Volevo solo avere più tempo

Volevo solo avere più tempo
Il nuovo romanzo di Stefania Convalle

mercoledì 27 maggio 2020

Numero 335 - Per la Rubrica "Parlo di me": Fortunata Barilaro - 27 Maggio 2020



Potrei iniziare parafrasando De Gregori: "Nata, sono nata nell’Africa d’Italia. In qualche posto e in qualche modo sono pure cresciuta…"
Potrei raccontare che la cicogna mi consegnò in una scatola per le scarpe, in un paese tra le Serre della Calabria, nel punto più stretto d’Italia. Forse stava volando tra Tirreno e Jonio e, a causa della tormenta di neve, mi lasciò cadere in quella che sarebbe stata la mia casa. In un paese che si chiama Sorianello, dove le case sono talmente arroccate l’una all’altra, da sembrare che si abbraccino.
Nella mia infanzia ci sono ginocchia sbucciate sui sassi neri che lastricavano la mia via, o ruga, come viene definita nel mio dialetto. Profumo di stoffe e il ticchettio della macchina da cucire di mia madre. C’era la mia stanza, in cui mi rifugiavo sempre con un gatto al mio fianco, che nascondevo di notte tra le coperte affinché mia madre non lo scoprisse. A primavera le fresie che crescevano sul mio balcone, inondavano di fragranza la strada. D’inverno c’era il silenzio della neve o il frastuono dei temporali. In autunno le castagne da tirare fuori dai ricci, che pungevano le dita e davano il gusto della conquista di quel prezioso frutto.
Ci sono i libri… Il primo che mi venne regalato da mia madre, quando ancora seguivo il rigo con il dito, "Il corsaro nero". C'è stata la scoperta della scrittura, nei componimenti in classe che la mia maestra leggeva e che portava con orgoglio anche agli altri insegnanti, affinché sapessero della sua alunna.
C'è l’adolescenza e la voglia di evadere. Il sogno della grande città che per me è stata Roma.
L'università, che si affacciava sulla splendida piazza Esedra; la musica di Baglioni, che suonava dallo stereo della macchina del mio amico Damiano, mentre percorrevamo le vie storiche nelle notti romane.
Ci sono i pub a San Lorenzo, le manifestazioni di piazza e la voglia di cambiare e conquistare il mondo.
Eventi della storia che rimangono indelebili dentro me. Il giorno in cui venne scarcerato Nelson Mandela, l’urlo di gioia e le lacrime che non riuscivo a trattenere. I colpi di piccone sul muro di Berlino. Gli studenti di piazza Tienanmen, a mani nude, davanti ai carri armati…

Poi, la decisione della mia vita. Fare l’infermiera. Appuntarsi la Croce Rossa, sul petto e nel cuore.
Letti candidi di ospedali. Pigiami che, come sudari, avvolgono corpi violati dalla malattia. Occhi, tanti occhi che incroci, sfiori, catturi, tra dolore, speranza e paura. La voglia di scappare perché non puoi, razionalmente, credere di voler vivere in tutto questo.
Poi uno sguardo tra gli altri, quello di un ragazzo, Vittorio, che non potrai mai più dimenticare, mentre la sua vita scorre verso un abisso di angoscia e sembra volere fuggire lontana.
Abbracciami, ti prego, mi disse in quel giorno che segnò la mia vita. Non lasciarmi solo. Ho paura…
E io abbracciai quelle spalle scarne, accarezzai quella pelle sottile, mentre un chirurgo infilava un ago tra le sue vertebre. Tenni la sua mano, quando tutto finì, sino a che il sonno non gli regalò un po’ di oblio.
Quel giorno compresi cosa volesse dire essere un’infermiera. Quel giorno decisi che quella sarebbe stata la mia vita.

Tutto questo peregrinare, senza mai smettere di leggere e scrivere. Racconti, che nessuno avrebbe letto, ma che riempivano i vuoti e le giornate, tra un esame e l’altro, tra un turno e l’altro.
L’uomo al mio fianco, che mi accompagnerà per quasi trent’anni che mi ripeteva: "Ma perché non scrivi un romanzo?" 
E la mia risposta di sempre: "Perché non ne sono capace."

Poi tutto tace. La sua voce scompare in un addio che non voglio accettare e ritorna come un sussurro a riempire il silenzio. Ma perché non scrivi un romanzo?

Così nasce il mio primo romanzo "La casa sulla scogliera". Inviato, come coriandoli che si lanciano in aria e che sai che il loro destino sarà quello di cadere per terra, a vari editori.
Mentre faccio la notte in ospedale, mi arriva il messaggio di Stefania Convalle
Penso che sarà, ancora una volta, un’illusione che si frantumerà per terra, come le altre. 
Chi è quella donna? Quando le ho inviato il romanzo? Quanto mi chiederà per la pubblicazione?
Questi i dubbi. 
Sino al giorno che io e lei ci incontriamo e scopro che non chiede soldi, che il romanzo le piace, che lo vuole pubblicare. Urlo di gioia, saltello, e mi faccio un grappino brindando a me e mio marito.
L’avventura inizia così a fine 2018, e nel 2019 le invio il mio secondo romanzo, Là dove finisce il fiume, aspettando il suo rifiuto. 
Miracolo! Le piace anche questo!
Pubblicato appena in tempo, per andare alla Fiera dell’Editoria a Roma.
E ancora, il sogno continua…

Fortunata Barilaro


§§§

E ora la parola all'editrice

Fortunata mi è piaciuta fin dal primo momento.
Una donna di quelle vere, spontanee, solide nei sentimenti, capace di amare l'essere umano e gli amici pelosi; d'altronde, il lavoro che ha scelto lo dimostra.
È arrivata a Edizioni Convalle per caso: ma esiste il Caso?
Come sapete, per me non esiste. Credo sia stato il Destino a guidarla sulla mia strada. 
Ricordo che avevo affidato il suo manoscritto per la prima lettura a Tiziana Mazza, che è tra le persone che mi aiutano a fare una prima scrematura tra le opere che vengono proposte a Edizioni Convalle; lei l'aveva letto tutto e me ne aveva  parlato con entusiasmo, relativamente alla storia narrata. E così "La casa sulla scogliera" è arrivato nelle mie mani e dopo averlo letto, ho deciso di pubblicarlo senza se e senza ma perché Fortunata ha la capacità di trascinarti dentro le storie che racconta ed emozionarti: quello che cerco io.


Prima opera, primi risultati eccellenti! I suoi romanzi sono tra le opere più vendute di Edizioni Convalle. 

Dopo un po' Fortunata mi ha proposto, tra mille titubanze e dicendomi, te lo mando ma se fa schifo, cestinalo, mah, boh, chissà :-D, un nuovo manoscritto.
Quando ho terminato di leggere il secondo romanzo, che poi è stato pubblicato, ricordo di averle fatto un vocale WhatsApp di venti minuti (!) per esprimerle tutte le emozioni provate, volevo che sentisse dalla mia voce l'effetto di quella storia che mi aveva profondamente commossa. 
E così nacque anche lui.


Poi è arrivato il gran giorno in cui avrei potuto abbracciare dal vivo Fortunata: alla Fiera "Più libri più liberi" di Roma, a dicembre 2019.
Beh, che dire... 
Abbracciare Fortunata è stata una di quelle emozioni che ti dicono, ué, ma dove sei stata fino ad ora? Ci siamo conosciute in un'altra vita? (Sapete che credo a queste cose)
Ho sentito il suo cuore. Punto. E con questo, ho detto tutto.
Ho visto quanto è amata dalle persone che sono entrate nella sua vita. Lo stand di Edizioni Convalle, quando c'è stata Fortunata, è diventato una festa, mezza Roma era venuta a trovarla, a salutarla, ad acquistare i suoi libri. 
Insomma: un assembramento coi fiocchi :-D Adesso ci farebbero la multa! :-D

A parte gli scherzi, conoscere Fortunata di persona è stato uno dei momenti più belli di Roma, quelli che ricorderò per sempre con piacere.
Lei è bella. Lei è vera. Lei è coi piedi per terra, anche se vola lo stesso: straordinario equilibrio. Piedi radicati al suolo per non perdere il contatto con la realtà, braccia protese verso il cielo per far volare i sogni.
Ecco: Fortunata è così.


Alla prossima
dalla vostra
Stefania Convalle


2 commenti:

  1. Complimenti bravissima sei una donna forte e combattiva ai superato i tuoi piu grandi ostacoli della vita ai raggiunto il tuo traguardo una scrittrice complimenti ����

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  2. Una donna straodinaria che ha il potere di commuovermi non solo con i suoi libri, ma anche con la sua grande umiltà. Un ritratto che le calza a pennello e come dice l'editrice, ti sembra di conoscerla da sempre. Entra nel cuore.

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