Eccoci di nuovo con i racconti del GRUPPO A, SECONDA PROVA DELLA FASE 1.
I concorrenti dovevano
scrivere un racconto ispirandosi ai versi del Poeta Pedro Salinas:
Non ho bisogno di tempo
per sapere come sei:
conoscersi è luce improvvisa.
Vi ricordo la modalità di voto:
- dovrete scrivere in un commento a questo numero del blog le
vostre TRE preferenze, cioè i tre racconti che vi saranno piaciuti di
più, scrivendo il titolo (così non faccio confusione quando andrò a contare i
voti). Se volete, potete anche scrivere la motivazione per la quale scegliete
proprio quei tre.
- nel commento dovrete mettere anche il vostro nome e cognome, perché
la votazioni anonime non sono accettate. Se non riuscite a votare nel blog, potete inviare una mail a steficonvalle@gmail.com con i vostri voti.
- potrete votare fino a mercoledì 5 marzo, ore 20.
Al termine della votazione, i tre racconti più votati riceveranno un
bonus (al 1° 9 voti, al 2° 6 e al 3° 3). Questi voti derivanti dal bonus
andranno a sommarsi a quelli espressi dalla giuria tecnica, modificando la
classifica provvisoria prodotta dalla prima prova di questa fase del Torneo.
Vediamo chi sono i concorrenti del GRUPPO A, coloro che hanno scritto i
racconti di questo numero del Blog.
Li scrivo in ordine alfabetico, perché
questi racconti li giudicherete senza sapere a chi appartengono, cosa che
sarà svelata nella diretta di giovedì 6 Marzo, a votazione conclusa.
Si ricorda che è vietato per l'autore dichiarare la paternità del testo fino a votazione conclusa. NESSUNO deve sapere chi ha scritto i racconti, al fine di avere una votazione non condizionata da simpatie di vario genere.
Vi ricordo anche che i racconti vengono da me postati nel blog senza il
mio intervento, cioè così come mi sono arrivati. Non correggo niente
perché nella valutazione dei testi, anche la forma e l'uso corretto della
lingua italiana devono avere un peso.
GRUPPO A
Ilaria
Alesina
Valentina Ciocca
Maria Grazia Conti
Antonella Malvestiti
Alessandra Nobile
Luca Togni
Emanuela Tomiato
Laura Scartabelli
Carmine Scavello
§§§
Prima di terminare questo numero, vi dico anche com'è andata la prima
prova per il GRUPPO B e qual è la classifica PROVVISORIA per
quanto li riguarda.
Classifica provvisoria GRUPPO B – FASE 1 – Dopo la prima prova, data
dalla somma dei voti della Giuria tecnica + i tre bonus ai tre racconti più
votati dal pubblico: al primo bonus di 9; al secondo bonus di 6; al terzo bonus
di 3.
Arianna Desogus 54
Tatiana Vanini 50
Giovanna Agata Lucenti 48
Linda Silvia Scarpenti 47
Sandra Morara 43
Stefano Buzzi 41
Camilla Terso 41
Maura Hary 40
Cesare Sordi 31
In bocca al lupo a tutti i coraggiosi concorrenti e buona votazione a
tutti voi che ci seguite!
ELABORATO UNO
FRANCESCO E MARIA, DUE VITE CONVERGENTI.
Francesco andava spesso a
cacciare uccellini per spirito di gruppo. Il luogo prescelto era una discarica
all’aperto, dove la gente buttava la poca spazzatura prodotta, perché i negozianti
vendevano merce sfusa e il cliente usava il proprio contenitore. Incendi dolosi
e la pioggia facevano il resto, inquinando i torrenti.
Nei pressi della discarica abitava una ragazza, di nome Maria. Francesco e Maria avevano notato con interesse la rispettiva presenza. Francesco cacciava prede vive col vischio, gli amici, invece, le uccidevano con trappole metalliche. Maria trascorreva il tempo ricamando il corredo da sposa, mentre osservava i ragazzi che cacciavano. Notava che Francesco era diverso dal gruppo. Cacciava uccellini vivi per osservarli da vicino e, poi, li liberava. Solo un ragazzo umano e sensibile come lui poteva far questo!
Intanto si accese la scintilla, mentre Cupido architettava il piano ideale come farli incontrare. Francesco catturò un pettirosso vivo e lo portò a Maria per rompere il ghiaccio. Maria l’accettò, ma lo fulminò con gli occhi: non aveva gradito che Francesco gli avesse tolto la libertà. Francesco lesse il disappunto e lo liberò; poi, subito si recò nel campo vicino e raccolse un mazzetto di papaveri rossi, ma di un rosso color passione, e le disse: non ho rose o orchidee e posso darti solo questi fiori di campo! Maria di rimando gli disse: capiti proprio a fagiolo; è un Angelo che ti manda!
Lo prese per mano e lo condusse al suo telaio: gli mostrò che stava ricamando proprio papaveri rossi su un lenzuolo matrimoniale del suo corredo nuziale.
Maria, per consuetudine, ricamò molto presto lenzuola, cuscini e tovaglie; li comperava la mamma ogni tanto per diluire nel tempo la spesa del corredo. Quell’incontro fu il primo di una lunga serie. I due giovani si capivano al volo, leggendo negli occhi i rispettivi pensieri: erano fatti l’una per l’altro.
Fu amore a prima vista, che culminò nel matrimonio. Il primo incontro restò impresso nella memoria: furono fissati il gesto di Francesco di liberare il pettirosso, di Maria che gradì i papaveri e gli stessi riprodotti sul lenzuolo, come segno del destino.
La prima notte di nozze Maria arredò il letto matrimoniale proprio col lenzuolo che stava ricamando nel giorno del loro primo incontro; chiamò Francesco e gli disse: vedi qualcosa che ti colpisce? Francesco, come per magia o per sesto senso, puntò gli occhi sul lenzuolo e rispose: Grazie, amore mio!
Nei pressi della discarica abitava una ragazza, di nome Maria. Francesco e Maria avevano notato con interesse la rispettiva presenza. Francesco cacciava prede vive col vischio, gli amici, invece, le uccidevano con trappole metalliche. Maria trascorreva il tempo ricamando il corredo da sposa, mentre osservava i ragazzi che cacciavano. Notava che Francesco era diverso dal gruppo. Cacciava uccellini vivi per osservarli da vicino e, poi, li liberava. Solo un ragazzo umano e sensibile come lui poteva far questo!
Intanto si accese la scintilla, mentre Cupido architettava il piano ideale come farli incontrare. Francesco catturò un pettirosso vivo e lo portò a Maria per rompere il ghiaccio. Maria l’accettò, ma lo fulminò con gli occhi: non aveva gradito che Francesco gli avesse tolto la libertà. Francesco lesse il disappunto e lo liberò; poi, subito si recò nel campo vicino e raccolse un mazzetto di papaveri rossi, ma di un rosso color passione, e le disse: non ho rose o orchidee e posso darti solo questi fiori di campo! Maria di rimando gli disse: capiti proprio a fagiolo; è un Angelo che ti manda!
Lo prese per mano e lo condusse al suo telaio: gli mostrò che stava ricamando proprio papaveri rossi su un lenzuolo matrimoniale del suo corredo nuziale.
Maria, per consuetudine, ricamò molto presto lenzuola, cuscini e tovaglie; li comperava la mamma ogni tanto per diluire nel tempo la spesa del corredo. Quell’incontro fu il primo di una lunga serie. I due giovani si capivano al volo, leggendo negli occhi i rispettivi pensieri: erano fatti l’una per l’altro.
Fu amore a prima vista, che culminò nel matrimonio. Il primo incontro restò impresso nella memoria: furono fissati il gesto di Francesco di liberare il pettirosso, di Maria che gradì i papaveri e gli stessi riprodotti sul lenzuolo, come segno del destino.
La prima notte di nozze Maria arredò il letto matrimoniale proprio col lenzuolo che stava ricamando nel giorno del loro primo incontro; chiamò Francesco e gli disse: vedi qualcosa che ti colpisce? Francesco, come per magia o per sesto senso, puntò gli occhi sul lenzuolo e rispose: Grazie, amore mio!
ELABORATO DUE
STANZA ZERO
Tutto era
cominciato con uno sguardo e un abbraccio appassionato.
Un profumo
gradevole l’avvolgeva mentre ballava con lui.
Lo sentiva sui
vestiti, sul collo, sulle mani.
Entrava nella sala
e avvertiva i suoi occhi addosso.
Teneva lo sguardo
dritto davanti a sé con ostentata sicurezza. Si sedeva in un angolo, in seconda
fila e aspettava.
Di lì a poco, lui
l'avrebbe invitata a ballare.
Uno sguardo
ammiccante, una mano tesa, una scia di profumo, poi il calore del corpo che
l'avvolgeva. Parole sussurrate all’orecchio a cui lei non rispondeva.
Quel contatto
parlava di sensi e lasciava spazio alla fantasia.
Era combattuta,
avrebbe voluto dargli il numero di telefono.
Dov’era finita la
donna che non guardava nessun uomo, che obbediva ai desideri del marito e si
preoccupava solo di creare una
scenografia di falsa felicità?
Si stava perdendo
o ritrovando?
Per la prima
volta, si sentiva padrona di sé stessa: una sensazione inebriante.
Cominciarono a
incontrarsi, piuttosto regolarmente e senza molto preavviso, sempre a casa di
lei.
Tutto si consumava
nella sua camera dove aveva trascorso le notti da oltre vent’anni.
Notti di
sottomissione, di sesso non voluto. Notti in solitudine, con gli occhi che
restavano a lungo aperti a guardare un punto fisso nel buio.
Con lui era tutto
nuovo: si sentiva illuminata.
Le sue mani le
facevano conoscere il proprio corpo e le sensazioni che le procurava.
Si lasciava
spogliare. Il tocco di lui sulla pelle era delicato mentre le toglieva la biancheria
e le mani scorrevano delicate.
Gli era davanti
senza timore di essere giudicata: bella o brutta, con tutti i suoi difetti che
per tanto tempo aveva cercato di nascondere.
Chiudeva gli occhi
e lasciava fare.
Sanciva un patto
con se stessa: scrivere un nuovo capitolo della sua vita, senza imposizioni.
Per la prima volta si sentiva una donna libera.
Sapeva che non
poteva chiedere un sentimento profondo. Non lo voleva neanche lei.
Andava bene così.
Il loro era un
amore imperfetto. Un amore monco, in una vita spezzata da tempo.
Tutto finiva con
un saluto fugace, un bacio sulla guancia , un ciao, amore leggero e scherzoso.
Poi ognuno per la
propria strada.
Chiudeva la porta.
Rimaneva sola, come prima.
Un bel respiro e
ogni cosa ritornava al suo solito posto.
Ricominciare: ci
stava provando.
Non ci sarebbe
stato nessun futuro per loro, ma per lei sì.
Quella stanza
aveva il numero zero.
Un numero
perfetto.
§§§
ELABORATO TRE
INSIEME, OLTRE IL TEMPO
Sono qui.
Sono davanti a te, come ogni giorno
anche oggi sono qui.
Ieri Costantino aveva appoggiato
una rosa bianca sul marmo.
Oggi quel fiore ha aperto i suoi
petali alla rugiada della notte e mille goccioline hanno riempito la corolla.
«Vedi, angelo mio, la vita va
avanti» dice l’uomo mentre accarezza il fiore, con la voce incrinata. Il dolore
muto sta lacerando il suo cuore che si sfalda piano piano.
«Tu non ci sei e il sole sorge
ancora; tu non ci sei e la vita scorre ancora; tu non ci sei e la luce del sole
splende ancora.»
Costantino va a sedersi nella
panchina posta proprio davanti. E aspetta.
Gli attimi scorrono, le campane
suonano le ore, l’orologio scandisce il tempo.
Ma il cuore di Costantino aspetta
solo il momento in cui potrà riunirsi con il suo angelo che si chiamava Alba.
Si erano conosciuti da ragazzi e, nel
giro di pochissimo tempo, si erano sposati; avevano capito subito di essere
fatti l’uno per l’altra. L’amore aveva fatto breccia nei loro cuori che avevano
la stessa chiave e la stessa luce. Questa sintonia li aveva sorpresi perché avevano
uguale pensare e uguale sentire; capitava che in molte occasioni il loro
sguardo si incontrasse e ne restavano stupiti per la medesima reazione. Un
sorriso o una carezza coronava la loro empatia.
A dispetto del mondo, erano le due
parti perfette di una mela.
Alba era volata via da pochi
giorni, troppo in fretta, in una notte di primavera.
Costantino va a trovarla nella sua
nuova casa, le porta una rosa bianca, il suo fiore preferito. Anche oggi lui è
presente, seduto là vicino a lei si sente bene.
Lo sguardo non corre intorno, è
fisso sulla foto della moglie; ogni tanto le manda un bacio.
«Che bella che sei, Alba, così
piena di luce! Sei venuta a prendermi? Eccomi, cara, dammi la mano.»
Allunga il braccio, mostra un lieve
sorriso, abbassa le palpebre, china la testa.
Uniti per sempre, in vita e oltre.
Insieme oltre il tempo.
Questa volta non ce la farò a scrivere il racconto per il laboratorio di
scrittura. Non c’è musica o immagine che riesca a ispirarmi una storia sensata.
Ammesso che le storie ce l’abbiano, un senso.
Qual è stato, per esempio, quello della nostra? Uscendo di casa per non
ritornare, mi hai urlato: Mi hai rotto le palle da una vita!
Da una vita. Espressione di un disagio conclamato eppure ignorato a un punto
tale da farlo diventare insopportabile.
Perché siamo arrivati a questa dolorosa frattura? Forse la motivazione è
da ricercare nel fatto che ci siamo affidati al tempo affinché ci aiutasse a
capirci. Ma il tempo, da solo, non aiuta mai nessuno a conoscersi davvero.
Mentre aspetto l’ispirazione per il racconto, mi affaccio alla finestra e
vedo un’immagine bellissima. Una coppia di anziani che si appoggiano l’uno
all’altra e ridono come due ragazzini.
Allora scendo di corsa le scale, con il cuore in tumulto e le lacrime
agli occhi. Li raggiungo, quasi bloccandogli la strada.
«Hai bisogno di qualcosa?» mi dice il vecchietto sorridendo.
«No. Volevo solo guardarvi.»
La signora mi scruta dubbiosa, forse pensando che io sia una squilibrata.
Il marito, invece, continua a sorridere e mi invita a sedere con loro sulla
panchina poco distante da lì. Allora mi sento autorizzata a continuare la
conversazione.
«Vi ho visto dalla finestra e mi sono domandata come si fa, alla vostra
età, ad avere ancora tanta voglia di ridere insieme.»
«Perché c’è qualcosa che ci ha sempre tenuto vicini.»
«Ah, ho capito. Una cosa tipo: in salute e in malattia, in ricchezza e in
povertà…»
L’uomo non sorride più.
«Non scherzare. Io intendo qualcosa di diverso. Come una specie di filo nascosto
che non ci ha mai fatto perdere, anche in situazioni difficili. E ti assicuro
che ne abbiamo avute molte.»
«Lei non ha mai pensato di andarsene di casa durante quei momenti
pesanti?»
«Oh, sì. L’ho pensato tante volte.»
«E perché non l’ha fatto mai?»
«Perché dopo ogni litigata parlavamo tanto. A volte a nottate intere. Il
tempo deve trovare le parole giuste, altrimenti diventa sterile e, di sicuro,
non minimizza le incomprensioni. Anzi, le amplifica.»
È vero, noi abbiamo lasciato al tempo il libero arbitrio di decidere
della nostra vita. Tu sei andato via e io non so più come trovare il capo di
quel filo aggrovigliato in parole non dette.
§§§
ELABORATO CINQUE
UN'INATTESA AVVENTURA
Fin da ragazzo mi era sempre piaciuto sciare, ma mai come allora avvertivo
la bellezza della velocità in un paesaggio scintillante di neve. La luce che
dava sfumature diverse ai crinali delle montagne mi comunicava un’idea di
infinito che mi dilatava il cuore: e poi c’era quella figurina azzurra, sinuosa
e leggera che mi attraeva. Non era la prima volta che la vedevo e talora ero
riuscito anche ad avvicinarmi a lei. Per brevi attimi le avevo intravisto il
viso, di una celestiale bellezza. Avevo
cercato più volte di catturare i suoi lineamenti, ma la rapidità con cui si
svolgevano le discese m’impediva di assaporarli per più di qualche istante.
E lei continuava a scendere, delicata e leggera. Più che una sciatrice si
sarebbe detta una farfalla o una libellula. Guardandola, mi sentivo anch’io
leggero e migliore. Mi sembrava che la mia anima fosse un tutt’uno con quella
della misteriosa ragazza. Solo vedere la sconosciuta condividere la pista in
cui mi muovevo mi rendeva ottimista e mi metteva le ali. Lingua mortal non dice
ciò ch’io sentiva in seno!
Anche se in un contesto diverso, era evidente che il Leopardi aveva già espresso
in modo mirabile quello che succedeva a me in quel momento.
Soprattutto però mi affioravano alla memoria echi della visione
stilnovistica dell’amore, teorizzata da Dante, che da studente non avevo mai
compreso, anzi avevo quasi compatito, capendo solo allora quanta verità vi
fosse riposta.
Il solo scorgere da lontano la silhouette celeste della donna verso cui
anelavo era l’epifania che mi sollevava dalla mia condizione umana per farmi
cogliere la bontà e la bellezza della vita, della natura, del tutto. Com’era
possibile provare un sentimento simile senza averle nemmeno mai rivolto parola?
Era un mistero, ma anche un miracolo. Nella mente sostituivo i versi di Dante
con parole nuove che mi affluivano dal cuore e mi davano la voglia di elevare
lo spirito. Era il filo invisibile di una forza magnetica che mi attirava verso
di lei.
Lei era e sarebbe stata la donna del mio cuore. Un’esplosione di
indefiniti sentimenti di purezza e di stupita meraviglia mi faceva avvertire
l’unicità di quella creatura. Nulla aveva mai suscitato in me un simile
effetto. Quella dolcezza, che si
traduceva in un soffio, era un’energia che mi ricreava e mi faceva capire di
aver finalmente trovato la donna in cui la mia anima si sarebbe completata.
§§§
ELBORATO SEI
L'UNIVERSITÀ
Sua mamma lo trovava un fighetto, troppo gentile, un
paraculo insomma.
A lei era parso a modo, sì, ma a volte anche
distante, come se avesse una qualche ombra che lo portasse via, travolto da
mareggiate impreviste.
Matteo studiava medicina e la cugina di lei, che lo
conosceva da anni, glielo raccomandava sempre, «che quel ragazzo c'ha i
segreti belli».
Si vedevano in compagnia, un giro alla Lanterna, due
passi in centro. A fine serata invocavano, come in un rito, il mare calmo: era
un gioco. Quasi per tutti.
Di Matteo la inquietava quel velo di tristezza che da
mesi lo faceva estraniare, ma le sue mani...Le sue mani lunghe secondo lei
sapevano toccare.
Il giorno in cui se lo era trovato in università si
erano trattenuti al bar. Matteo l'aveva guardata negli occhi, indi,
accarezzandole le dita, le aveva detto: «Mi piacerebbe andare via, dopo
laureato, in un posto pieno di sole. Oggi non ho tempo di spiegarti, devo andare».
«Uomo del mistero, sai, così non va
bene.»
«Se ti va fidati e vieni con me. Ce l'hai
qualche ora?»
Al porto tirava un forte vento ma erano salpati
comunque: lui, lei, gli altri coi giubbotti arancioni.
Dopo qualche ora, avevano ricevuto la segnalazione di
persone che si trovavano in difficoltà, in acque non si ricordava come, se
nazionali, internazionali, straniere; a lei parevano acque tutte uguali per
gente che nemmeno sapeva stare a galla.
Più tardi lo aveva aiutato a far salire bambini, e bambini;
donne e uomini e bambini, e ancora bambini dentro pance gonfie: i vecchi
rimanevano a casa.
Il ragazzo quasi annegato rigurgitò infide acque
sotto colpi al torace che, per una volta, non gli volevano fare male. «Per il rotto della cuffia,» aveva gorgogliato Matteo mentre
piangeva, rideva, tratteneva il vomito «loro se l'erano
scordata», e aveva guardato verso i tre sacchi allungati sul ponte. Il
mare era mosso, mosso da morirci.
Sull'assito i pianti striduli si mischiavano agli
schiaffi del mare contro le fiancate, ai sommessi mugugni delle madri, e gli
scampati s'aggrumavano dandosi maggior forza.
Lei pensò a suo padre che li avrebbe affondati tutti
a vista. Se fosse stato lì avrebbe teso la mano, altro che affondarli, che la
cattiveria spesso è vile, colpisce solo da lontano. Poi aiutò Matteo con la
cerniera bloccata di uno dei tre sacchi, riuscirono a chiuderlo, tolsero le
mani.
Matteo a sua mamma pareva un fighetto.
§§§
ELABORATO SETTE
AMORE A SENSO UNICO
La prima volta che la vidi era seduta sulla spiaggia, lo sguardo perso in
lontananza verso un orizzonte che incoraggiava a credere nel futuro.
In quell’istante pensai che il mio, di futuro, era lì ad aspettarmi.
Una visione bionda aveva catturato la mia attenzione.
Percepii una vaga sensazione di confusione e meraviglia farsi strada nella mente e scendere verso lo stomaco. Pareva che la mia testa fosse diventata tanto leggera da librarsi verso un’altra dimensione. All’improvviso il mondo appariva sfocato, la spiaggia sembrava essere diventata vuota e silenziosa.
Esisteva solo lei: quella figura minuta, baciata dal sole, che attraeva ogni mio senso come una calamita.
Mi avvicinai e con un pretesto cercai di attaccare bottone. L’eloquio era sempre stato il mio punto forte con le ragazze ed ero sicuro che la mia lingua disinvolta non mi avrebbe tradito.
Quanto mi sbagliavo.
Mentre io ero già intento a costruire sogni che parlavano di noi, lei mi concesse solo un’occhiata distratta.
Non mi diedi per vinto, quelle iridi celesti che rifuggivano le mie attenzioni presto avrebbero ceduto alle lusinghe dell’amore. Perché di certo quella tempesta emotiva che mi aveva investito non poteva essere altro che amore. Il mio cuore non aveva dubbi, l’avrei conquistata.
Niente di più falso.
Ogni tentativo di approccio veniva puntualmente bloccato, mentre io mi struggevo per ottenere un timido sorriso, lei si voltava sdegnata, quasi infastidita dalla mia presenza.
Come poteva essere insensibile alle vibrazioni dell’amore? Non era possibile che quel vortice di emozioni che mi aveva travolto andasse sprecato.
Solo al suo deciso la smetta di fissarmi, decisi che avrei dovuto cambiare tattica. In fondo un bravo stratega sa quando è meglio battere in ritirata.
Quante volte avevo sentito dire che l’amore vive nel qui e ora, ma forse, il nostro, era destinato a vivere nel futuro e io, illuso sognatore, speravo non fosse troppo lontano.
In quell’istante pensai che il mio, di futuro, era lì ad aspettarmi.
Una visione bionda aveva catturato la mia attenzione.
Percepii una vaga sensazione di confusione e meraviglia farsi strada nella mente e scendere verso lo stomaco. Pareva che la mia testa fosse diventata tanto leggera da librarsi verso un’altra dimensione. All’improvviso il mondo appariva sfocato, la spiaggia sembrava essere diventata vuota e silenziosa.
Esisteva solo lei: quella figura minuta, baciata dal sole, che attraeva ogni mio senso come una calamita.
Mi avvicinai e con un pretesto cercai di attaccare bottone. L’eloquio era sempre stato il mio punto forte con le ragazze ed ero sicuro che la mia lingua disinvolta non mi avrebbe tradito.
Quanto mi sbagliavo.
Mentre io ero già intento a costruire sogni che parlavano di noi, lei mi concesse solo un’occhiata distratta.
Non mi diedi per vinto, quelle iridi celesti che rifuggivano le mie attenzioni presto avrebbero ceduto alle lusinghe dell’amore. Perché di certo quella tempesta emotiva che mi aveva investito non poteva essere altro che amore. Il mio cuore non aveva dubbi, l’avrei conquistata.
Niente di più falso.
Ogni tentativo di approccio veniva puntualmente bloccato, mentre io mi struggevo per ottenere un timido sorriso, lei si voltava sdegnata, quasi infastidita dalla mia presenza.
Come poteva essere insensibile alle vibrazioni dell’amore? Non era possibile che quel vortice di emozioni che mi aveva travolto andasse sprecato.
Solo al suo deciso la smetta di fissarmi, decisi che avrei dovuto cambiare tattica. In fondo un bravo stratega sa quando è meglio battere in ritirata.
Quante volte avevo sentito dire che l’amore vive nel qui e ora, ma forse, il nostro, era destinato a vivere nel futuro e io, illuso sognatore, speravo non fosse troppo lontano.
§§§
ELABORATO OTTO
RINTOCCHI D'ETERNITÀ
Sono passati 6 anni da quando ci
siamo visti l'ultima volta.
Non posso dire tu mi sia mancata, ti ho pensato di rado, il tempo corre veloce sul treno delle possibilità e io ho preso così tante coincidenze, da aver girato in questi pochi anni, tutto il mondo delle mie illusioni.
In parte questa fortuna l'hai creata tu, così dolce e insopportabile da non poterti ignorare, così incostante e volitiva per essere presa sul serio.
Posso dirti che la vita mi è stata amica, ho goduto di tutti i piaceri che il mondo ha messo in tavola, ingozzandomi senza rimorsi.
Ti conosco da sempre eppure se non ti avessi abbandonata tutto questo sarebbe rimasto sotto l'ala buia del tuo affetto, la presenza è la prigione delle aspettative, noi invece siamo andati oltre, la moralità non ci ha segnati, la paura e il dovere sono gli scatti delle fotografie che non abbiamo mai scattato...
Il riverbero di questa chiesa è abbastanza intimo e risoluto da toccare il tuo cuore, so che mi senti. Non provo colpe, né vergogna. Mi hai amato fino alla fine, lasciandomi libero di vivere la giovinezza senza incatenarla alla tua malattia. Hai preferito abbandonare questo mondo sola, col cuore stracolmo di affetti, così carico di meraviglie da fermarsi per lo stupore. E' come se tutte le parole mai capite prendessero senso.. è triste che per insegnarmi ad amare tu debba essere morta ma forse sarebbe stato ancora più triste se non avessi mai imparato. Addio mamma.
Non posso dire tu mi sia mancata, ti ho pensato di rado, il tempo corre veloce sul treno delle possibilità e io ho preso così tante coincidenze, da aver girato in questi pochi anni, tutto il mondo delle mie illusioni.
In parte questa fortuna l'hai creata tu, così dolce e insopportabile da non poterti ignorare, così incostante e volitiva per essere presa sul serio.
Posso dirti che la vita mi è stata amica, ho goduto di tutti i piaceri che il mondo ha messo in tavola, ingozzandomi senza rimorsi.
Ti conosco da sempre eppure se non ti avessi abbandonata tutto questo sarebbe rimasto sotto l'ala buia del tuo affetto, la presenza è la prigione delle aspettative, noi invece siamo andati oltre, la moralità non ci ha segnati, la paura e il dovere sono gli scatti delle fotografie che non abbiamo mai scattato...
Il riverbero di questa chiesa è abbastanza intimo e risoluto da toccare il tuo cuore, so che mi senti. Non provo colpe, né vergogna. Mi hai amato fino alla fine, lasciandomi libero di vivere la giovinezza senza incatenarla alla tua malattia. Hai preferito abbandonare questo mondo sola, col cuore stracolmo di affetti, così carico di meraviglie da fermarsi per lo stupore. E' come se tutte le parole mai capite prendessero senso.. è triste che per insegnarmi ad amare tu debba essere morta ma forse sarebbe stato ancora più triste se non avessi mai imparato. Addio mamma.
§§§
ELABORATO NOVE
COME UN ANGELO
Che eri come un angelo l’ho capito
appena ti ho vista. Non so da cosa si riconoscano gli angeli. Io t’ho
riconosciuta dal luccichio degli occhi, quando hai allungato la mano per farmi
alzare dall’asfalto grigio e ruvido, su cui ero caduto. Là ho capito che eri tu
la visione delle mie notti: il verme lucente che aveva scavato in ogni mio
sogno, fino a forarmi la testa in profondità. E ho capito perché ogni donna di
cui mi ero innamorato fino ad allora avevo finito sempre per lasciarla andare:
nessuna sarebbe mai stata come te. Mi hai guardato con quel naso all’insù che
sembrava fatto apposta per fiutare l’aria del mattino, quando è satura del
profumo di pane fresco. Ma ora l’aria era satura soltanto del tuo odore di
rosa. E ho sentito che il corpo non mi pesava più, nonostante i chili di troppo
e la cintura, che non avevo mai abbastanza buchi per chiudere. Ho mormorato un
grazie. Tu non mi hai dato risposta. Il tuo silenzio bianco mi ha avvolto. Ero
un neonato dentro a una coperta di lana. Quella lana pungeva, ma non m’importava.
Ti ho invitata a prendere un caffè nel bar del mio amico Franco, lì vicino: il bar Déco. Mi tremava la voce. Tu hai accettato, subito. Era mattina presto. Il cielo ancora buio. La luce al neon dell’insegna del bar di Franco andava e veniva sulla lettera finale: la o, che compariva e scompariva. Ho pensato fosse una cosa strana: Franco l’aveva cambiata, quell’insegna, da pochissimo.
Dentro al bar ho incontrato gli occhi di Franco: due orbite vuote. L’ho salutato e chiesto due caffè, e lui non mi ha nemmeno risposto; non capivo il perché. Ma ero così leggero, accanto a te, che non mi importava. Guardandoci negli occhi, io e te, ci siamo dimenticati dei caffè, che poi non sono mai arrivati.
Fuori dal caffè l’aria pungente mi ha attraversato il corpo come un brivido. Tu stavi svanendo piano, a partire dalle mani che, da bianchissime, erano diventate trasparenti e, infine, erano sparite. Ho sentito la solitudine come fosse la prima volta nella mia vita.
Non so come, mi sono ritrovato nuovamente sull’asfalto grigio e ruvido. E mi sono accorto che la coperta in cui ero avvolto non era di lana, ma d’argento, e luccicava. Poi ho chiuso gli occhi, sperando di vederti ancora. Di vedere, ancora, la tua luce.
Ti ho invitata a prendere un caffè nel bar del mio amico Franco, lì vicino: il bar Déco. Mi tremava la voce. Tu hai accettato, subito. Era mattina presto. Il cielo ancora buio. La luce al neon dell’insegna del bar di Franco andava e veniva sulla lettera finale: la o, che compariva e scompariva. Ho pensato fosse una cosa strana: Franco l’aveva cambiata, quell’insegna, da pochissimo.
Dentro al bar ho incontrato gli occhi di Franco: due orbite vuote. L’ho salutato e chiesto due caffè, e lui non mi ha nemmeno risposto; non capivo il perché. Ma ero così leggero, accanto a te, che non mi importava. Guardandoci negli occhi, io e te, ci siamo dimenticati dei caffè, che poi non sono mai arrivati.
Fuori dal caffè l’aria pungente mi ha attraversato il corpo come un brivido. Tu stavi svanendo piano, a partire dalle mani che, da bianchissime, erano diventate trasparenti e, infine, erano sparite. Ho sentito la solitudine come fosse la prima volta nella mia vita.
Non so come, mi sono ritrovato nuovamente sull’asfalto grigio e ruvido. E mi sono accorto che la coperta in cui ero avvolto non era di lana, ma d’argento, e luccicava. Poi ho chiuso gli occhi, sperando di vederti ancora. Di vedere, ancora, la tua luce.
dalla vostra
Stefania Convalle
1. Rintocchi d'eternità
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3. Come un angelo
Cristina Bellavita
Voto l'elaborato 1 ("Francesco e Maria, due vite convergenti"), l'elaborato 6 ("L'università") e l'elaborato 8 ("Rintocchi d'eternità"). Complimenti a tutti! Arianna Desogus
RispondiElimina8 Rintocchi di eternità 2 Stanza zero 7 Amore a senso unico.
RispondiEliminaMaura Hary
1° Elaborato 8 "Rintocchi d'eternità."
RispondiElimina2° Elaborato 4 Il Filo nascosto."
3° Elaborato 3 "Stanza 0."
Adelia Rossi.
Ciao e complimenti a tutti.
RispondiEliminaVoto l’elaborato 8, l’elaborato 9, l’elaborato 2.
Elaborati 3/4/8
RispondiEliminaScusate, non ho inserito il nome… voto elaboratori 3/5/8 Antonella Malvestiti
EliminaBuongiorno, io voto:
RispondiEliminaElaborato 1
Elaborato 6
Elaborato 5
3 insieme oltre al tempo,4 il filo nascosto,5 un 'inattesa aventura
RispondiEliminaElaborato 2 - Stanza zero
RispondiEliminaElaborato 4 - Il filo nascosto
Elaborato 7 - Amore a senso unico
Voto gli elaborati N. 1, 2, 4 Maria Grazia Conti
RispondiEliminaEcco i miei voti. Elaborati N.5, 4, 3. Imade Osasere
RispondiEliminaVoto gli elaborati n. 5, 1, 3. Francesco Battaglia
RispondiEliminaVoto:
RispondiElimina1º: elaborato 5
2º: elaborato 7
3º: elaborato 9
Voto N. 3 - 7 - 8 Cesare Sordi
RispondiElimina2-Stanza Zero 3-insieme, oltre il tempo 1-Francesco e Maria, Due vite convergenti. Naiem Asma.
RispondiEliminaVoto elaborato 2 STANZA ZERO, per la dolce malinconia, l’elaborato 6 L’UNIVERSITÀ, per la toccante bellezza, l’elaborato 7 AMORE A SENSO UNICO, per le immagini vivide. Complimenti a tutti! Alessandra Nobile
RispondiEliminaVoto: 2, 7, 9; Complimenti! Emanuela Tomiato
RispondiEliminaVoto: 5,4,3 Fernando Battaglia
RispondiEliminaI miei voti sono per:
RispondiEliminaElaborato 3
Elaborato 4
Elaborato 7
Nives vassena
EliminaVoto gli elaborati 9, 2 e 7. Luca Togni.
RispondiEliminaIo voto :
RispondiElimina1- Francesco e Maria, due vite convergenti
2- Stanza zero
7- Amore a senso unico
Voto 6, 7 e 9. Manuela Cason
RispondiEliminaVoto n.3 n.8 n.9 Lella Brioschi
RispondiEliminaVoto gli elaborati n. 6; 8; 9
RispondiEliminaBarbara Romano
Sono Elena Mazza
RispondiElimina3 insieme oltre il tempo
4 il filo nascosto
8 rintocchi d'eternita'
Elaborati. 2,4,7. Fabrizio Marchetti
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