PUNTATONE SUI RACCONTI DEL TRENO
Sedetevi comodi, prendete una bella tisana da sorseggiare e preparatevi a leggere 11 + 1 racconti del treno, uno più bello dell'altro.
Eh sì, lo so, sono di parte, perché sono i racconti scritti dai miei "allievi" che si sono sfidati in una simpatica gara tra loro, un pretesto per mettersi in gioco con le parole.
Il risultato è stato il vedere nascere 11 piccole storie (più una, poi vi spiego;-)...) una più bella dell'altra.
Sono bravissimi, non c'è che dire!
Siete pronti?
Bene. Rigorosamente in ordine alfabetico, partiamo con Sergio Bertinelli.
Sergio ha iniziato da poco a frequentare il laboratorio, ma ci conosciamo dai tempi in cui facevo yoga, tanti anni fa.
Musicista, ho scoperto la sua vena creativa relativa alla scrittura ed è stata una bella sorpresa: ha un'ironia innata e uno stile tutto suo.
FRA 30 ANNI, SU UN TRENO, AD UN ATTORE
di
Sergio Bertinelli
di
Sergio Bertinelli
Vedeva poco e sentiva ancora meno;
rifiutava, in ogni caso, di indossare occhiali o apparecchi acustici,
balbettava al momento di viaggiare.
Era sul treno che lo portava a
Syracuse, accompagnato fin dentro la carrozza dal suo miglior amico, Jack, 140
kg di simpatia e di fame infinita.
“Jack, pa-pa-pa-passami la borsa,
stai do-do-do-do-oo-rmendo?”
L’amico però era in fondo al vagone, lo spuntino
del pomeriggio era la sua meta.
”Fiiiiii.”
Il fischio del
capostazione dava l’okay al macchinista per la partenza del convoglio.
“Ma cosa fi-fi-fi-fiiischi? Pa-pa-passami
la borsa!!”
Equivocò Tom alterandosi. “Non posso fare tutto da solo, non ciiiii
ve-ve-vedo in questo scompartimento buio [la luce era quella del sole di luglio],
aiutami, al posto di fischiare, in-in-in-somma!!”.
Jack, non rispondeva, ancora alle
prese con una scelta vitale.
“E' libero qua, nonno?”
Era la voce di una ragazza,
agghindata di percing, come l’albero di natale di palline colorate.
“Sta di-di-dicendo a me, signore?”
“Veramente sarei una ragazza! E' libero,
ho chiesto!?!”
“No, è–è-è-è occu-cu–cu-cu-pato,
non vede il mio amico Jack?!”
“Certo, certo, lo vedo, pensavo
proprio di mettermi in braccio a lui! Hey Jack , non ti spiace se ti calpesto,
vero? Come ti chiami, nonno?”
“Ti ho detto che questo posto è
occupato, mi chiamo Tom- Tom-Tom- Ma-ma-pother”
“Non ho mai conosciuto nessuno che
si chiamasse Tom Tom! Me l’hanno appena regalato!”
“No-no-non mi chiamo Tom Tom, mi
chiamo To-to--Tom-Tom Mapother”
“Tu non stai bene... Da quando
balbetti così tanto?”
“Io non ba-ba-balbetto, signorina!”
“Sì, non balbetti, qui c’è Jack!
Smettila di dire cazzate!Nonno.”
“Esci subito dal nostro
scompartimento, zoticona!”
Paf!
Uno schiaffo si stampò sul viso di
Tom, e, mentre perdeva l’equilibrio, si aggrappò alla maglietta della ragazza,
strappandola, così da mostrargli, si fa per dire, il reggiseno (black) e a
svelare (se li avesse visti) una selva di tatuaggi.
Infuriata (“cazzo!”), prese la
testa di Tom tra le mani per strappargliela (“ha-ha-ha-aia”) tenendolo in
ginocchio davanti ai suoi fianchi, proprio mentre entrava il capotreno nello
scompartimento:
“Signori! cosa fate?!, è una carrozza
questa, non un pied–a-terre! Rivestitevi o sarò costretto a farvi scendere!!”
“Que-que-que sta donna mi ha
aggredito!”
“Tu mi hai strappato la camicetta,
imbecille!!”
“Basta! Inutile fingere, ho visto
tutto! Fuori!!”
In men che non si dica il corridoio
fu pieno di curiosi accorsi per le grida, volti a sapere cosa fosse successo, o
a sbirciare le grazie di quella ragazza, o capire come potesse accadere che un
vecchio, cieco, sordo e balbuziente, riuscisse a sedurre una ragazza così
carina; probabilmente, oltre a essere sordo, cieco e balbuziente, era
sicuramente ricco, questo signor Tom Mapother, più noto come Tom Cruise, di
professione attore.
...
Dall'ironia di Sergio, passiamo a un tema forte, affrontato da Rosanna Calandra. Rosanna ha iniziato a frequentare il laboratorio, come Sergio, da pochi mesi. E' una donna molto accogliente che trasmette al primo sguardo il calore del Sud.
Calore che ho ritrovato nei primi racconti che ha scritto. Penna talentuosa, ha scritto un racconto per la gara del treno che mi ha davvero emozionato.
Un racconto che fa riflettere.
BINARI DI VITA
di
Rosanna Calandra
Dall'ironia di Sergio, passiamo a un tema forte, affrontato da Rosanna Calandra. Rosanna ha iniziato a frequentare il laboratorio, come Sergio, da pochi mesi. E' una donna molto accogliente che trasmette al primo sguardo il calore del Sud.
Calore che ho ritrovato nei primi racconti che ha scritto. Penna talentuosa, ha scritto un racconto per la gara del treno che mi ha davvero emozionato.
Un racconto che fa riflettere.
BINARI DI VITA
di
Rosanna Calandra
Nawal, calmati! Respira
profondamente, chiudi gli occhi, va tutto bene! Me lo ripeto in continuazione, chiusa
nel bagno di questo vecchio treno che puzza di piscio e intanto, sullo schermo
nero degli occhi appena chiusi, si rincorrono le immagini degli ultimi otto
mesi.
L’ULTIMO
TRENO
Non so ancora come ci sono finita
su questo serpente di ferro e come ho fatto a evitare il capotreno, appena
uscito dallo scompartimento in fondo al corridoio. Qualcuno da lassù deve avermi
fatto un regalo, già un regalo, come il significato del nome che porto.
Nessuno, in questa terra straniera,
può comprendere la bellezza del mio nome, ma tutti possono giudicarmi, solo scorgendo
il colore della mia pelle, scura. Chi può sapere cosa ha dovuto subire questo
corpo, solo per il fatto di essere donna, attaccabile, conquistabile,
penetrabile, senza alcun consenso, senza nessun rispetto.
Un biglietto troppo caro per la
libertà o forse un biglietto scontato per la vita, la mia e quella di quel
cuore che batte forte appena sotto il mio seno. E’ un attimo. Mi sento inondare
sotto la grande gonna. Incontrollato il mio urlo supera le mie orecchie, ancora
un attimo e quel capotreno, da me abilmente dribblato, spalanca la porta.
Mi accascio sulla mia piccola
borsa, custode di tutti i miei averi, mentre lui ha già capito tutto, con un
solo sguardo a quel liquido torbido sul pavimento. Mi aiuta a sdraiarmi, senza
motivo urla anche lui, così subito accorre il poliziotto che solo dieci minuti
prima mi avrebbe interrogata, impassibile nel suo ruolo di controllore della
legalità.
Ti sento spingere tra le cosce. Mi tocco
e le mie dita si sporcano di sangue, lo stesso che mi aveva macchiato i vestiti
su quella barca colma di esseri umani, troppo calda, più del deserto che ho
attraversato per raggiungere le coste della Libia.
I due uomini continuano a parlare
velocemente e io non capisco quello che dicono. Il poliziotto mi tiene la mano.
Le mani del capotreno invece trafficano tra le mie gambe. Alzando la testa le
vedo. Sono sporche e cercano anche loro di togliermi qualcosa.
Ecco, scivoli fuori, con la
semplicità della natura. Sento le mie lacrime calde e vedo quelle degli uomini
che ti hanno aiutato a nascere.
Adesso ci sei anche tu, viaggiatore
non pagante, sui binari della vita.
...
Voltiamo pagina, senza però abbandonare i temi che riflettono i mali di un'epoca.
Michele Fierro, allievo speciale che conosco da tempo, già bravo di suo, è approdato al laboratorio per fare una nuova esperienza nel campo della scrittura. Non poteva certo immaginare cosa l'aspettasse! ;-) Una "maestra" un po' fuori dai soliti schemi ;-)
Comunque, a parte questo, Michele aveva il compito di scrivere una storia sentimentale. E lo ha fatto, ambientandola ai tempi della seconda guerra mondiale con i suoi drammi e le sue tragedie. Una storia che parla d'amore, ma che allo stesso tempo, ci ricorda una pagina di storia che non dobbiamo dimenticare mai.
di
Michele Fierro
Le pianure della Masovia erano
povere di vento in quella stagione e la stazione di Nowy Dwor non faceva eccezione in quella
fredda serata del 1941.
Il diretto per Danzica, partito a
Varsavia, restava perciò semi avvolto dalla nebbia, fermo sui binari in attesa
di poter riprendere il lungo viaggio che in quindici ore sarebbe giunto a
destinazione.
Jaroslaw Kowalczyk, il Capo
Stazione, stava in piedi davanti al convoglio quando vide avvicinarsi,
attraverso il portone di ingresso, la donna più bella che avesse mai calcato il
selciato della banchina.
Guardandola, cappotto pesante e
borsa di panno, vedeva la stessa splendida ragazza ebrea che, vent’anni prima,
aveva incrociato fuori dalla sinagoga mentre lui, cattolico, rincasava da
messa.
Anche la sua Agnieszka lo stava
guardando allo stesso modo.
Distolse lo sguardo, e così fece anche
la donna, proprio come si erano raccomandati qualche ora prima consumando,
forse, il loro ultimo pasto insieme.
Le si fece incontro, cercando di apparire
disinvolto, e si fece dare biglietto e documenti che finse di controllare.
Poi si voltò verso il Capo Treno
che, nel frattempo, si era affacciato dalla porta di uno dei vagoni. L’uomo disse
qualcosa a Jaroslaw che rispose con un cenno del capo e aiutò, infine, la donna
a salire.
Agnieszka raggiunse lo
scompartimento e, dal finestrino,
concesse un ultimo saluto al suo Jaro, il suo caro marito che avrebbe
pregato per lei affinché riuscisse a salire sul traghetto per Stoccolma, la
mattina dopo.
Un ombra, silenzioso come solo quei
demoni della Gestapo riuscivano a essere, il tenente Ulfred Vogel raggiunse
Jaroslaw alle spalle.
Aveva visto tutto.
Il polacco lo capì dal suo sguardo.
“Bella donna, vero herr Kowalczyk?” Chiese il tedesco con un sorriso maligno.
“Sì, carina…” Rispose Jaroslaw,
indifferente.
“I documenti erano in ordine?”
“Certamente.”
“E’ sposato, herr Kowalczyk?”
“Abbia fede, grazie al Reich vedrà
che potrà avere in moglie, anche lei, una donna così bella.”
“Avrò fede. Ci può contare.” Rispose accennando il saluto.
“Heil Hitler, herr Kowalczyk.”
“Heil Hitler, herr Vogel.”
E il treno partì.
...
Racconti belli tosti e soprattutto, tutti belli, vero?
Adesso tocca a Barbara Gallo.
Barbara, che conosco da pochissimo, è una persona molto particolare che sto scoprendo laboratorio dopo laboratorio.
All'inizio la vedevo molto riservata e quasi protetta da una torre dentro la quale si era rifugiata, ma un po' alla volta credo sia nato un feeling che ci ha permesso di cominciare ad instaurare un dialogo fatto non solo di scrittura.
Da quel poco che ho visto, credo che la penna le sia familiare;-) Se dovessi scegliere un frutto per definirla, penserei a una melagrana: fuori una scorza un po' dura, ma dentro decine di chicchi color rubino, tutti con un loro codice da scoprire.
Barbara ci propone un pezzo introspettivo, tosto anche questo!
TRENO
di
Barbara Gallo
Siamo arrivati alla fine, ho impiegato 4 ore ad assemblare tutti i racconti del treno, corredati di foto etc etc, ma sono contenta perché credo sia stato un bel lavoro da parte di tutti gli autori!
Solo che, adesso... con tutto 'sto parlare di treni, mi è venuta voglia di partire: chi viene con me?
;-)
Racconti belli tosti e soprattutto, tutti belli, vero?
Adesso tocca a Barbara Gallo.
Barbara, che conosco da pochissimo, è una persona molto particolare che sto scoprendo laboratorio dopo laboratorio.
All'inizio la vedevo molto riservata e quasi protetta da una torre dentro la quale si era rifugiata, ma un po' alla volta credo sia nato un feeling che ci ha permesso di cominciare ad instaurare un dialogo fatto non solo di scrittura.
Da quel poco che ho visto, credo che la penna le sia familiare;-) Se dovessi scegliere un frutto per definirla, penserei a una melagrana: fuori una scorza un po' dura, ma dentro decine di chicchi color rubino, tutti con un loro codice da scoprire.
Barbara ci propone un pezzo introspettivo, tosto anche questo!
TRENO
di
Barbara Gallo
Jane socchiuse gli occhi di fronte
al paesaggio che scorreva davanti al finestrino del treno sperando che dopo i
mesi di lontananza, la tranquilla campagna del Devon l’avesse aspettata per
riabbracciarla e calmarla dando un senso al maremoto interiore.
Quante volte le era già successo?
Quante salite e ricadute aveva già vissuto? Ormai non pretendeva neanche più di
capire il perché, ma almeno avrebbe voluto trovare un modo per mettersi al
riparo; era come uno scatto interiore, un brusco risveglio, passare dal
sentirsi sana, protetta, al caldo, EQUILIBRATA, a iniziare ad avvertire, come
un’ombra che avanzava, i primi sintomi della calma che si stava per turbare. Da
lì, l’inizio della fine.
Perché non era veramente quella che
tutti credevano fosse? Bella, intelligente, dotata. No. No. Questo
all’apparenza. Jane era così, una moneta a due facce: una aperta, passionale,
pulita, timida, sembra ombre; l’altra nera, oscura, inesplorata, divorata dalle
tenebre che la assalivano da dentro. Entrambe erano oneste, dirette e attraevano come la luce attira le falene. Che finivano per bruciarsi.
Cosa avrebbe dovuto fare questa
volta? Continuare a fingere? Non ne era mai stata capace, entrambi i suoi lati
erano sinceri. Qual era davvero il problema? Lei era il problema, un groviglio
unico, un pozzo senza fondo, una notte buia senza luce. Sarebbe corsa via se
questo avesse voluto dire poter lasciare la propria pelle dove era. Doveva
assolutamente riprendere il controllo estremo di tutto, solo così forse se la
sarebbe cavata, e con lei l’uomo che l’amava e tutto quello che ne derivava.
Bussarono alla porta del suo
scompartimento, con lei solo una signora anziana piuttosto minuta. Il capotreno
fece capolino: “Buonasera, prossima stazione: Plymouth. E’ possibile scendere”.
Jane strinse a sé la borsetta rossa. Faceva freddo fuori, ma forse un po’
d’aria le avrebbe fatto bene ai pensieri.
Fece un respiro profondo, chiuse
nuovamente gli occhi e si lasciò andare nel dormiveglia all’immaginazione:
sognò il vento, freddo, che soffiando spazzava via tutto e anche lei, come le
foglie, veniva portata via, finalmente, sgretolandosi pezzettino dopo
pezzettino perdendo la propria forma e rimanendo solo anima.
Solo leggerezza.
...
Sorridiamo un po' con il racconto di Marilena Mascarello che doveva sperimentare il genere zoologico :-D
Insomma, su questo treno doveva mettere qualche animale;-)
Ne è nata una simpatica storiella, che ha messo in evidenza anche un nuovo lato narrativo di Marilena, secondo me potrebbe scrivere una bella raccolta di storie per bambini! :-)
Marilena, d'altronde, è una poetessa dall'animo gentile; nei suoi scritti c'è sempre tanto lirismo e un'atmosfera bucolica.
E adesso, con il laboratorio, sta scoprendo lati nuovi della sua scrittura (e anche di se stessa), tutti da indagare e sperimentare.
Godiamoci il suo racconto!
UN VIAGGIO A SORPRESA
di
Marilena Mascarello
Teresa prese la decisione con
coraggio. Sarebbe partita con il treno dalla sua cittadina verso il paesino che
tanto desiderava raggiungere. Una curiosa donnina d'altri tempi, Teresa. Stile
Mary Poppins, gonna al ginocchio, camicetta con fiocco e giacca demodè, un
vezzoso cappellino e l'immancabile borsa come comodo accessorio, esibita con un
tocco di eleganza.
Suoi compagni inseparabili erano
Minù la gattina e Pedro il pappagallino. Naturalmente li avrebbe portati con
sé.
Il giorno della partenza salì sul
treno locale e si sistemò accanto al finestrino con la portantina di Minù sul
sedile a fianco, sulle ginocchia la piccola gabbietta con Pedro e la borsa che
custodiva il suo piccolo segreto.
Di fronte a lei un bambino e la sua
mamma. Il bambino, incuriosito, si avvicinava un po' a Minù e un po' a Pedro
stuzzicandoli, mentre la mamma tentava invano di trattenerlo. Minù era
dolcissima, candida, pelo folto e occhi azzurri; Pedro, con le penne verdi
striate di rosso, non taceva mai.
Fu un attimo, la porta della gabbia
si aprì e il pappagallino cominciò a svolazzare sulle teste dei viaggiatori.
L'unico a divertirsi pareva essere il bambino, che peraltro era l'autore della
fuga di Pedro! Minù rizzò le orecchie e cominciò ad agitarsi. Teresa, preoccupata, non abbandonò mai il suo posto e tenne sempre la borsa stretta a
sé. Tutti erano infastiditi e reclamavano a voce alta.
Arrivò il capotreno, accertò che la
signora Teresa fosse in regola per il trasporto degli animali e comandò
l'arresto del convoglio. Appena il capotreno riuscì a riportare l'ordine, si
vide Pedro posato sul cappello di un anziano signore il quale, per nulla
turbato, comunicava incessantemente col pappagallo. Tutti sorrisero a quella
scena. L'anziano portò la mano sul capo e Pedro si lasciò prendere, si
guardarono entrambi con occhi vivaci prima di lasciarsi, lo porse a Teresa che
lo sistemò nella gabbietta. Il treno
riprese la sua corsa e il capotreno si
allontanò.
Ancora poche ore di viaggio. Nello
scompartimento regnava la calma, il bambino si era addormentato sulle ginocchia della mamma che
con occhi sognanti rincorreva il paesaggio oltre il finestrino.
Teresa guardò i piccoli compagni
che sonnecchiavano. Rincuorata dopo tanto trambusto, tenne la borsa stretta al petto e assaporò l'incontro che l'aspettava.
...
E ora tocca al racconto Giallo di Teresa Pancallo.
Teresa, mia compagna quando praticavo Tai Chi, è un concentrato di determinazione mischiata a una bella dose di timidezza.
Il suo sguardo vivace e peperino, è una presenza sine qua non!
La penna di Teresa, a voi!
E ora tocca al racconto Giallo di Teresa Pancallo.
Teresa, mia compagna quando praticavo Tai Chi, è un concentrato di determinazione mischiata a una bella dose di timidezza.
Il suo sguardo vivace e peperino, è una presenza sine qua non!
La penna di Teresa, a voi!
IL TRENO DELLA NOTTE
di
Teresa Pancallo
Il treno lasciò la stazione in perfetto orario. I due passeggeri dello
scompartimento sistemarono i propri bagagli e, dopo alcuni brevi convenevoli,
si prepararono a dormire nelle cuccette loro assegnate. Cullati dal ritmo
regolare del convoglio non tardarono ad addormentarsi.
Le prime luci dell’alba svegliarono per prima la donna.
Poi si svegliò anche l’uomo, e
nell’atto di mettere i piedi a terra, inciampò rovinosamente su una borsa da
donna. Imprecò, poi si scusò con la compagna di viaggio che, sicuramente,
l’aveva fatta cadere involontariamente. Ma lei disse: "Quella borsa non è mia!"
I due si guardarono perplessi: erano sicuri che, la sera prima, sul
pavimento non ci fosse nulla. E allora, da dove era spuntata? Chi e quando l’aveva
messa lì?
Chiamarono il capotreno.
"Siete proprio sicuri che non
appartenga a nessuno di voi? Avete visto o sentito qualcosa durante la notte?"
Dati i tempi, la preoccupazione cominciò a salire: e se ci fosse stata dentro
una bomba? Doveva essere sicuramente opera di qualcuno dell’Isis che voleva
procurare una strage!
Il capotreno si avvicinò, scrutò senza toccare. Cercò di mantenere la
calma e invitò la piccola folla che si stava radunando a fare altrettanto.
"Guardi lì, c’è un biglietto!" La donna, che osservava da un’altra
angolazione, notò il post-it giallo che spuntava tra i manici della borsa.
Il capotreno sfilò delicatamente il
pezzetto di carta, cominciò a leggere, e rimase a bocca aperta. Non credeva ai
suoi occhi, non riusciva a proferir parola, porse l’oggetto alla donna. Lei, prese
il foglietto, lo guardò, esplose in una fragorosa risata e poi lesse per gli
attoniti spettatori:
“Scusate il disturbo. Mia figlia l’ha
dimenticata ieri a casa mia. La troverete in capo al binario, all’arrivo.
Indosserà un cappotto rosso.”
Ma gli altri non la pensavano allo stesso modo: qualcuno parlò di
depistaggio, propose di abbandonare quel vagone in fretta e di chiamare gli artificieri;
qualcun altro propose di attivare la fermata d’emergenza e di evacuare l’intero
treno.
Quando si resero conto che il treno aveva raggiunto la sua meta, si
dileguarono alla velocità della luce.
...
Torniamo a sognare col racconto del treno di Daniela Perego. Una penna che volge al sentimento; nell'arco dei mesi si è trasformata, laboratorio dopo laboratorio, puntando dritta verso una narrativa raffinata, elegante, che parli d'amore senza perdersi in mielosità.
Nel 2017 ci sfornerà un bel romanzo d'amore e non solo?
Io credo proprio di sì!
IL TRENO
di
Daniela Perego
Una grande luna bianca accende il
paesaggio riflettendosi sulla distesa di neve, dove un treno, a fatica, la
divide al suo passaggio sollevandola in piccole nuvole brillanti.
Seduta sul divanetto trapuntato in
velluto rosso, nella carrozza di prima classe, compio questo viaggio che mi porterà
verso la mia nuova vita, da un marito che purtroppo non ho scelto, ma dal
quale sono stata scelta, possiamo dire “comprata” con una generosa offerta
al collegio in cui sono cresciuta.
Volevo un amore vero, l’ho
sognato da sempre e il Destino ha voluto regalarmene un po': durante una delle mie
frequenti visite alla biblioteca ho incrociato lo sguardo di un ragazzo, anche
lui con una pila di libri sottobraccio; me ne sono innamorata, ma ora il sogno
è stato infranto...
Porterò con me il ricordo dei suoi occhi scuri, il sorriso
timido, la gentilezza dei modi nell’aprirmi la porta e cedermi il passo.
Sussulto al passaggio di due
signori di mezza età che, ridendo, raccontano della giornata appena trascorsa; sono elegantemente
vestiti con cappotti bordati di pelliccia e bastoni con impugnature in osso.
Lacrime mi offuscano lo sguardo
pensando a quanto mi attende alla fine del viaggio: uno di questi uomini
potrebbe essere il mio destino!
Sento la voce del capotreno che
alle mie spalle chiede i biglietti, apro la piccola borsetta in stoffa grigia
con le mie iniziali ricamate dalla madre superiora, come regalo di nozze.
Alzo lo sguardo mentre porgo il
biglietto e i miei occhi incrociano i suoi: neri come la pece, profondi come
l’abisso in cui sto cadendo. Ci fissiamo a lungo senza parlare, siamo ipnotizzati
e il tempo resta sospeso mentre il treno fischia, prima di arrivare a
destinazione.
No. Io non scendo, qui.
...
E dopo il romanticismo di Daniela Perego, torniamo al viaggio in treno introspettivo, quello di Carla Pozzi, allieva da pochi mesi, con la capacità di descrivere stati d'animo di cui ancora non è consapevole, ma coach Stefi è lì per questo!! :-)
Riflessioni e malinconia, un mix che ha prodotto questo bel pezzo.
IL RACCONTO DEL TRENO
di
Carla Pozzi
Entro nella stazione. Fuori è ancora buio. Sono le sei di una
mattina di fine ottobre. Accelero il passo, dagli altoparlanti una voce
femminile sta annunciando che “il Frecciarossa per Siena delle 6.15 è in arrivo
sul binario 7”. Sulla banchina, il capotreno sta fornendo un’indicazione a dei turisti, i nostri sguardi si incrociano e
mi sorride. Mi conosce. La carrozza è quasi vuota, mi siedo vicino al finestrino
e appoggio la mia borsetta sul sedile accanto. Un fischio assordante, subito
dopo il convoglio sobbalza e si mette in movimento.
Inizia il mio viaggio. Nessuno si è
seduto accanto a me. Nel sedile di fronte un tizio attira la mia attenzione, si è tolto la
giacca e l’ha stesa sul sedile di fianco; ha un MacBook sottile aperto davanti
a lui e sembra assorto nei suoi pensieri. Appoggio la testa al finestrino,
sento il calore dei primi raggi di sole e mi lascio cullare dal dondolio del
treno. Superiamo una stazione, il treno riprende velocità e la periferia si
confonde con il grigiore della città. Villette lasciano il posto a ponti
coperti di graffiti, case disabitate con le finestre sfondate. Sono quasi le
otto e il paesaggio è decisamente cambiato. Mi perdo con lo sguardo verso la
distesa d’erba che stiamo costeggiando; file di alberi ormai spogli, vecchie
cascine.
Siamo fermi al rosso e una piccola casetta dipinta di rosa attira la
mia attenzione, è circondata da un giardino curato con al centro un’altalena.
Immagino la mia vita in quella casa; sono al tavolo della cucina per la
colazione, Marco è di fronte a me con in mano la tazzina di caffè e sta
leggendo il giornale. Alle sue spalle, entrano due bambini assonnati che ci
danno il buongiorno.
Un raggio di sole mi abbaglia,
strizzo gli occhi e tutto sparisce. Il treno riparte. Il cellulare squilla
nella mia borsa, mi fa sobbalzare, lo prendo, guardo il display e lo spengo.
Era Marco. Provo a immaginare la scena di lui nella cucina, ma il quadretto è
rovinato dalle tracce della sua nuova vita.
E' sera quando torno a casa, è vuota, non c’è
Marco, non ci sono i bambini che mi corrono incontro.
Il nulla.
...
Un po' di ironia, ora ci vuole :-)
Ce la regala l'abile penna di Daniela Quadri: ma chi la ferma più??? Ormai scrive di qualsiasi cosa con una maestria non indifferente!
Quasi 350 parole per raccontarci di "strani incontri" in treno.
Finale perfetto, con battuta ad hoc!
Pronti? Via!
COL SORRISO
di
Daniela Quadri
Arrivo in stazione: il treno delle
7:25 è fermo al binario. Due respiri profondi e, a forza di gomiti e ginocchia,
mi fiondo nell’ultimo vagone. Risalgo la corrente e – sia lodato l’Altissimo! –
in uno scompartimento adocchio un posto libero.
Mi siedo, allungo le gambe e mi
rilasso. Chiudo anche gli occhi in un patetico tentativo di sonnecchiare tra
suonerie che mi esplodono nelle orecchie, zaini che mi si infilano nelle
costole e il gocciolare degli ombrelli che mi inzuppano le scarpe.
Li riapro e la vedo. Giovane, non
avrà trent’anni, con un faccino pulito e, ahimè, una notevole pancia. Se non
fossi un gentiluomo ripiomberei nel mio finto dormiveglia, ma – per mia
sfortuna lo sono - mi alzo e le cedo il posto.
Lei si siede, s’infila le cuffiette e inizia a ruminare comesenoncifosseundomani.
Ma come? Né un grazie, né un sorriso! E pensare che pago fior di soldi
l’analista per sentirmi dire che la gentilezza non esige ricompensa.
La fisso ingrugnito mentre si
sbottona il cappotto e – miracolo! – la pancia si muove. Un musino peloso, due
etti di carne e un Dolby Sorround al posto delle tonsille, spunta da una
borsetta. Anche lui mi guarda e – ho come l’impressione - mi fa una boccaccia,
prima di scomparire di nuovo nella borsetta.
Biglietti, prego! Reclama il
controllore dietro di me. Stizzito – ci mancava pure questo! – frugo nelle
tasche. Qui niente, là neanche. Vuoi vedere che è rimasto nell’altra giacca?
Già mi immagino; paonazzo, balbetto qualche scusa improbabile per evitare la
multa.
Signore, biglietto, prego! Che
faccio? Mi sento sprofondare, ma all’improvviso l’ingrata sfodera un sorriso angelico e porge due biglietti al controllore. Poi ci fissa,
si sfiora la pancia e cinguetta: con lui siamo in tre.
Grazie! Farfuglio, quando il
controllore passa oltre. Biglietto scaduto per le emergenze; mi devi un caffè, chiarisce
e subito riprende a masticare. Il topino peloso ricompare da sotto il cappotto,
e questa volta – ne sono sicuro! – mi sta sorridendo.
La gratitudine sarà un’opinione, ma
un sorriso fa meraviglie. Proverò a pagarci il mio analista.
...
Il tornado Carmen, ora tocca a lei!
Da quanto la conosco, vent'anni? Forse.
E da quanto ho saputo che le sarebbe piaciuto imparare a scrivere? Pochi mesi.
Carmen è davvero speciale nella sua volontà di imparare e trasgressione, allo stesso tempo, ma sforna pezzi di impatto. Pezzi che affrontano i temi dei disagi sociali.
Molto strong.
VIAGGIO IN TRENO
di
Carmen Ronco
Arrivai alla stazione di Siracusa, giovane ragazza, senza neanche un soldo, con il mio zaino in spalla e decisa a prendere quel treno diretto a Milano Centrale. Avevo preso tante volte un treno senza biglietto, ma quello era un viaggio lungo; mi consolò il fatto che se non fossi riuscita ad arrivare a Milano in un unico viaggio incontrando il capotreno che mi chiedeva il biglietto, sarei scesa e avrei preso quello successivo.
Il treno era fermo sul binario; in attesa che le persone salissero, mi guardai intorno e saltai su.
Mi lasciavo alle spalle un'esperienza dura, di quelle che ti segnano per sempre, ma avevo preso una decisione difficile e non avrei potuto tornare indietro: lasciavo mia figlia con delle persone che l'avrebbero accudita e protetta, ma senza la sua mamma.
Volevo tornare a casa, quella casa tanto amata quanto odiata, ma pur sempre casa mia.
Incominciai a cercare un posto libero. Attraversai tante carrozze, ne trovai una aperta con seduti tre viaggiatori. La donna al finestrino guardava il paesaggio che cambiava aspetto costantemente, di fronte a lei un ragazzo che leggeva, mentre io avevo vicino un signore sulla cinquantina che mi guardava insistentemente tentando in qualche modo un approccio, cercava il mio sguardo e io pensai che più sono vecchi, più sono rincoglioniti...
A un certo punto i accorsi che arrivava il bigliettaio, di corsa mi alzai e facendo finta di niente andai verso il bagno, mi ci chiusi a chiave e aspettai il tempo necessario che il controllore passasse all'altra carrozza. Poi uscii e ritornai al mio posto.
Intanto arrivammo a Firenze e pensai che metà del viaggio era andato liscio, mancava ancora parecchia strada, ma ci sarei riuscita. Passò ancora qualche ora e arrivammo finalmente a Milano. Scesi dal treno, di lì a poco avrei rivisto la mia famiglia e i miei amici, ma ero decisa a cambiare vita.
Avrei trovato un lavoro.
Ma soprattutto... sarei ritornata a prenderla. Lei, mia figlia.
...
Dulcis in fundo, Maria Rita Sanna, con le sue atmosfere suggestive, quasi epiche, che narrano storie e leggende della sua terra, la Sardegna.
Maria Rita Sanna è una penna vivace, dalla fantasia sconfinata! Sono sicura che ci stupirà sempre di più, di racconto in racconto.
IL BANDITO
di
Maria Rita Sanna
La donna guardava fuori dal finestrino, tenendo tra le mani il rosario,
mentre il treno sbuffava, percorrendo lento tra la vegetazione di querce e
lecci, nell'autunno inoltrato, con l'umidità che esaltava i profumi di muschio
e funghi. Nonostante l'età e la malattia, era felice perché finalmente avrebbe
rivisto, dopo tanti anni di latitanza, l'unico figlio rimasto, proprio nel
giorno del suo compleanno.
Voltando lo sguardo al finestrino opposto, si
accorse che il capotreno la osservava, incuriosito dalla borsa che teneva in
grembo; periodicamente, infatti, avvenivano gli assalti al treno con lo scopo
di rapinare i viaggiatori e, al contempo, fornire ai banditi, tramite complici,
armi e viveri per la latitanza. Il ferroviere si mosse sospettoso in direzione
dell'anziana, ma sommariamente tranquillo, essendo l'unica passeggera in
carrozza.
Non ci fu il tempo di parlare perché la locomotiva frenò bruscamente,
emettendo un forte fischio, fino a fermarsi. Il capotreno capì immediatamente
cosa lo attendeva, precipitandosi eccitato nei binari; l'anziana donna,
eccitata anch'essa, ma da sentimento opposto al ferroviere, cominciò a tremare
come una foglia, trattenendo a stento le lacrime, guardò dal finestrino e lo
vide, alto e possente, gli occhi quasi coperti dal berretto. Con una mano
teneva le briglie, e con l'altra
lisciava il manto bruno del cavallo, mentre questo muoveva la testa
ritmicamente in un continuo, e quasi allegro, “sì”. Era il famigerato bandito che, proprio quel giorno, aveva deciso di regalarsi la libertà, cancellando per
sempre la prigionia della vita da fuggiasco. Disse questo al capotreno che lo
scortò alla carrozza; si avvicinò all'anziana mamma, inginocchiandosi e
avvolgendola con le sua forti braccia. In quell'atmosfera quasi surreale, si
sentiva solo il sussultare della donna che
accarezzava il viso aspro e ruvido di suo figlio, vedendo nei suoi occhi
neri, non più sete di vendetta, ma desiderio di riscatto.
Furono attimi di
tenerezza, male interpretati dal ferroviere quando il bandito tentò
di aprire la borsa della madre. Il capotreno lo prese alle spalle, facendo
cadere la borsa e constatandone il contenuto rovesciato: vestiti puliti, che la
donna aveva preparato per il figlio rinato.
...
Ma dove andate???
Non è ancora finita!
Eh no, adesso c'è la ciliegina sulla torta.
Dovete sapere che questa sfida ha visto un unico giurato che ha avuto il compito arduo di stabilire quale squadra fosse la vincitrice della gara.
Riccardo Simoncini, di lavoro capotreno, scrittore per passione. Chi, meglio di lui, poteva ricoprire il ruolo di ago della bilancia?
Va beh, alla fine l'abbiamo adottato ed è diventato la mascotte del laboratorio! E quindi, anche per lui, il compitino capestro di scrivere il racconto del treno è arrivato.
Originale, incisivo, un sunto perfetto di questa tematica affrontata da diverse angolazioni dagli altri autori.
Bravo!
Quindi, ecco a voi, questo inedito!
L'ARMATURA DI STOFFA
di
Riccardo Simoncini
Lui
mi chiama cosi: l’armatura di stoffa.
Perché
sostiene che io lo nasconda, lo protegga, lo esponga. Che lo cambi agli occhi
del mondo, perché vedono me prima di lui, in treno.
Ogni
volta che mi indossa, per la mia azienda diventa un numero.
Ogni
volta che mi indossa, per i clienti diventa l’azienda.
Ogni
volta che mi indossa, si veste di un’autorità che non gli appartiene.
Ma
sotto questa divisa, c’è lui. Lui con i suoi pensieri, le paure, le opinioni, i limiti e le gioie. L’armatura di stoffa non elimina le sue incertezze, ma
tende a nasconderle. E allo stesso modo accentua, attira o placa quelle degli
altri. Io lo vedo. Comincia subito, quando chiude le porte del treno, si gira,
si guarda intorno, controlla ciò che sa che deve controllare. Sessantacinque chili
che autorizzano il movimento di cinquecentottanta tonnellate di ferro e carne,
verso destinazioni e aspettative differenti. Loro lo guardano e sorridono,
giudicano, approvano o criticano, a voce o in silenzio.
E poi siamo soli: io,
lui e loro.
E
lui si innamora. Di parole, del volto di un vecchio, di un bimbo, di un cane, di
una mano che si muove elegante verso una borsa. Di quel particolare che è solo
una porta dietro alla quale scorge un intero mondo.
E
lui assorbe. Le storie di chi racconta della sua vita, dei suoi problemi, della
sua direzione, di chi li aspetta alla fine del viaggio o da chi stanno
scappando. Di chi, in realtà, parla a me, non a lui.
E
lui ha paura. Dei cattivi, degli ignoranti, dei disperati, dei folli, dei
confusi. Della rabbia che viene mostrata davanti a un’autorità che non gli
appartiene.
E
lui sorride. Delle fughe precipitose, delle scuse
improbabili, dell’imbarazzo, della paura che suscita la stessa autorità che
neppure in questa veste è sua.
E
poi, alla fine del viaggio, quando mi ripone in un armadio, torna se stesso. Ma
senza cambiare. Perché quando toglie l’armatura di stoffa, tutto quello che ha
vissuto con me gli rimane attaccato addosso, rendendolo ancor di più ciò che è.
...
Che dire. ...tutte bellissime storie. Un finale a sorpresa con un "capotreno " scrittore che attraverso la divisa da lavoro racconta il suo quotidiano in modo quasi poetico; veramente bravo e ora si che anch'io vorrei partire e regalarmi un viaggio a bordo di tutti questi treni protagonisti.
RispondiEliminaUn complimento e un saluto a tutti.
Applausi alla maestra Stefania Convalle.
Applausi a voi che siete un "vivaio" eccezionale! Autori doc!!
EliminaInnanzitutto, complimenti a te Stefania, per il lavoro che hai fatto. È perfetto. Hai colto in ognuno di noi le caratteristiche che ci contraddistinguono. Sei anche una bravissima psicologa! I racconti, rileggendoli, sono bellissimi. Riccardo, è la "ciliegina sulla torta " bello e originale il suo racconto. Bravissimo! Complimenti a tutti noi!
EliminaCarla Pozzi, sei tutti noi!! Coach Stefi :-))
EliminaViva noi. Mitica Stefania. Complimenti a tutti. Splendide emozioni :) :)
RispondiEliminaViva noi!! Mi piace!!!
EliminaEccomi!
RispondiEliminaRiletti tutti ed è vero che alla seconda lettura risultino ancora più belli!
Rinnovo i miei complimenti, e sappiate che avete reso il mio ingrato compito ancora più difficile.
E poi mi avete anche tirato dentro! Dove si è mai visto un giudice che debba svolgere gli stessi compiti dei partecipanti? :)
Quando mi avete assegnato "il compitino capestro" ho pensato che avrei voluto farvi sapeter quello che probabilmente non sapete di chi svolge questo lavoro: che è una persona come tante.
È un lavoro di responsabilità, così come tutti quelli che comportano l'indossare una divisa e molti altri ancora, di cui si potrebbe trattare.
Ma io conosco questo.
E di questo ho scritto.
È principalmente introspettivo... ma credo che fra le righe potrete leggere diversi ingredienti.
Ovviamente non approfonditi, perché il limite delle 350 parole è da rispettare!
Spero vi sia piaciuto.
A me, i vostri, tantissimo.
Tu rientri tra quegli scrittori che sarebbero interessanti da leggere anche se scrivessero la lista della spesa :-D
EliminaDai!
EliminaStefania, posso ricordare che al Numero 253, ti sei cimentata anche tu?
RispondiElimina:)
Certo! Grazie!! :-D Però poi se dicono che il racconto di Simoncini è più bello, m'inkezzo :-D :-D :-D
EliminaIl che, a prescindere da questo commento che esclude ogni ulteriore remota possibilità, non credo sarebbe mai avvenuto!
Elimina:D
Bravissimi a tutti: dalla maestra agli allievi pezzi di bravura eccezionali!
RispondiEliminaGrazie, Dany! Puntatone davvero ricco e per tutti i gusti! :-))
EliminaMolto bello il tuo racconto! Hai una vena inesauribile!
EliminaEzia
Bravissimi a tutti: dalla maestra agli allievi pezzi di bravura eccezionali!
RispondiEliminaBelli belli belli! Ingredienti per tutti i gusti! L'insieme dei racconti rende questo spazio incredibilmente variegato e piacevole. Brava davvero Stefania per saper cogliere ciò che ci caratterizza e per il lavoro svolto nell'assemblare perfettamente il tutto.
RispondiEliminaGrazie, Marilena! E bravi a tutti voi!!! Siete unici ;-)
Elimina11+1=12 perle...da leggere con gli occhi umidi di pianto e il sorriso. Complimenti a tutti perchè siete bravissimi. D'altra parte con un un'insegnante "esplosiva" come Stefania il risultato è garantito
RispondiEliminaWow, Tania! Che carina che sei!! Però hai ragione;-) sono tutti bravissimi e in questi racconti, ce n'è per tutti i gusti:-) Grazie anche per le tue parole sempre carine nei miei confronti. Sai che la stima è reciproca! Bacione!
EliminaBeh adesso dopo la lettura di questi bellissimi e fantasiosi racconti è venuta voglia anche a me di prendere il treno. Che ne dite di un bel viaggio a bordo del mitico ORIENT EXPRESS?
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