza italiane. Se poi volessimo  continuare e frequentare il corso, potremmo accorgerci di quanto tale danza sia benefica per il corpo e per lo spirito. Parrebbe, infatti, che equivalga a un allenamento completo che conferisce flessibilità, velocità di esecuzione e tecnica muscolare, il tutto a un ritmo incalzante di musica che favorisce la socialità e il buonumore e, udite udite, garantendo persino una sicura perdita di peso.

I passi base che ci vengono mostrati non sembrano difficoltosi: riesco persino a seguirli e a dare loro un senso.

La lezione continua e ci appassioniamo sempre più. Sarà per la grazia delle insegnanti o per il ritmo coinvolgente ma, alla fine, ci guardiamo incredule, non saremo leggiadre e aggraziate ma ci siamo impegnate e, soprattutto, ci siamo divertite.

Le due ragazze ci ringraziano e ci invitano a iscriverci al corso. Guardo la mia amica Carla e le altre entusiaste come lei. Mi accorgo che il loro entusiasmo è già scemato, oppure si sta orientando verso un nuovo trend. Sono così, loro, falene sempre alla ricerca di nuove luci.

Mi viene offerto un biglietto con il numero di telefono, è meglio prenotare nel caso si pensi di partecipare. Carla, impaziente, mi aspetta in auto con il motore già acceso, io ringrazio e saluto.

Magari la prossima settimana non ci sarà niente di interessante in televisione, magari il pensiero di fare un po' di movimento divertendosi mi farà schiodare, almeno per una sera, da quel divano.

Sai che c’è? Io, quasi quasi, mi iscrivo.




Il Minuetto
Graziella Braghiroli
 
Partiamo da Venezia e, 
passando per la corte del Re Sole, 
scopriamo il periodo d’oro di un ballo chiamato Minuetto

Febbraio, tempo di Carnevale, di maschere, di balli. A Venezia, ci si prepara all'invasione di orde di turisti che non vedono l'ora di partecipare a uno dei Carnevali più famosi del mondo.
Anche nel Settecento, periodo di maggior splendore della Serenissima, il Carnevale impazzava per calli e piazze già dal giorno di Santo Stefano. Per tutti, il divertimento era assicurato con canti e balli sfrenati fino a notte fonda.
Ma cosa succedeva nei palazzi che, tuttora, si specchiano nel Canal Grande? Se si stava attenti, si poteva sentire una musica soave dove il clavicembalo la faceva da padrone e si capiva che, in quel momento, si stava ballando il Minuetto.

Il ballo
Il minuetto è nato come ballo popolare nella regione francese del Poitou. Il suo nome deriva dalle parole pas menu (piccoli passi) e definisce passi corti e aggraziati, ben diversi da quelli in voga fino a quel momento in balli molto meno raffinati.
Fu il Re Sole, Luigi XIV, a portare il minuetto alla reggia di Versailles, decretandone il successo in tutte le corti europee. Jean-Baptiste Lully, musicista di corte e ottimo ballerino, è considerato il primo compositore di minuetti, tra opere e balletti ne ha scritti ben novantadue!
La danza seguiva una sorta di rituale. All’inizio, una sola coppia si esibiva mentre gli altri osservavano. I ballerini s'inchinavano alla Presenza, identificata con il Re, poi eseguivano riverenze uno nei confronti dell’altro e la danza poteva iniziare secondo uno schema preordinato. Alla corte di Luigi XIV, per esempio, i passi disegnavano sul pavimento un’immaginaria lettera “S”, proprio in omaggio al Re Sole.
Nel Settecento, dame e cicisbei lo usavano per flirtare senza attirare troppo l’attenzione. Una riverenza, un’occhiata languida, uno sfiorarsi quasi per caso e si gettavano le basi per un futuro incontro, al riparo da occhi indiscreti.

Diffusione
Il successo del minuetto fu tale che, ancora oggi, lo si identifica con la musica barocca per eccellenza.
Musicisti di fama come Haydn, Boccherini  e Johann Sebastian Bach lo inserirono nelle loro sinfonie. E come dimenticare il minuetto del Don Giovanni di Mozart? È ballato dagli aristocratici Don Ottavio e Donna Anna mentre i loro servitori si scatenano in una danza plebea evidenziando la cultura e le posizioni sociali differenti.

Evoluzione
Con l’avvento del Romanticismo, l’importanza del minuetto calò fino a scomparire del tutto. Fu sostituito da ritmi sempre più veloci che sfociarono nel valzer, ritenuto in un primo tempo scandaloso, ma che non ha mai conosciuto rovesci di fortuna, visto che si balla ancora oggi.
Ma del valzer vi racconterò un’altra volta.

Frederik Hendrik Kaemmerer (1839-1902), Il Minuetto



Intervista a Elisabetta Bigoni, 

prima ballerina del Teatro alla Scala di Milano

Linda Silvia Scarpenti

La grande ballerina della Scala ci parla di sé stessa 
in occasione della nuova messa in scena del 
Romeo e Giulietta al teatro Verdi

(ndr: intervista di fantasia, i nomi sono inventati)

Dal 20 al 22 febbraio andrà in scena, al Teatro Verdi della nostra città, una rivisitazione in chiave moderna del balletto Romeo e Giulietta tratto dalla tragedia di William Shakespeare con la musica di Sergej Prokofiev.
Protagonisti i primi ballerini Elisabetta Bigoni e Roberto Rota della compagnia il Balletto di Milano.
Il regista, Giorgio Achilli, uno dei migliori coreografi italiani degli ultimi trent’anni, è l’artefice di tale rielaborazione, con dialoghi fedeli all’originale, ma ambientazione contemporanea.
A pochi giorni dal debutto, abbiamo ottenuto in esclusiva di intervistare Elisabetta Bigoni, la protagonista femminile Giulietta.
- Innanzitutto, grazie per avere accettato di dedicarci un po’ del suo tempo preziosissimo.
- Grazie a voi.
- Nasce a Genova nel 1992, inizia a studiare danza molto piccola e capisce subito che quella sarebbe diventata la sua strada. Intraprende gli studi accademici presso la Scuola di ballo del Teatro alla Scala di Milano, dove si diploma nel giugno 2011.
- Esatto.
- Sarà, quindi, la Giulietta del balletto che attendiamo tutti di vedere.
- Sì, la protagonista di questa versione moderna che vuole trasmettere un messaggio di speranza, per quanto l’epilogo della storia – la morte - sia lo stesso di quello originale.
La storia di due famiglie, i Montecchi e i Capuleti, in eterna lotta tra di loro, distanziate dalla fede religiosa, che vivono in un mondo dove la pace è pura utopia, e che quando trovano accidentalmente un punto d’incontro attraverso l’amore dei due ragazzi, non sanno coglierne l’essenza che è di basilare importanza per proseguire in un cammino meno tortuoso e irto di ostacoli. Devo dire che sono veramente emozionata. Ma, del resto, l’emozione è una costante comune a molti tipi di carattere, quella che non ti lascia mai e ti sta sempre vicino come un’amica fedele.
- Qual è questo messaggio di speranza?
- Giorgio (Achilli, il coreografo, ndr) ambienta il suo Romeo e Giulietta in un qualsiasi imprecisato luogo del nostro mondo, polveroso, triste e buio, dove la fine di una guerra sembra dover dare seguito a una rivoluzione, e dove la pace sembra essere ancora lontana. Pochi i costumi; cupa e scura l’illuminazione. La scenografia, creata da pochi elementi, è però essenziale. Vede quel muro grigiastro sullo sfondo? Anzi, quello che resta di quel muro? Ebbene, proprio da quel muro, che porta con sé il ricordo di un conflitto mondiale che ha soffocato e annichilito i sentimenti di intere generazioni, si leva un grido contro le brutture della guerra e contro le discriminazioni di questo mondo: un messaggio di speranza che arriva al cuore, ricco di determinazione a superare antichi dissapori, incomprensioni e odi.
- Cosa rende attuale il testo di un’opera così imponente come quello di Romeo e Giulietta?
- Le tematiche sociali di allora che continuiamo a ritrovare anche ai giorni d’oggi, all’interno della nostra società: la prevaricazione sociale, la continua lotta contro il tempo, le lotti di classe, la vendetta, il forte che vince sul debole, la paura del diverso… E così via. Con la differenza, però, che il messaggio di sconfitta presente nel testo originale – sarà sempre il più forte a vincere (la morte) – nella rivisitazione moderna di Achilli diventa un messaggio positivo: di speranza, appunto.
- Ci parli ancora un po’ di lei, adesso. Quale desiderio o sogno ancora non è riuscita a realizzare?
- Da bambina sognavo di diventare ballerina, e da grande sono riuscita a coronare questo sogno. Adesso, voglio solo ballare, e nulla può distrarmi. Per me il desiderio più grande è trasmettere la mia energia. E ci lavoro giorno dopo giorno.
- Che cosa suggerisce a tutti quei giovani ballerini che, al giorno d’oggi, trovano maggiore visibilità mediatica?
- Credo fermamente che la danza sia un sogno e che, per mantenerlo come tale, non serve solo lavorare con disciplina e determinazione, ma occorre anche umiltà. Vorrei aggiungere, poi, che il traguardo più importante per me è riuscire sempre a mostrare e trasmettere i sentimenti dei miei personaggi, e non solo di raccontarne la storia legata a un luogo e a un tempo specifici. Posso suggerire loro di rendere quella storia talmente viva e reale da farla diventare quasi la loro storia, nonché la storia di ognuno. E di ricordarsi che nella danza – come in tutte le manifestazioni d’arte - conta solo la poesia che si riesce a far arrivare e, soprattutto, quanto essa suscita in chi l’ascolta.
- Un’ultima domanda: qual è il dono più grande ricevuto dalla danza?
- La voglia di andare sempre avanti, di ballare sempre meglio e sempre più, in tutti i teatri delle città più importanti. Danzare è linfa vitale; vorrei portare me stessa al massimo delle mie capacità.


The end

Il mio commento da Coach alla rivista simulata:
Vittoriana Motta, caporedattore per una manciata di giorni ;-) ha strutturato una rivista immaginaria molto interessante e particolare, cercando di suscitare la curiosità dei lettori con gli articoli affidati ai propri redattori.
Tania Mignani ha dato una nota di colore alla rivista, raccontando di una ipotetica prova sul campo di una disciplina inerente alla danza. Lo ha fatto con la sua consueta ironia, facendo però anche delle riflessioni di costume che elevano il suo pezzo.  
Graziella Braghiroli ha dato un apporto molto interessante e di cultura, affrontando l'argomento del ballo sotto un profilo storico, ma offrendo ciò che scriveva con leggerezza di penna, e questo è un valore aggiunto per non annoiare il lettore. 
Infine, Linda Silvia Scarpenti, con la sua intervista immaginaria, ci ha fatto entrare nel mondo della danza classica con grazia, facendo emergere tutto ciò che c'è dietro la vita di una ballerina, la vita di sacrifici prima di salire su un palco.
Tre penne che Vittoriana Motta ha saputo armonizzare tra loro, proponendo al lettore un numero di una rivista interessante, che informa, senza però mai appesantire la lettura. Quindi, i miei complimenti a lei e a tutta la sua squadra per il lavoro svolto. 

A voi lettori di questo blog il giudizio, un pensiero, una critica nel bene e nel male serve a crescere.
Nei prossimi giorni posterò nel Blog (uno alla volta) gli altri esperimenti.


Alla prossima
dalla vostra
Stefania Convalle