venerdì 16 dicembre 2016

Numero 259 - Senza - 16 Dicembre 2016


SENZA
di
Stefania Convalle

Non so stare senza scrivere.
Chi,  più di te, scrittore, può capirlo? Si scrivono romanzi, e quando le storie  che abbiamo raccontato volano via  per la loro strada  e vivono dentro i cuori di chi le legge, quando torniamo nelle nostre vite,  che ne è di noi?
Chi vive per scrivere entra in una crisi di astinenza che solo dal di dentro si può comprendere.
Le giornate volano vie frenetiche, piene di successi da inseguire, burocrazie da attraversare, avversità in un mondo che vuole profumare d’arte, ma che vive grazie a leggi che ad anime come noi poco appartengono.
Voglia di fuggire, da chi, da che cosa, non lo so, forse da noi stessi, forse dalla propria follia, da quella visione di un mondo fatto di parole e sensazioni che mettiamo qui sulla carta e che ci regalano una vita che vale cento, mille altre vite.
Bruciamo in fretta, come le idee che attraversano le nostre sinapsi, collegano neuroni che straripano di storie da raccontare, vogliamo troppo da noi stessi, o forse no. In fondo quello che vogliamo davvero è solo scrivere.
Scrivere.
Scrivere.
Scrivere.
Nell’infernale mondo della comunicazione, quando puoi raggiungere tutto, tutti, sempre, adesso, in un attimo, con dei mezzi che farebbero invidia agli alieni che abitano l’Universo, ecco che  basta una tastiera, uno schermo illuminato, un po’ di  musica, un bicchiere che contenga qualche liquido magico, per volare, sì, per volare via.
E già mi sento meglio, tra tanti come e perché, urgenze, scadenze, planning pieni di righe e appuntamenti, telefonate da fare, moduli da compilare, cose da fare e che farò, non farò, chissà, potrei morire domani e cosa resterebbe di me? Un’agenda piena di impegni?
No, voglio che resti l’unica cosa che so di fare bene, tra i tanti sbagli di una vita vissuta e vissuta fino in fondo, piena di cantonate, colpi di testa, ricca  di sogni  avverati, okay, anche questo è giusto dire… Ma cosa resterebbe di me se la vita finisse adesso, ora, qui, in questa notte di Luna che ai nostri occhi è ancora un disco perfetto, ma che annuncia già l’abbassarsi delle maree, dimmi, cosa resterebbe di me? Solo le parole, le parole che si succedono, una dietro l’altra, come una magia, come qualcosa che non si può contenere, arginare.
E allora andiamo avanti, continuiamo a raccontare di noi, della vita che ci appartiene, di un sogno che possiamo vivere solo qui, nero su bianco, o bianco su bianco, perché resta solo un foglio. Ma un foglio, anche solo un foglio qualunque, se ben piegato lungo le linee giuste può diventare un aeroplano, di quelli che ci hanno insegnato i nostri nonni a costruire, di quelli che possono far volare in alto, lontano, al di là della vita stessa, al di là delle nostre dipendenze che ci tolgono fiato  e che ci fanno vacillare davanti a una giornata storta, un piccolo aeroplano di carta che vale più di un biglietto per l’Australia perché ci permette di volare in un attimo con la sola fantasia, con le parole che sappiamo usare, gestire, domare come si doma una tigre.
Così mi sento, una tigre, sì, questa sera  mi sento una tigre, anzi no, una pantera, mi hanno sempre affascinato le pantere, fin da quando vidi quel  vecchio film, Il bacio della pantera, e io mi sento come lei, questa sera, come Nastassja Kinski, dentro quel film; mi sento quella donna, anche se non ricordo come vada a finire una storia vista tanti anni fa. Ma ricordo i suoi occhi, il suo sguardo che mi assomiglia, quello di un animale in gabbia, dentro la gabbia delle macchine del mondo moderno che ti stritolano, piano piano, senza che tu te ne accorga, e fanno di te carne trita da gettare in pasto alle belve che popolano questo pianeta che sta ansimando.
E allora ecco che qui, solo qui, in una piccola stanza dalle pareti invisibili, qui e solo qui posso sedermi a un tavolo e cominciare a viaggiare attraverso la mia voglia di infilare una lettera dietro l’altra, alla ricerca delle parole, quelle giuste, quelle rotonde e piene, quelle belle anche solo da guardare, ammirare, perché le parole sono delle piccole opere d’arte; quelle che fanno vibrare le anime come le nostre, come la mia, come la tua. 
Quelle che ci liberano. E che si librano, e volano volano volano per planare lì, dove sei tu adesso, lettore. Non so dove, ma so che ci sei. E so che le stai aspettando.
Andiamo avanti, scrittore come me, lettore come me, andiamo avanti.
Raccontami di noi.


9 commenti:

  1. Andiamo avanti. Non fermarti. Scrivi scrivi scrivo. Bellissimo pezzo, analisi di uno scrittore in un mondo troppo "reale" e complicato;lettore affascinato dal susseguirsi delle parole con sapienza infilate a formare una preziosa trama.
    Viva gli scrittori! Viva i lettori!

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    1. "Scrivi scrivi scrivo" Mi piace perché sei con me in questo pazzo difficilissimo ma affascinantissimo mondo!
      E allora continuiamo insieme per questo viaggio che ci porterà lontano! Non so come si faccia il cuore qui, ma te ne posto uno grande come l'Australia (per restare in tema ;-)...)

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  2. Raccontiamo di noi, rompiamo la gabbia, viaggiamo. Il mio viaggio è iniziato un anno fa quando cliccai mi piace sulla tua pagina. Grazie Stefania ♡♡♡
    Il cuore si trova nella seconda pagina dei caratteri numerici e speciali della tastiera ♡♡♡☆☆☆☆

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    1. Un anno fa... Che bella avventura, Maria Rita! :-)))))
      p.s. ma dov'è la seconda pagina dei caratteri numerici etc etc??? Devo chiedere al Murru!!!! ;-)

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  3. Racconto dei racconti.
    Di parole messe in fila, delle virgole che parlano, delle frasi che disegnano.
    C'è qualcosa nella testa. Una fila di pensieri che ti mostrano una storia.
    La scrivo.
    E così prende vita.

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    1. Vero. Una storia che prende vita nella nostra mente. Un film da raccontare :-)

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  4. che entusiasmo Stefania!! Un pezzo carico di energia!! Sei speciale.. <3

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    1. Grazie, Marilena:-) L'energia me la date anche voi tutti! :-)))

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  5. Tu sei fatta per scrivere, Stefy ! Ce l'hai nel DNA.

    Un gran bel DNA.

    Largo alle scrittrici,agli scrittori e a chi li ama!

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