Buona lettura!
LA MUSICA COME EVOLUZIONE DEL PENSIERO
Dalla musica si attingono fonti inesauribili di emozioni. Suoni, percussioni e vibrazioni hanno in dote un potere quasi magico: rinnovare il pensiero o muovere i ricordi, in una evoluzione di apertura mentale, costruzione di immagini e colori vividi.
Questo accade all'artista che si accinge alla creazione della musica e
come per magia nasce un nuovo canto. Ce lo spiega bene Claudio Gurra artista
estemporaneo che segue un ritmo fuori dagli schemi, sperimenta nuovi strumenti,
rinnova le forme musicali. Infatti, ama definirsi spirito libero e il suo nuovo
progetto musica Afonatonale ne è un esempio. L'ha intervistato per noi
Graziella Braghiroli.
In ogni tempo si incontrano musicisti altrettanto vivaci e talentuosi
come, per esempio, nel periodo della seconda metà dell’Ottocento: l'artista
sognava un'arte senza confini, in cui la poesia diventasse anche pittura e
musica. In questa interessante prospettiva Maria Grazia Conti ci fornisce
vicende e aneddoti su come la parola scritta abbia influenzato il grande
musicista Giuseppe Verdi. L'ideale di rivolta verso la convenzione si è evoluto
in una grande amicizia.
Amicizia e Amore sono sempre stati esaltati nella musica in generale ma
in particolare nella musica italiana. Stefano Buzzi ci offre un affresco della
canzone italiana, nella storia del Festival di Sanremo, come costruzione di
scenari idilliaci in cui ognuno può sognare l'amore e perché no progettare
situazioni nella prospettiva di un futuro migliore. Le emozioni suscitate dalla
canzone accomunano tutti e immaginare le famiglie raccolte intorno a una radio
per ascoltare le canzoni di Modugno, della Zanicchi e della Pizzi sono una
rappresentazione di quanto l'uomo abbia il desiderio di socializzare in nome
dell'amore. Come, appunto, il Natale musicale invita a fare.
Maria Rita Sanna
LA MIA VITA È MUSICA
Intervista a Claudio Gurra
Rapporto tra letteratura e musica
L'arte parte sempre dal cuore e tocca il cuore, ma per fare ciò richiede un linguaggio specifico e originale, che va conosciuto e padroneggiato dall'artista perché esso diventi veicolo di emozioni e sentimenti.
Al di là delle differenze, esistono però correlazioni profonde tra le diverse arti, come si è ben visto nell'età dell'Umanesimo e soprattutto del Rinascimento, periodi in cui uno stesso artista era capace di esprimere la propria creatività nella pittura, ma anche nella scultura, architettura e poesia.
Inizierà successivamente una specializzazione che segnerà la fine del genio trasversale e darà origine a una frammentazione del sapere e delle tecniche tipiche di ogni forma d'arte, che proseguiranno su strade autonome.
Mi piace però ricordare un movimento, la Scapigliatura, in cui avvenne una specie di osmosi tra pittura, musica e poesia: in esso l'artista sognava un'arte senza confini, in cui la poesia diventasse anche pittura e musica.
Prima di soffermarmi sul rapporto tra musica e letteratura vorrei però dare alcune delucidazioni su tale movimento, nato a Milano nel 1863. Il nome Scapigliatura fu dato da Cletto Arrighi, pseudonimo di Carlo Righetti nel romanzo La Scapigliatura e il 6 febbraio. Un dramma di famiglia, dedicato a una rivolta mazziniana avvenuta a Milano nel 1853. In esso si precisa che il termine indica la rivolta dei giovani d'ingegno contro tutti gli ordini stabiliti. La parola è l'equivalente del francese bohémien. Gli scapigliati sono i primi ad avvertire il disagio della caduta dell'aureola del poeta tradizionale e la nuova condizione di emarginazione o addirittura d'inutilità della letteratura.
Non accettando il manzonismo dominante e rifiutandone sia le soluzioni linguistiche sia gli atteggiamenti paternalistici e pedagogici, gli scapigliati optano invece per soluzioni linguistiche sperimentali, espressionistiche, capaci di legare insieme musica e pittura.
Ricordiamo tra i più autorevoli esponenti i fratelli Arrigo e Camillo Boito, Iginio Ugo Tarchetti, Carlo Dossi e, in Piemonte, Emilio Camerana.
Il letterato più appassionato di musica e impegnato a fare sentire l'impronta di una musica diversa, influenzata anche dalle innovatrici idee letterarie della Scapigliatura sarà Arrigo Boito (Milano 1842-1918).
Boito è poeta, narratore e musicista: nota è la favola di Re Orso e ancora più famosi i racconti, che anticipano il gusto horror e noir.
In questa poliedricità di interessi si nasconde il suo amore per la ricerca di un'arte organica, capace di unire in un'espressione unitaria le singole peculiarità.
Non tutti sanno del suo sodalizio artistico e umano con Giuseppe Verdi, iniziato nel 1880, che permise al grande musicista di aggiungere tre aurei tasselli alla storia della musica e della cultura: il rifacimento di Simon Boccanegra, Otello e Falstaff.
Non correva buon sangue tra i due artisti prima che iniziasse la loro collaborazione. Nel periodo in cui era uno scapigliato militante, Boito aveva offeso Verdi: in un'ode goliardica lo accusava di aver imbrattato con le sue opere l'altare dell'arte. Il riavvicinamento, complice l'astutissima Peppina, Giuseppina Streppoli, seconda moglie di Verdi, avvenne quando Ricordi propose a Verdi di musicare Otello. L'editore disse chiaro e tondo a Verdi che non vi era in Italia un letterato che conoscesse Shakespeare come Boito. E Boito, che nel frattempo era passato dal disprezzo alla stima sconfinata per Verdi, accantonò la partitura della sua seconda opera Nerone, pur di servire il Maestro nel modo migliore, diventandone il librettista.
Ma anche Falstaff, se esiste, lo dobbiamo ad Arrigo Boito: egli era convinto che Verdi, nonostante stesse per raggiungere gli ottant'anni, potesse ancora creare una partitura scintillante. Esiste un carteggio interessantissimo, pubblicato dall'Istituto Nazionale degli Studi Verdiani nel 2015, da cui si vede come l'influenza di Boito su Verdi abbia prodotto un capolavoro.
Il Falstaff di Verdi nacque il 9 febbraio 1893 alla Scala. Tra il pubblico, molto elitario, anche Puccini e Mascagni, letteralmente increduli dinanzi a un tale prodigio musicale. Questa commedia lirica entusiasmò anche musicisti di formazione tedesca come Richard Strauss, il quale scrisse a Verdi: «Il Falstaff ha suscitato in me una tale rivoluzione dello spirito e del sentimento, che con pieno diritto posso datare da questo momento un'epoca nuova della mia vita artistica.»
Tale prodigio musicale si può quindi ben capire se si osserva più da vicino la poetica di Boito, che pur non ben definita, rivendica un ruolo importante alla musica.
L'interesse per la musica vale anche agli altri artisti della Scapigliatura Milanese, tutti accomunati più dal rifiuto di determinate regole del perbenismo borghese e della tradizione letteraria che impegnati nella definizione di una poetica nuova; ma in nessun altro la musica raggiunse potenza ed efficacia paragonabili all'arte di Boito.
E no, non state leggendo questo pezzo con un mese di ritardo, anzi, a volerla dire tutta, siete addirittura quasi in anticipo: siamo infatti alle porte della settimana più bella e più magica per tutti gli amanti della musica italiana e in particolare del Festival di Sanremo.
Ebbene sì, ci siamo! Sanremo 2023 sta per cominciare.
Come dite? State pensando che paragonare Sanremo a Natale sia un po’ troppo esagerato? Forse sì, lo ammetto. O forse no.
Da più di settant'anni il Festival catalizza la nostra attenzione e ci fa vivere una settimana da favola. Certo, per respirarne la magia bisogna essere amanti della musica, dello spettacolo, della televisione, della cultura, della moda, delle storie e chi più ne ha più ne metta... Insomma, bisogna essere innamorati della kermesse musicale più importante dell'anno.
Un evento che da sempre sforna canzoni che poi diventano la colonna sonora delle nostre vite e del racconto del nostro paese. Un evento che va di pari passo con la storia della nostra amata Italia e che ne evidenzia il costume e la società con tutti i suoi pregi e i suoi difetti.
Pensateci bene. Siamo partiti nel 1951 con Grazie dei fiori cantata da Nilla Pizzi e siamo finiti lo scorso anno con Brividi cantata da Mahmood e Blanco, passando per Vola colomba, Nel blu dipinto di blu, Zingara, Adesso tu, Occidentali’s Karma e Soldi, solo per citare qualche titolo delle canzoni che hanno vinto. Titoli che messi uno in fila all'altro segnano un percorso, una evoluzione della musica che va a braccetto coi tempi che cambiano e che passano.
E qual è l'unico comune denominatore? Qual è la costante che tiene insieme un Gino Latilla che canta della bellezza di tutte le mamme del mondo con i Maneskin che invece riversano tutta la loro rabbia verso la gente che parla senza sapere di che ca… Diavolo parla?
Il Natale della musica italiana.
Sul palco dell’Ariston - e su quello del Casinò di Sanremo per le prime edizioni - è sempre andata in scena la rappresentazione della nostra società. Idee, tendenze, rappresaglie, rivoluzioni culturali, messaggi politicizzati e, soprattutto, per fortuna, musica e canzoni.
Se la canzone italiana è arrivata a toccare ogni angolo del mondo è anche merito del Festival, di quello che è stato negli anni cinquanta e sessanta. A me affascina e suggestiona immaginare le famiglie raccolte intorno a una radio per ascoltare le canzoni di Modugno, della Zanicchi e della Pizzi; trovo sia un affresco meraviglioso di ciò che è stato il nostro bel paese.
Che poi è un po’ quello che succede anche oggi: chi di voi, amanti del Festival, non crea gruppi d'ascolto davanti alla TV almeno per la serata finale? In questo periodo dell'anno, per me, le parole che suonano meglio - messe una vicina all’altra - sono: pizza, birra e Sanremo.
Sembra o non sembra una serata bella come la vigilia di Natale?
Se invece ancora siete titubanti, se ancora non riuscite a vestire con la fantasia Amadeus da Babbo Natale, il mio consiglio è quello di prendervi qualche giorno di vacanza e andare a toccare con mano la Festa. Sì, con la effe maiuscola.
Siete mai stati a Sanremo durante la settimana del Festival?
Prendete il carnevale di Rio, le luci di Las Vegas, la magia natalizia di New York e mettetele insieme. Mischiate, salate a vostro piacimento e ancora non avrete raggiunto la realtà che si respira per le strada della cittadina ligure.
Le poche centinaia di metri che uniscono Piazza Colombo all'Ariston sembrano davvero il centro del mondo. Sembra di essere in una bolla, una di quelle che quando la giri cade la neve. Basta sostituire i fiocchi con i coriandoli e l'effetto è quello.
Si cammina lasciandosi trascinare dall'euforia della gente. Tutto quello che succede nel mondo si mette in pausa, anzi, tutto quello che accade nella vita di ognuna di quelle persone che vogliono essere parte della festa si prende un momento di tregua.
E parlo della gente comune, di noi. Di noi che sgomitiamo per riuscire a vedere un cantante da vicino, oppure che esultiamo per una performance seguita in diretta in uno dei tanti maxischermi, o ancora che aspettiamo per ore, mangiando sublimi tranci di focaccia, di ascoltare i nostri idoli durante una delle tante interviste che fanno per radio e televisioni dislocate in ogni angolo della città.
E poi, scusate, non dimenticate che a contorno di tutto questo circo c'è anche il mare.
Viste le temperature già gradevoli a febbraio non potrei certo paragonare Sanremo alla Lapponia, ma al paese dei balocchi sì, eccome.
Dunque non ci resta che metterci comodi e sentirci come in avvento.
Io per sicurezza ho scritto anche la letterina: caro Ama Natale, portaci tante belle canzoni da ricordare per tutta la vita.
The end
Grazie Stefania nei tuoi laboratori è sempre un piacere confrontarsi con nuove sfide, imparare nuove cose e crescere nel nome della scrittura.
RispondiEliminaMaria Rita Sanna
Molto bella anche questa rivista "musicale", complimenti a redattori e a Maria Rita per gli interessi articoli 👏👏
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