Per gli altri 4, però, come la scorsa settimana, non tutto è perduto e uno di loro potrà essere ripescato attraverso il voto popolare.
Sarete voi, lettori, a poter ripescare un racconto e "ributtarlo" in gara attraverso il vostro voto che dovrete esprimere in un commento a questo numero del blog, all'interno del blog stesso.
GIRONE B – ELABORATO NUMERO 4
Ritrovarsi
Rose stava organizzando le nostre nozze.
Qualche tempo dopo…
Peter, un ragazzino che gioca sulla spiaggia di Lavallette, porta alla donna una foto bagnata e con i bordi rovinati.
Fino al giorno in cui ci dichiarammo il nostro amore che suggellammo con un candido bacio.
Non potrò mai smettere di odiare quel bambino. Se non avessi perso tempo forse loro oggi sarebbero ancora qui.
Il destino poi bussò alla nostra porta. Mio padre la teneva ferma mentre mia madre mi afferrava per la mano spingendomi con forza nell’intercapedine del muro. Mi disse che stavamo giocando a nascondino. Sapevo che stesse mentendo, ma le obbedii e questo mi salvò la vita.
Quando scese il silenzio della mia famiglia non restava più nulla.
L’unica cosa che mi è rimasta di quel periodo è la foto del loro matrimonio. Se sono sopravvissuto alla guerra lo devo solo a quel soldato tedesco che vedendomi lì da solo ha deciso di prendermi con se e salvarmi.
Ci trasferimmo in Argentina e cercammo di cambiare vita, ma non avrei mai dimenticato il volto della persona che quella notte strillava gli ordini ai soldati per stanarci casa per casa.
Fu un giorno di autunno che lo rincontrai. Era fermo alla fermata dell’autobus, come se fosse una persona normale di mezza età.
Non andai al lavoro, ma piansi per tutto il giorno. Il mattino dopo lo rividi sempre nello stesso posto e così via per tutta la settimana successiva.
Deciso a farmi giustizia mi infilai in tasca il coltello da caccia e lo seguii.
Lavorava in un colorificio. Sembrava una persona uguale alle altre, ma sapevo che dentro di lui c’era qualcosa di diverso. Attesi che uscisse da lavoro. La prima volta che rimase da solo per strada non ebbi il coraggio di avvicinarmi e fui costretto a seguirlo fino a casa. Rimasi fermo per un’ora prima di prendere coraggio ed entrare.
Era una piccola villetta indipendente, simile a quelle vicine. Mi introdussi dentro e con il coltello in mano iniziai a cercarlo nelle stanze.
Nel salone osservai le foto di famiglia. Accecato dalla rabbia le buttai per terra.
Lo trovai nel suo studio. Chino sullo scrittoio stava preparando una lettera. Era di schiena e non si era accorto di nulla.
Arrivai alle sue spalle e lo colpii in testa con l’impugnatura del pugnale. Cadde a terra svenuto.
Osservai il corpo e mi mancò il coraggio di fare quello che lui aveva fatto con troppa facilità.
Presi la foto dei miei genitori e gliela posai sulla mano insieme al pugnale.
Gli scrissi una lettera:
Oggi avrei potuto fare quello che hai fatto ai miei genitori, ma non sono voluto diventare come te. Non meriti di morire, ma di vivere divorato dai sensi di colpa. Tieni la foto in ricordo delle tue mani sporche di sangue.
Dopo quel giorno non lo vidi più. Non so se ho fatto la scelta giusta. So che il dubbio mi tormenterà fino alla morte, ma almeno non sono diventato come lui.
E ORA VOTATE VOTATE VOTATE!
ore 12 di giovedì 29 settembre 2022
Qui di seguito i 4 racconti che hanno passato il turno grazie al voto della giuria tecnica.
NON SONO SOGGETTI AL VOTO DEL PUBBLICO
Le mani accarezzano l'impasto e i pensieri corrono alla casa che avevano e il confronto con quella di oggi è impietoso: si ritrovano in due stanze, cucina e camera, con la latrina nel fazzoletto di cortile sul retro.
Le mani stringono l'impasto e la mente va all'uomo che ha sposato, un cugino alla lontana, che le è stato presentato come una promessa e un salvataggio, perché lei, Elide, a venticinque anni non aveva un fidanzato all'orizzonte. Era il 1960 e la parola zitella aleggiava nell'aria. Era taciturno quel ragazzo bruno, dagli occhi profondi, bello, giornalista. Non le era stato difficile assecondare le aspettative delle famiglie, aveva detto sì.
Le mani allungano l'impasto, non vede più la foto, ma i giorni che sono seguiti.
L'uomo educato che aveva al fianco si faceva più distante, gli occhi bruni si perdevano, come se vedessero cose a lei impossibili. Nessun contatto, buongiorno e buonasera che poi si sono ridotti a cenni.
Le mani dividono l'impasto e giungono le immagini: Alfio che non consegna in tempo i pezzi al giornale, i richiami e il licenziamento; giorni passati sulla sedia e le sere al bar coi risparmi che se ne andavano in bottiglie. La casa ricevuta in dono venduta e il trasferimento.
Lo stava perdendo, ancor prima che fossero riusciti a trovarsi. Elide non sapeva che fare e con questo sentimento di impotenza le mani smettono di lavorare.
Aveva cercato il dialogo, ricevendone in cambio il silenzio; sistemava al meglio le misere stanze, Alfio non se ne curava; abbracciava, impacciata, lui si divincolava e una sera l'ha spinta. In quel momento, Elide ha visto gli occhi spenti di lui accendersi. Vi ha letto sorpresa e poi... esultanza? Probabile, perché da lì sono cominciate le sberle, gli sgambetti, che giungevano senza motivo e senza preavviso, o forse un motivo c'era e lei, stupida, non lo capiva.
La sua vita era un pozzo di sofferenza nel quale era imprigionata, ma si sopporta e si tace: questo è il codice della moglie.
Ieri notte... Alfio torna ubriaco e parla.
No, grida, verso di lei indicando la foto: «Chi è questo?»
Elide non capisce e lui continua a inveire, rabbioso, il viso paonazzo, i tendini del collo tesi: «Ti ho chiesto chi è? Lurida puttana, con chi te la fai?»
A nulla era valso dirgli che era lui, lui con lei il giorno delle loro nozze, solo lui.
Se ne era andato, dopo averla colpita a lasciata sul pavimento a piangere.
Le mani buttano a terra l'impasto. Nessuno mangerà quella torta, per un anniversario da non festeggiare.
Elide apre la porta di casa e va, senza nulla, non vuole nulla, prima che l'uomo che ha sposato la trasformi in nulla.
Nella casa resta la foto di una bugia.
La foto
Non posso non ammirare la delicatezza dei lineamenti degli sposi e l’eleganza raffinata di lei. Il velo che le circonda i capelli, formando un’acconciatura di tulle, mette in risalto l’ovale del viso e la levigatezza della pelle. Eppure noto ora qualcosa di strano: il sorriso è dolce, ma contenuto, gli occhi ridenti, ma velati di tristezza. La stessa impressione traspare anche dal viso del nonno. È la prima volta che me ne accorgo. Mentre sto per appoggiare la foto, sono colpita da un piccolo sgorbio sul retro, a fondo pagina. Incuriosita, prendo la lente per osservare meglio: il disegno rappresenta una piccola cassa, suddivisa in comparti, su uno dei quali noto un puntino in grassetto. Che cosa significa? Più incuriosita che mai, sbriglio la fantasia, ma ben presto s’accende un ricordo: è lo scrigno dei gioielli della nonna, che ancora si trova sulla toilette, in camera della mamma. Mi precipito nella stanza, la cassetta è ancora lì, muta ed ermetica. Non faccio fatica ad aprirla, nonostante la serratura arrugginita, comincio così a curiosare al suo interno. Ormai vuota, conserva perline multicolori e paccottiglia abbandonata. Altro non c’è. Con l’ausilio della lente, controllo i bordi interni: nulla. Provo allora a ispezionare ogni angolo: nulla.
GIRONE B – ELABORATO NUMERO 3
La vigna
Così quando se ne rese conto, era già tutto successo. Marco era fradicio e ormai senza luce. Avevano passato buona parte della loro vita insieme, vivendo in collina. Tiravano avanti con l’orto, qualche gallina in cortile, cani, gatti, pecore e maiali. Poi c’era la vigna. Un mondo tutto diverso rispetto a quello della città.
Non soffiava il vento da tempo, Marco guardava le nuvole in cielo muoversi rapidamente e immaginava che forse lassù doveva far fresco. Sulla terra invece dominava una brezza mite, quasi avesse riguardo e rispetto della sua situazione. Il vuoto lasciato da Francesca era pungente, quando ti appoggi a qualcuno per una vita intera è difficile poi farne a meno d’improvviso. Difficile anche convincersi che doveva andare così, non pensarci e soprattutto non ricordare. Sì, perché i ricordi fanno male. Marco aveva smesso di fare tutto e i giorni passavano uguali e monotoni. Per andare avanti aveva dovuto vendere la vigna, posto del cuore pieno di ricordi.
Spesso si soffermava davanti al camino in salotto a osservare la foto del giorno del loro matrimonio. Come erano giovani, belli e innamorati. La vita era stata generosa con loro.
Ma non sempre il dolore esplode, a volte lo si tiene sordo per anni e questo scava un tunnel profondo dentro all’anima. È da vecchi che si è stanchi di combattere le guerre.
Il sole era alto nel cielo, l’erba e le piante di aranci erano ormai diventate secche e il postino non consegnava più lettere.
Era un giorno di novembre e il vento all’improvviso si svegliò. Marco guardava perso l’orizzonte. Era proprio vento. Tutto si piegava sotto la sua forza. Gli animali si rannicchiavano sul calore della terra e le finestre sbattevano. Francesca sarebbe stata contenta e magari gli avrebbe gridato di tornare in casa e lui avrebbe stappato una bottiglia del suo vino, del loro vino. Poi avrebbe guardato dalla finestra il mondo scivolare via.
Chiuse a due mandate la porta, tenendo tra le mani la loro foto e si camminò con passo stanco verso la vigna, che ormai aveva l’anima di altri proprietari ma sempre nei suoi ricordi e nel suo cuore.
Mise una sedia tra i filari ordinati ormai spogli e volse il capo verso il mare increspato dal vento. La polvere creava vortici e le piante ormai trascurate e desiderose di acqua si piegavano alla violenza del vento.
Ma non era tempo di piangere, c’era il vento. Era un giorno nuovo. Marco era immobile, coraggioso e in balia dell’impeto della natura. In quel momento la rabbia e l’apatia se ne andarono e l’amore prese il sopravvento. Respirò a pieni polmoni l’aria nuova. Vivo a metà tra il vento e Francesca, pronto a vivere il resto della sua esistenza. Guardò la loro foto e sorrise con il cuore che scoppiava dalla gioia.
Sophie entrò nella stanza immersa nella penombra, a malapena rischiarata da una luce tenue che filtrava dalle persiane.
Si ritrovò circondata da un silenzio assoluto, nel quale, un po’ alla volta, le parve di percepire gli echi insonori di un tempo passato, le cui vibrazioni impregnavano ancora le pareti e i mobili, unici testimoni di eventi trascorsi e, forse, dimenticati.
«Mi chiamo Filippo Rossi, chiamo dall’Italia, buongiorno» aveva esordito all’apparecchio qualche giorno prima una voce maschile, affilata e sbrigativa. La telefonata era arrivata all’Agenzia Immobiliare di Arles, in cui lavorava.
«Ho ereditato una casa nel sud della Francia, vorrei venderla.»
La voce ostentava freddezza e distacco, malcelati. Sophie ebbe la sensazione che quell’eredità non fosse altro che una seccatura per il suo interlocutore. D’impulso decise che se ne sarebbe occupata lei personalmente.
La settimana seguente si recò a visitare l’abitazione, e, percorrendo le strade che portavano verso la Camargue, raggiunse un villaggio di pescatori che pareva immerso in un universo di pace e luce.
La casa era situata al limitare del borgo, quasi volesse rimanere un po’ in disparte, lontano dal vivere comune. Era costruita in solida pietra, il legno della porta e delle imposte appena intaccato dalla salsedine.
Sophie perlustrò tutto l’edificio, ispezionando le grandi stanze, mentre i suoi passi risuonavano sulle vecchie tavole del pavimento.
Nel salone principale un imponente camino occupava quasi un’intera parete, sovrastato da una lunga trave che fungeva da mensola. Si avvicinò per osservarlo meglio e si accorse che, in un angolo seminascosto, era incisa una frase.
Leggendola, trasalì.
ALLA MIA SOPHIE, ORA E PER SEMPRE.
Colpita dalla coincidenza, cominciò a cercare qualche indizio che l’aiutasse a ricostruire la vicenda. Aprì cassetti e armadi, finché riuscì a trovare un diario segreto. Si sedette in un angolo e iniziò a leggere, senza accorgersi del tempo che passava e delle lacrime che, a tratti, rigavano il suo volto. Quando lo richiuse, un bagliore rossastro occhieggiava alle finestre, il giorno volgeva al termine.
Nella sua anima galleggiava la storia di Sophie Amélie D’Aboville, di antica e nobile famiglia parigina, innamorata di Paul Lagrange, un semplice marinaio conosciuto per caso durante un viaggio sul Mar Mediterraneo, che avrebbe cambiato per sempre la sua vita.
Sophie e Paul, contro tutti.
Sophie e Paul, felici, contro tutti.
Senza accorgersene scivolò in un sonno profondo e privo di sogni, un sonno che assomigliava a una piccola morte.
Fu risvegliata da un raggio di sole che, filtrando dagli scuri, si rifletteva su una superficie lucida accanto a lei. Si voltò e, sopra un tavolino, vide un portaritratti che custodiva una fotografia.
Due sposi, eternamente giovani. Sul retro, una scritta:
14 SETTEMBRE 1925. SOPHIE E PAUL
Fu allora che, scavalcando ogni pensiero razionale, decise di comperare quella casa.
Guardò la foto. Forse fu un’illusione ottica, un gioco di luci, ma avrebbe giurato che, in quello stesso istante, Sophie e Paul le sorridessero.
Nella diretta di giovedì 29 settembre alle 21, nella Pagina Facebook di Edizioni Convalle, svelerò i nomi
degli autori dei testi del GIRONE B (questo girone).
Complimenti a tutti i
partecipanti!
Il Masterbook prosegue e rimarrà un
solo vincitore, ma ci saremo tutti divertiti condividendo la stessa passione:
SCRIVERE!
Voto 'RITROVARSI'.
RispondiEliminaMi hanno suscitato un senso di tenerezza i preparativi per il matrimonio, il successivo accordarsi per intraprendere una nuova vita lontano dagli affetti e poi il sopraggiungere quasi immediato della tragedia. Per finire, la sorpresa del comparire della foto poi... Amore puro. Complimenti e grazie per le emozioni. Rosy Pozzi
Nicoletta Mandaradoni
RispondiEliminaVoto il numero 4 Ritrovarsi
Mi ha colpito il contrasto tra la gioia dei preparativi e la tragedia che ha interrotto i sogni dei due sposi.
Voto l’elaborato n. 4. Un racconto emozionante con un finale a sorpresa che lascia a bocca aperta
RispondiEliminaVoto il racconto 4. Bellissima la storia e finale davvero toccante.
RispondiEliminaIl precedente commento è mio Pamela Pirola e non capisco come mai lo ha pubblicato in forma anonima
RispondiEliminaVoto "Zia Ginetta"...ah no!
RispondiEliminaSimpatica battuta, ma se ti firmi siamo più contenti ;-)
EliminaVoto il n. 4 : Ritrovarsi. Mi è piaciuto il racconto , curata la punteggiatura.
RispondiEliminaLa punteggiatura è importante, è sempre da considerare quando si deve votare: brava!
EliminaVoto l'elaborato 5: Nonna Caterina
RispondiEliminaVoto Nonna Caterina, l'elaborato 5
RispondiEliminaVoto l'elaborato numero 5, nonna Caterina. Luca Togni.
RispondiEliminaVoto elaborato 7 : 'Pegno d'amore' . Ero indecisa tra questo e nonna Caterina. Pegno d'amore ha avuto la meglio perché l'ho trovato più pertinente a cio' che evocava me la foto, mentre di nonna Caterina mi è piaciuta la scelta dell'albero genealogico. Come sempre, comunque, complimenti a tutti e 8 e w il Masterbook!
RispondiEliminaVoto l'elaborato nr.8 perché parla di dolore riscattato senza aggiunta di altro dolore. Il coraggio di chi riesce ad affermarsi in modo pulito. Urla l'anima mentre la mente rimane lucida. Complimenti
RispondiEliminaVoto il n. 4 "Ritrovarsi". Sono Marta Martello
RispondiEliminaVoto elaborato n. 4
RispondiEliminaVoto il racconto "Nonna Caterina"
RispondiEliminaSono Elena Mazza e voto il nr. 5
RispondiEliminaSono Michela Rossi voto l'elaborato n. 4 mi è rimasto molto impresso, nonostante siano tutti bellissimo e la scelta è davvero difficile
RispondiEliminaVoto il racconto di nonna Caterina, molto di effetto mi ha emozionato
RispondiEliminaVoto il n. 5 "Nonna Caterina"
RispondiEliminaMi piace l'originalità e la freschezza del racconto, diverso dagli altri e più scanzonato.
Voto il racconto numero 4: pensare che sul Titanic ci potesse essere una coppia appena sposata mi è parsa una bella idea. Suggestivo il finale.
RispondiEliminaVoto “Strada senza ritorno” perché, oltre alla scrittura fluida, è originale, non forzato e credibile. Maria Grazia Conti
RispondiEliminaVoto l’elaborato numero quattro: “Ritrovarsi”. Mi piace la trama e trovo toccante il dialogo tra Rose e sua sorella nel quale è descritta la preparazione della sposa.
RispondiEliminaVoto l’elaborato n^5 “Nonna Caterina”: bello sentire quanto un uomo sia legato ai ricordi e non voglia disfarsene (di solito siamo noi donne a fare così) e l’entusiasmo di questa mamma e del suo bimbo nel riportare in vita le loro radici con una bellissima foto.
RispondiEliminaVoto il racconto numero 5 "Nonna Caterina" adoro i racconti che evocano lontani ricordi, è molto dolce e ben scritto.
RispondiEliminaVoto il racconto “Nonna Caterina”
RispondiEliminaVoto il racconto n.4 perché si sviscera su un duplice piano narrativo uno descrittivo e l’altro emotivo. Enza La Gala
RispondiEliminaVoto il racconto n.3 "La vigna".
RispondiEliminaScritto bene, riesce a trasmettere in maniera semplice ma efficace ed emozionante lo stato d'animo del protagonista.
Voto il racconto numero 4
RispondiElimina"Ritrovarsi" condotto bene e con un commovente finale.
Voto il racconto numero 8.
RispondiEliminaC'è dentro l'orrore della guerra, la pietà del soldato, il desiderio di vendetta e la vittoria del perdono.
Riccardo Simoncini
Racconti tutti coinvolgenti. Difficile scegliere.
RispondiEliminaVoto per il n.7 "Pegno d'amore". Ho pensato ai tanti figli di amori nascosti e impossibili e alle loro madri marchiate a vita.
Pinuccia Sassone
Voto il racconto n.5 "Nonna Caterina"
RispondiEliminaVoto il racconto 4 "ritrovarsi". Olivia
RispondiEliminaVoto pegno d'amore.
RispondiEliminaRosalia