Potrete esprimere una sola preferenza scrivendo: VOTO IL RACCONTO NUMERO ...
I racconti verranno postati in questo numero senza il mio intervento, nessuna correzione verrà da me apportata. Tutti i testi saranno qui riportati esattamente come mi sono arrivati.
GIRONE A – ELABORATO NUMERO 2
La felicità di spigolare le pannocchie di granoturco.
Guardando questa foto curiosa, confesso che ho sorriso anch’io, perché il riso è contagioso, specialmente quello della donna, che si sganascia dalle risate. L’uomo non è da meno; così conciato, mi sembra uno spaventapasseri, ma è autentico nel suo modo di vestire molto casual e conforme alla sua attività legata alla terra.
Mi sono ricordato del mio collega
di lavoro, Pietro, di origine contadina e bresciana. Mi raccontava dei suoi
genitori, Mariuccia e Serafino, che, non avendo un campo proprio da coltivare a
granoturco, aspettavano che fosse terminata la raccolta del mais per andare a
spigolare le pannocchie dimenticate – o meglio lasciate volutamente sulla pianta
dai raccoglitori per far felici gli spigolatori.
I padroni del campo facevano finta
di vedere il cattivo comportamento di qualche raccoglitore occasionale, quando
quest’ultimo dimenticava volutamente una pianta intatta sul suo filare. Era consuetudine
radicata nel tempo che fosse permesso ai meno abbienti di entrare nei fondi
agricoli, dopo il raccolto, per racimolare qualche pannocchia dimenticata o
giudicata troppo piccola o non ancora matura. C’erano anche le eccezioni alla
regola di certi uomini ingordi e indifferenti alla povertà, che dividevano il
misero raccolto degli spigolatori.
Dal racconto di Pietro ho capito
che l’asciugatura delle pannocchie fosse un’usanza condivisa, come quella che
vedo nella foto in questione. Quelle appese alla pertica sopra le teste dei
soggetti fotografati ne sono una conferma. Quando il raccolto era abbondante in
quella casa si festeggiava il momento propizio di aver perlustrato un campo
vergine - non battuto da altri concorrenti -: si poteva, così, ricavare la
farina per la polenta; riempire il materasso con i cartocci nuovi e buttare i
vecchi, ormai consumati dal peso dei corpi e sede di focolai di pulci e di cimici;
conservare i tutoli per alimentare il focolare.
Mariuccia e Serafino erano ottimi
ballerini e quando venivano invitati dagli amici alla raccolta del mais vi
accorrevano felici come una Pasqua, sapendo che dopo il raccolto si sarebbe
ballato sull’aia al suono di una fisarmonica indiavolata per affogare la
stanchezza fisica nei vortici delle danze. Nei due personaggi sorridenti,
ritratti nella foto, immagino di vedere Mariuccia e Serafino pregustare la
festa danzante con gli amici e divertirsi fino a notte fonda, mentre una tavola
imbandita, ricordava la festa similare che si faceva dopo la vendemmia.
Finalmente quel giorno si poteva riempire la pancia grazie alla bontà dei
proprietari del fondo, che volevano fare bella figura, senza badare a spese.
Storie di altri tempi arcaici,
quando i campi venivano arati con buoi o con cavalli da tiro. La semina avveniva a mano, scavando solchetti;
qui venivano collocati i semi di mais, alla giusta distanza per una crescita
regolare, e ricoperti di terra con uno zappettino. Poi, bisognava aspettare
settembre per il raccolto, che avveniva manualmente ruotando le pannocchie su
stesse per sganciarle dal culmo. Le pannocchie venivano caricate su un carro
sistemato ai bordi del campo. Quando questo era pieno, veniva scaricato
sull’aia per la spannocchiatura.
L'anziano signore seduto di fronte alla moglie ride. La coppia sta giocando a carte su un tavolo coperto da una tovaglia gialla con fiori rossi e blu.
L'uomo mischia il mazzo. Carte sul tavolo. La donna alza. Tredici ciascuno. Prima di scoprire le carte, la donna guarda il marito fiduciosa.
«Vogliamo fare una scommessa?»
«Cosa vuoi fare?»
«Se vinco l'intera partita...una bella penitenza per te!»
L'uomo si passa la mano nella folta barba pensieroso.
«Rischio. Cosa avevi in mente?»
«La tua barba?»
«No no, questo mai. Ormai tutti mi conoscono con questa faccia! Alberto poi come fa a offrirmi il caffè tutte le mattine?»
«Dai, stai vincendo. Voglio un premio succulento!»
L'uomo fissa le carte sul tavolo. Si fida della sua fortuna.
«Ma sì dai. Accetto!»
Entrambi guardano le carte e l'uomo si dispera: non riuscirà mai a chiudere!
Verso la fine della mano lui pesca una carta, un due di fiori. Può aiutarlo ma potrebbe mettere sul tavolo solo un tris di due. Passa il turno. La moglie pesca. Mette le carte a terra e mostra una scala! Prima mano vinta.
La partita continua con ripetute vittoria da parte della donna e il marito già si immagina completamente rasato.
«Sapevo che non avrei dovuto accettare»
«Su dai, non andrà così male questa volta!»
L'uomo guarda le ultime cinque carte che gli rimangono in mano. Osserva attentamente il viso della moglie. Spera di poter indovinare cosa nasconda. Si decide e pesca. Un jolly! Non può ancora chiudere però. Posiziona un tris 7-jolly-9 sul tavolo. La moglie ha tre carte. Pesca e mette giù un tris 5-6-7! La donna fissa l'uomo sorridendo. Lui guarda a terra e vede che la moglie aveva scartato l'ultima carta. È vero, le rimanevano solo tre carte! Ha perso. Deve pagare la scommessa.
«Non ci posso credere...come hai fatto?»
«Assolutamente no! Una scommessa va sempre pagata. Non potrei mai permettermi di lasciarla in sospeso!»
«Ma sì dai, lascia stare. Era solo per divertirci un pochino. Non voglio che tu lo faccia davvero. Poi come fai con Alberto?» dice la donna ridendo.
«Troverò un modo...»
«Caro, dove sei?»
«Vieni giù a vedere, sono sull'atrio»
La donna scende le scale a passi lenti per capire cosa il marito volesse e...vede l'uomo senza nemmeno un filo di barba!
La donna è felice e stupita allo stesso tempo e si affianca al marito a osservare la città davanti a loro.
«Spero di non dover rifare la patente però!»
Dice lui con atteggiamento orgoglioso e con una punta di timidezza per il cambiamento. La donna non riesce a trattenersi e scoppia in una risata fragorosa.
«Alla fine ti ho battuto eh?»
GIRONE A – ELABORATO NUMERO 5
Arthur e Olivia
Disse lei sbellicandosi dalle risate.
GIRONE A – ELABORATO NUMERO 8
I capelli raccolti scoprivano le tenere rughe del volto.
Il marito Matteo, al suono di quella contagiosa allegria, gongolava di gioia. La felicità della moglie era la sua unica soddisfazione. Orgoglioso di lei, l’amava come il primo giorno. I loro sguardi erano amorevoli incontri di semplice e inconsapevole complicità.
Lavoravano come custodi nella fattoria dei Marchesi Visconti.
Nonostante questo patimento, zia Ginetta non aveva perso la gioia di guardare i bambini con stupore. Amava ognuno come fosse stato figlio proprio, accogliendoli sempre con piccole sorprese. Per noi, che l’adoravamo, era zia Gigiotta.
E non solo: in una notte di tempesta si improvvisò anche ostetrica, aiutando una giovane partoriente per la nascita dei gemelli Anita e Giorgio.
Era stata così brava tanto da meritarsi il titolo di ostetrica del villaggio. Venivano a chiamarla anche dalle contrade limitrofe.
Alle donne in attesa accarezzava con dolcezza la pancia …è una femmina, hai la pancia tondeggiante, oppure…la pancia è a punta, questo è maschio, diceva azzeccando sempre.
I pastori la burlavano chiedendo consulto per le pecore gravide e scommettere sul sesso dell’agnello in arrivo.
Nei pomeriggi assolati, all’ombra del salice piangente, riuniva tutte le altre donne per quattro chiacchiere e un caffè. Lei intratteneva, proprio come una teatrante di strada, con una mimica da vero pagliaccio, facendo sbellicare di risate le amiche.
Le donne attendevano sull’uscio i propri mariti con sorrisi e parole di accoglienza.
Il profumo del cibo preparato inebriava la corte e davanti alle proprie porte erano pronti i tavoli da apparecchiare.
I pastori, sistemato il gregge, procedevano alla mungitura; trasferivano poi i secchi di latte nel piccolo caseificio, pronto per trasformarlo l’indomani in formaggio.
GIRONE A – ELABORATO NUMERO 1
Serena Lamorra aveva all’attivo ben dieci bocciature, praticamente un incubo. Avrebbe dovuto laurearsi il dodici settembre, se non avesse infatti superato quell’ultimo maledetto esame a luglio la discussione della tesi sarebbe sicuramente slittata intaccando l’anno accademico successivo. Arrabbiata e più che mai decisa a spuntarla, si sedette dinanzi al Martinelli. Interrogava da solo quella mattina. Non vi erano neppure quei damerini dei suoi assistenti. Le domande furono come sempre terribili. Serena rispose, però, a un certo punto si stizzì e ormai certa di venire respinta proruppe:
- E’ la decima volta che vengo
Professore, devo cercare di laurearmi in tutti i modi nella prossima sessione. Sa,
non posso proprio permettermi il lusso di chiedere ai miei di pagare ancora
queste dannate tasse universitarie! -
A quelle parole il docente si
irrigidì, poi trasse velocemente dal taschino interno della giacca l’oggetto
misterioso, lo guardò e lo ripose immediatamente. Serena lo vide quindi
scrivere a testa bassa il voto sul libretto. Così, incuriosita all’inverosimile
esordì:
- Mi perdoni l’impertinenza, posso
sapere che cosa consulta sempre prima di darci la valutazione? -
Il Martinelli rimase in silenzio a
fissarla per qualche istante, poi si arrese dinanzi alla sfrontatezza della
giovane. Trasse così dalla tasca una piccola foto in bianco e nero e la mostrò
alla ragazza. Ritraeva due contadini, un uomo e una donna, entrambi sorridenti:
lui nell’atto di sostenersi i calzoni, lei con le braccia abbandonate lungo il
corpo ai lati di un grembiule sgualcito, con la testa reclinata all’indietro.
- Guardo questa: sono i miei nonni negli
anni Cinquanta. Lavoravano sodo in campagna ed erano molto poveri. Mi aiuta a
ricordare le mie origini e stempera la mia anelasticità di giudizio. Comunque
si è meritata un bel trenta, complimenti. -
Maria è appena stata lì a fare la sceneggiata, i suoi fratelli indugiano ancora nei campi.
A parer di Luigina sarebbe ora che Vincenzo ci parlasse con quella loro figlia, ché sta un po' uscendo dalla Grazia di Dio. Ma per lui è solo una fase, poi passerà.
Giulio è una brava persona, un mammone con la passione per la caccia, gran lavoratore. Ragionamenti pochi ed elementari, figurarsi se può capire ciò che la loro figlia va dicendo. A scuola se l'è cavata solo perché ci andava un'ora prima, lo sanno tutti. Accendeva il fuoco nella stufa delle aule concesse dal Principe alle Istituzioni della neonata Repubblica, nel Castello.
Non ha neanche il coraggio di farsi avanti quando c'è in giro altra gente il grand’uomo, la raggiunge quando è sola, spara agli uccelli ma il vero tordo è lui.
Vincenzo non l’ha mai sentita così. Gli va di traverso la saliva e gli provoca un attacco di tosse, e il fiocco dello spago che usa come cintura si scioglie. Maledetto spago, eppure tiene così ben legate le balle di paglia.
GIRONE A – ELABORATO NUMERO 6
(1943)
Con la guerra, però, tutto è cambiato. L’alba, cui vorrebbe impedire di squarciare la coltre notturna, gli fa paura. Con due figli al fronte da quasi quattro anni e un nipotino da crescere, ogni istante può portare brutte notizie. Solo al tramonto, ormai, si regala una breve pausa di pace.
La gente non avrebbe approvato, Cate lo sapeva bene. Era un piccolo borgo, il suo. Le sere d’inverno la nebbia era così bianca che il paese si cancellava dalle cartine geografiche, per poi ricomparirvi solo il giorno dopo, a mezzogiorno, quando la foschia era completamente diradata.
E perdipiù l’aveva rubato, quel
momento. Al suo paese rubare era peccato assai più grave dell’uccidere.
Era stata una fortuna per Cate
sorprenderli a ridere così, i suoi genitori, mentre rientrava a casa da un
matrimonio con la macchina fotografica ancora al collo. Il perché di quella
risata non l’avrebbe scoperto mai. E forse non aveva alcuna importanza.
Suo padre e sua madre erano
contadini. Una volta dove sorgeva la loro casa c’era un bosco di aceri, ma la
campagna si era mangiata via persino le ombre degli alberi. Cate non ricordava
di aver mai visto i suoi genitori ridere, proprio mai, nemmeno da bambina. Forse
lo facevano di nascosto, come fosse una vergogna.
Quella volta non erano riusciti a
trattenersi. La risata era scoppiata, sotto il cappello grigio del padre. E i
suoi occhi luccicavano, come dopo un lungo pianto.
La madre era sempre stata robusta. Amava
gli abiti neri, a fantasia bianca. Anche quel giorno il suo vestito era così:
era una nevicata al centro della notte. Il grembiale le si era un po’ sciolto
in vita e le risa l’avevano fatta piegare all’indietro, come i girasoli, sollevandola
da terra, nell’aria densa di sole e sudore.
Era stata una fortuna; questione di
attimi, come in tutti gli scatti ben riusciti. L’anima è furba e fugge via
quando ci si mette in posa. L’anima sbuca solo là, dove crede di non essere
osservata.
Sì, era stato un attimo. Poi le
labbra di suo padre erano tornate dritte e sua madre l’aveva fissata, gli occhi
stretti e scuri: «Togliti quel peso dal collo e entra! C’è del minestrone in
caldo.»
Mamma sapeva che Cate non toccava cibo
nei matrimoni dove lavorava, nonostante le riservassero sempre un posto a
tavola.
Di sera, nella camera oscura, Cate per
prima cosa aveva visto emergere il bianco del grembiale della madre. Non era
del tutto bianco, però. Il grembiale, sempre impeccabile, quella volta era
macchiato di terra. Mamma non aveva fatto in tempo a cambiarsi. Da bambina Cate
si nascondeva, sotto quel grembiale, da suo padre. Suo padre che non l’aveva
mai picchiata; bastavano gli sguardi, e i silenzi.
La sagoma del cappello del padre era
emersa dopo. E, solo alla fine, gli occhi.
La gente non avrebbe approvato,
Cate lo sapeva bene. Era un piccolo borgo, il suo. Nemmeno i genitori avrebbero
approvato.
Le foto dei morti non erano così. Erano
composti, ben pettinati. Erano seri i morti, nelle foto. Al limite un sorriso. Al
suo paese non ridevano mica così, i morti. Ma lei era la figlia e la decisione
spettava a lei, solamente a lei.
Il padre e la madre non erano mai
stati vivi come dentro a quella foto.
ATTENZIONE
Nella diretta di giovedì 22 settembre alle 21, nella Pagina Facebook di Edizioni Convalle, svelerò i nomi degli autori dei testi del GIRONE A (questo girone).
Complimenti a tutti i partecipanti!
Il Masterbook prosegue e rimarrà un solo vincitore, ma ci saremo tutti divertiti condividendo la stessa passione:
SCRIVERE!
Stefania Convalle
Voto zia ginetta. Buon sapore di ricordi, bel finale anche se c'è un piccolo refuso. Complimenti.
RispondiEliminaVoto per il racconto " Le donne ne sanno una più del diavolo", poiché mi piace molto la complicità che l'autore ha fatto emergere tra i due personaggi. Tutto solo attraverso una partita a carte.
RispondiEliminaIo voto per elaborato n. 4 : Le donne ne sanno una più del diavolo! ... Era stato il mio preferito già ieri sera perché, per quanto tutti i racconti fossero molto belli, in questo più ho di tutti ho ritrovato la !foto !
RispondiEliminaVoto per l'elaborato numero 5: Arthur e Olivia. Mi emoziona molto, le parole si intrecciano in un immagine nella quale potersi identificare.
RispondiEliminaVoto Zia Ginetta, l'elaborato numero 8
RispondiEliminaVoto l'elaborato numero 8: Zia Ginetta
RispondiEliminaVoto per l'elaborato n. 2: "La felicità di spigolare le pannocchie di granoturco".
RispondiEliminaElaborato nr. 2 - Ho rivisto i miei genitorii, stanchi al ritorno dalla campagna nel ritrovo sotto il porticato della nostra casa ringhiera. Quei fastidiosi materassi sui quali ho dormito... Io piccina seduta in cerchio con la famiglia fra montagne di pannocchie da 'sgusciare'. Complimenti. Rosy
RispondiEliminaVoto per il racconto n.2: La felicità di spigolare le pannocchie di granoturco.
RispondiEliminaIl mio voto va all'elaborazione n.5; Arturo e Olivia. Un bel racconto scritto bene.
RispondiEliminaZia Ginetta n.8
RispondiEliminavoto l'elaborato n 4. Leggere il racconto mi mette allegria e un pizzico di malinconia: guardo la foto, leggo il racconto e mi sembra di rivedere i miei nonni
RispondiEliminaBelli tutti ma preferisco in n 4 le donne ne sanno sempre una più del diavolo. Scorrevole, e decisamente attinente al tema
RispondiEliminaDei quattro preferisco il n.8 - zia Ginetta - che mi sembra attinente alla foto ed e' anche un'immagine positiva delle consuetudini dei nostri nonni .
RispondiEliminaVoto il n. 8 perché la figura di zia Ginetta mi piace molto e trovo il racconto attinente alla foto.
RispondiEliminaVoto “Zia Ginetta” per la poesia, il sapore particolare e la scrittura, pulita e originsle
RispondiEliminaVoto l'elaborato numero 4!
RispondiEliminavoto il n 4, ho concluso la lettura con un sorriso, complimenti. Bravi tutti
RispondiEliminaVoto zia Ginetta per le emozioni che mi ha suscitato
RispondiEliminavoto Zia Ginetta elaborato n.8 un racconto sinpatico ed emozionante,nel leggerlo sembra di sentire le risate e il profumo della dolce signora....
RispondiEliminaVoto :Zia Ginetta
RispondiEliminaVoto per l’elaborato n.5. Stile fluido e ben scritto
RispondiEliminaElena
RispondiEliminaVoto il racconto nr. 8 .. perché mi ha fatto sentire il profumo di basilico e rosmarino della Zia .. complimenti all’autore!!
RispondiEliminaVoto per l’elaborato n.5 , lettura fluida e coinvolgente, la complicità tra Olivia e Arthur davvero tenera e simpatica.
RispondiEliminaComplimenti anche a tutti gli altri scritti, non è stato semplice sceglierne solo uno.
Voto zia Ginetta.
RispondiEliminaMi piace tanto il ruolo di quel grembiule che copre il dolore di un grembo di gravidanze mai giunte a termine.
A volte ci asciuga le lacrime altre,invece,conserva nelle tasche caramelle per la gioia dei bambini.
Bravi tutti
Voto il racconto numero 5
RispondiEliminaHo letto il racconto
Ho ritrovato nel leggerlo i valori di una volta
Cosa difficile trovare al giorno d’oggi
Penso che tutti vorremmo avere a fianco persone come Arthur o Olivia
Voto per il racconto numero 5. Ho molto apprezzato in particolare il momento in cui la pioggia scatena in lui il ricordo del trauma. È qualcosa che si realizza solamente quando si vive certe emozioni.
RispondiEliminaVoto per il racconto numero 5.
RispondiEliminaVoto il nr. 8
RispondiEliminaComplimenti a tutti ma il racconto di zia Gigetta mi ricorda nonna Grazia, la sua saggezza e la forza di sorridere nonostante le tante sue sofferenze
RispondiEliminaVoto il racconto N. 8
RispondiEliminaIl sapore dei ricordi.... La voglia di vivere di questa donna che nonostante la sofferenza era grata e sorrideva alla vita donando agli atri la sua positività, dolcezza e altruismo. Complimenti alla scrittrice! Attraverso le sue parole riaffiora quasi il profumo di basilico e rosmarino di questa zia meravigliosa.
Voto il racconto n. 5, mi ha emozionato
RispondiEliminaVoto Zia Ginetta.
RispondiEliminaBello rivivere alcuni ricordi. La descrizione di questa donna è davvero magico
Voto il racconto n.5
RispondiEliminaio voto per il racconto ZIA GINETTA: profuma di vita e di cuore
RispondiEliminaIo voto per l'elaborato num 5. Ho trovato questo breve racconto leggero e profondo allo stesso tempo, miscela la riflessione con il sorriso.
RispondiEliminaIo voto per il racconto numero 4. Dalla diretta è stato quello che più mi è piaciuto.
RispondiEliminavoto il numero 4, nel racconto rivedo la foto. Adoro la tecnica utilizzata. Top
RispondiEliminaScelgo l’elaborato numero 5: “Arthur e Olivia” perché, secondo me, è un racconto in grado di toccare tematiche dolorose in maniera lieve e, allo stesso tempo, commovente. Mi piace il modo in cui si compenetrano i paesaggi e le emozioni dei due protagonisti.
RispondiEliminaVoto zia Ginetta perché ha creato l'atmosfera reale di un racconto vissuto e mai scordato.
RispondiEliminaVoto il numero 5 "Arthur e Olivia", tenero e profondo...
RispondiEliminaHo letto i racconti e li ho trovati tutti piacevoli, ma voto l’elaborato numero 5 “Arthur e Olivia” perché si lega all’immagine in modo sorprendente e originale.
RispondiEliminavoto il numero 8
RispondiEliminaVoto il numero8
RispondiEliminaVoto il nr. 8. Profuma di ricordi d'infanzia che fanno bene al cuore
RispondiEliminaVoto elaborato 2 La felicità di spigolare le pannocchie di granoturco. Mi ha emozionato
RispondiEliminaVoto il n. 8. Un racconto piacevole.
RispondiEliminaVoto il racconto n.8 “zia Ginetta”. Piacevole lettura
RispondiEliminaVoto il racconto n.8 "Zia Ginetta". Un tuffo nei ricordi della vita semplice e genuina dei nostri nonni.
RispondiEliminaVoto il n. 8. Un racconto ricco di poesia, che pure nella durezza di una vita fatta di stenti, si assapora il gusto del bel vivere. In alcuni passaggi, nella mia mente, le immagini hanno sostituito le parole, donando all'insieme un ulteriore magia
RispondiEliminaComplimenti all'autore!
Voto il racconto n. 8, zia Ginetta, perché la scrittura rievoca perfettamente profumi, ricordi e tempi ormai perduti.
RispondiEliminaVoto il n.8, zia Ginetta , la descrizione delle emozioni e dei profumi mi piace molto
RispondiEliminaVoto il n.8 Zia Ginetta, "La vita è un giardino profumato"......
RispondiEliminaVoto n.8, zia Ginetta, un racconto piacevole che stimola l'immaginazione.
RispondiEliminaVoto zia Ginetta
RispondiEliminaMi è piaciuto molto Arthur e Olivia, do il mio voto a questo racconto che mi ha incuriosito fino alla fine, facendomi provare emozioni diverse ma vere.
RispondiEliminaCrepuscolare.
Grazie 🙏!
voto elaborato n.5
RispondiEliminaperchè e' stato l'unico che mi ha fatto domadare
'e poi che succede'?
Voto "L'imboscata" perché mi riporta indietro nel tempo, ai ricordi della mia infanzia.
RispondiEliminaVoto l’imboscata
RispondiElimina