Seduti allo stesso tavolo

Seduti allo stesso tavolo
Il nuovo romanzo di Stefania Convalle, sul mondo dell'editoria.

venerdì 7 marzo 2025

Numero 463 - Masterbook seconda edizione - FASE 1 - PROVA 2 gruppo B - 6 Marzo 2025


 
Eccoci di nuovo con i racconti del GRUPPO B, SECONDA PROVA DELLA FASE 1. 
I concorrenti dovevano scrivere un racconto ispirandosi ai versi della Poetessa Nina Cassian:
 
Posso stare da sola.
So stare da sola.
Scrivo a lume di tè.
 
Vi ricordo la modalità di voto:
 
- dovrete scrivere in un commento a questo numero del blog le vostre TRE preferenze, cioè i tre racconti che vi saranno piaciuti di più, scrivendo il titolo (così non faccio confusione quando andrò a contare i voti). Se volete, potete anche scrivere la motivazione per la quale scegliete proprio quei tre.
 
- nel commento dovrete mettere anche il vostro nome e cognome, perché la votazioni anonime non sono accettate. Se non riuscite a votare nel blog, potete inviare una mail a steficonvalle@gmail.com con i vostri voti.
 
- potrete votare fino a mercoledì 12 marzo, ore 20
 
Al termine della votazione, i tre racconti più votati riceveranno un bonus (al 1° 9 voti, al 2° 6 e al 3° 3). Questi voti derivanti dal bonus andranno a sommarsi a quelli espressi dalla giuria tecnica, modificando la classifica provvisoria prodotta dalla prima prova di questa fase del Torneo.
 
Vediamo chi sono i concorrenti del GRUPPO B, coloro che hanno scritto i racconti di questo numero del Blog. 
Li scrivo in ordine alfabetico, perché questi racconti li giudicherete senza sapere a chi appartengono, cosa che sarà svelata nella diretta di giovedì 13 Marzo, a votazione conclusa.
 
Si ricorda che è vietato per l'autore dichiarare la paternità del testo fino a votazione conclusa. NESSUNO deve sapere chi ha scritto i racconti, al fine di avere una votazione non condizionata da simpatie di vario genere. 
 
Vi ricordo anche che i racconti vengono da me postati nel blog senza il mio intervento, cioè così come mi sono arrivati. Non correggo niente perché nella valutazione dei testi, anche la forma e l'uso corretto della lingua italiana devono avere un peso.
 
GRUPPO B
Stefano Buzzi
Arianna Desogus   
Maura Hary 
Giovanna Agata Lucenti 
Sandra Morara 
Linda Silvia Scarpenti 
Cesare Sordi 
Camilla Terso 
Tatiana Vanini   
 
In bocca al lupo a tutti i coraggiosi concorrenti e buona votazione a tutti voi che ci seguite!

 §§§


ELABORATO UNO

STO QUI

 

Il vento arriva alla solita ora, dal mare. È il momento di accendere la luce per immergermi nel mio rito. 
Metto il bollitore sul fuoco, per scaldare la quantità d'acqua adatta a una tazza di un qualche infuso, che sceglierò quando sarà il momento di immergerlo nel liquido bollente.
Il quaderno, pronto per accogliere il racconto del giorno, mi aspetta sul  tavolo della cucina. Devo solo scegliere la penna del colore adatto al mio umore e a quello che andrò a scrivere.
È una serata malinconica, ma non triste. È uno di quei momenti avvolgenti adatti alla riflessione.
Vado in salotto, alla vecchia libreria che ho ristrutturato con le mie mani. Su uno scaffale trova posto una collezione di penne con inchiostri colorati. Potrei prenderne una blu, per scrivere qualcosa di profondo; una rossa, per dedicarmi a un racconto di vendetta e sangue; una viola, per parlare di perdita; magari una gialla, per una storia piena di risate.
Scelgo una penna verde. Racconterò una storia vera, la tua, fatta di abbandono, partenza e silenzio.
Sei nata e cresciuta a Roma, figlia unica e privilegiata di una famiglia che ti ha dato tutto tranne l'amore. Venivi apprezzata per i risultati scolastici e sportivi prima, lavorativi poi. Avevi una vita dinamica, piena di persone che consideravi amiche, con le quali intrattenevi una fitta rete di messaggi, perché eravate troppo impegnate per una relazione fatta d'incontri reali.
Un giorno hai notato che rispondevano sporadicamente ai tuoi cenni virtuali, che eri sempre tu la prima ad augurare buongiorno e buonasera. Sempre solo tue le domande su come stavano. Se tacevi, tacevano anche loro. Hai provato a sconnetterti per una settimana. Nulla. Hai capito di vivere una vita solo apparentemente piena di altri: ti sei sentita invisibile, bloccata da catene fatte d'obblighi imposti da te stessa.
Ti sei licenziata e sei partita. Nessun telefono, nessun recapito.
Me ne sono accorta dieci giorni dopo, quando il portiere del tuo palazzo mi ha detto che non ti vedeva da un po'.
La tua assenza mi ha fatto capire che eri tutto ciò che avevo. Sono partita anch'io, non per cercarti, ma per espiare con la solitudine il peccato di averti lasciata sola in  mezzo a tanti.
Ho imparato a stare con me, mi piace perfino e, in compagnia di un infuso, scrivo storie che nessuno leggerà, dove sei protagonista. Ti penso e tu?

 

§§§


ELABORATO DUE

MEGLIO IL TÈ

 

Non riuscivo a respirare, una mano mi serrava la gola.
- Laura, stai male? Vuoi uscire?
Non ce la facevo, ero un blocco di marmo e mi sentivo soffocare.
Non mi era mai capitato prima, ero spaventata da morire. Ero convinta di morire.
- Attacchi di panico - mi aveva spiegato la psicologa - Vuoi provare a scrivere come ti sei sentita, cosa provi, cosa pensi? Ti aiuterà, vedrai.
Era vero.
Lentamente ho imparato a conoscermi e finalmente ho levato le rotelline dalla bicicletta: sono caduta, ma mi sono solo sbucciata le ginocchia, così ho capito che da sola potevo farcela.
I miei genitori mi hanno accudito e coccolato: era bello appoggiarsi, poi è arrivato Michele e ci ha pensato lui a proteggermi.
Da figlia di a ragazza di senza mai avere una mia identità, ma mi andava bene così: non dovevo decidere nulla, affrontare difficoltà o pericoli.
C’era sempre qualcuno pronto a farlo al posto mio.
Michele era più grande, era normale che decidesse lui cosa fare e dove andare, poi ha iniziato a scegliere per me la pizza e a decidere il taglio di capelli che mi stava meglio.
Ero all’ultimo anno e tutti parlavano di iscrizioni, decisioni.
Una sottile, strisciante inquietudine mi faceva improvvisamente accelerare il battito, poi i risvegli improvvisi fino ad arrivare alle crisi respiratorie.
Sono sempre stata in famiglia o in coppia, da sola mai.
La mia era una dipendenza, adesso lo avevo capito.
“Bene, questo è il primo passo.”
Non avevo mai sviluppato la capacità di pensare in modo autonomo, ma ora quella mancanza mi soffocava.
Quando non dormivo avevo iniziato a scrivere, scrivevo per ore senza mai cancellare: un torrente in piena e ogni volta l’acqua che sgorgava era sempre più limpida.
“No, non mi va il caffè, preferisco il tè.”
“Io invece scelgo quelle con il tacco.”
“Ho deciso di iscrivermi a Lettere, Economia non mi interessa.”
Le prime volte non potevo credere che quelle frasi uscissero dalla mia bocca, poi mi è venuto naturale e non ho più potuto evitare di dire quello che pensavo.
Il prezzo è stato un fidanzato in meno, più discussioni in casa e svariati errori.
Ma è stata la prima volta che ho trovato il coraggio di andare al cinema da sola che ho capito che la solitudine non mi spaventa affatto, anzi.
Ho finalmente imparato a conoscermi e a volermi bene.

§§§

ELABORATO TRE
SINONIMO LIBERO


Le 7 del mattino.
E se a svegliarti non sono le sue urla feroci, ma un adagio di Beethoven, capisci che ce l’hai fatta.
E gli occhiali scuri solo per l’accecante riverbero del sole, e non per nascondere un occhio nero.
Fuori piove. Il ticchettio delle gocce che giocano allegre sui vetri, batte il tempo con i tuoi pensieri finalmente liberi.
Liberi come l’aria che respiri mentre cammini per strada.
Liberi come i tuoi capelli sciolti sulle spalle che ci fai il pettine con le dita nude.
Niente più anelli invisibili con il teschio della morte, niente più fede a marcare il territorio come l’urina di un cane.
Niente più catene a legarti alle sue promesse mancate, al suo fare tabula rasa, perché attorno a te non ci deve crescere manco un filo d’erba.
E la gonna è troppo corta, e quelle scarpe che il tacco è troppo alto, e le unghie pari senza smalto, e il seno tirato che la quinta misura la devi nascondere, e guai a te se ci vedo un accenno.
E l’ansia solo perché basta un attimo, e sul fuoco il latte trabocca dal pentolino, e non perché, quando lui rincasa, anziché abbracciarti e chiederti come stai, ti guarda storto, e urla, e sbraita, e ti sminuisce, e ti confonde, e ti maledice, e ti uccide mille e mille volte con la voce, con i pugni stretti, con le ferite nel corpo e nell’anima.
Finalmente sola.
Una parola che non fai in tempo a pronunciarla e subito diventa sinonimo di libertà.
Mai più una lacrima a sporcarti il viso e il cuore.
E il rosso di uno schiaffo sulle labbra.
Il cervello che, finalmente lucido, funziona meglio del tè quando hai il mal di pancia.
Le tue convinzioni salde e imprescindibili come la colomba a Pasqua e le lucine a Natale.
Un gatto a fare da ponte mobile con il mondo di fuori.
Uno di quelli selvatici e vagabondi che ti concima il giardino anziché onorare la lettiera e tu, concreta e illuminata, cogli la palla al balzo e ci coltivi il profumo delle rose, la salvia per l’arrosto e il basilico per il sugo.
La solitudine come una bandiera che sventola vittoria alla fine di una guerra.
Una pagina bianca che solo tu decidi il come e il quando l’inchiostro scriverà, o non scriverà, il seguito, oppure la parola fine.

§§§

ELAORATO QUATTRO

LA TAZZA DI TÈ 

 

Andò nella libreria alle sue spalle a cercare il libro e dopo averne spostati diversi, lo trovò: una raccolta di poesie che aveva letto con lei tanti anni prima.
Cominciò a sfogliarlo e ad un tratto dal libro cadde in terra un foglietto.
Lo raccolse e vide scritti a matita tre versi di una poetessa che aveva scoperto ed amato proprio in quel periodo in cui era cominciata la loro storia.
Aveva un ricordo intenso dell’incontro con Sonia: si erano amati, inseguiti e trovati consapevolmente d’accordo sul senso della loro vita.
Ora i tre versi di quella poesia appena letti erano un pugno nello stomaco.
Le aveva scritte lei un giorno e gliele aveva fatte trovare proprio dentro quel libro: il suo significato era ancora racchiuso in quelle parole ma presto sarebbe stato evidente.
Da quel giorno erano passate settimane e poi mesi.
Lei era partita per un nuovo lavoro in Francia.
Era rimasta distrutta per la scomparsa della madre a causa della pandemia ed aveva deciso di dedicare tutte le sue forze alla ricerca: ora stava a Parigi in un centro di ricerca sui vaccini a DNA.
E neanche Ettore si era messo a cercarla, perché aveva considerato la situazione troppo forte e decisiva per conciliarla con il suo nuovo impegno.
Aveva scelto di trasformare la passione per la fotografia in un lavoro e dopo la prima esperienza in uno studio si era messo a collaborare con alcuni stilisti in sede o durante le sfilate di moda.
Gli capitava a volte di passare la serata meditando mentre faceva scorrere sullo schermo del PC le ultime riprese da passare su Photoshop.
Teneva davanti a sé quella tazza di tè a cui si era abituato negli anni e che sembrava dargli nuova ispirazione.
Se la ricordava quando Sonia tornava dalla cucina con le due tazze, ne metteva una per sé e una per lui e poi davanti a quel leggero vapore profumato si guardavano prima negli occhi e si raccontavano gli ultimi avvenimenti.
Poi si abbracciavano e si addormentavano uno nelle braccia dell’altra.
Ora sulla scrivania aveva depositato ancora una tazza di tè e sullo schermo scorrevano alcune foto di lei.
Ad un tratto sentì il suono del citofono e sorpreso si alzò per andare a rispondere  “Chi è?”
Dopo alcuni istanti di silenzio…”Sono Sonia”.

§§§

ELABORATO CINQUE
VOLEVA SOLO SCRIVERE

La stanza era avvolta nel silenzio.
Si sentiva solo il rumore della penna sulla carta e, per Amelia, ogni parola scritta era una vittoria.
La sua mano si muoveva in modo quasi meccanico, per ripercorrere le tappe della sua esistenza.
Scrivere era l’unica arma che le era rimasta per sopravvivere a tutto ciò che le era stato tolto.
Lui, il marito, le aveva portato via tutto: gli anni, il sorriso e la speranza.
L’aveva sempre costretta a stargli accanto, pur sapendo di non averla mai amata nel modo in cui sarebbe stato giusto amare la propria donna, e di averla tradita di continuo.
Così, era arrivato il silenzio, quello profondo e avvolgente, che Amelia aveva disperatamente cercato e voluto; quel silenzio in cui rifugiarsi per vivere, respirare e sentirsi libera; dove ritrovare la propria voce.
Quel tipo di silenzio che lui aveva cominciato a temere.
Amelia appoggiò la penna sul tavolo, interrompendo la scrittura.
I suoi pensieri corsero a quella sera, quando, come di consueto, aveva aspettato che il marito andasse a letto, per iniziare a rigovernare la cucina; e si era preparata, sempre come al solito, una tazza di tè, prima di sedersi al tavolo con carta e penna.
A un tratto l’uomo si era palesato nuovamente.
Vieni a letto, ti ho detto! Hai finito con queste cazzate? le aveva urlato, strappandole di mano i fogli, prima di lanciarli in un angolo della cucina.
Amelia l’aveva guardato come non aveva mai fatto prima, alzandosi dal tavolo come un automa. Nella sua mente il solo pensiero che non si sarebbe arresa e che avrebbe fatto di tutto per difendere quell’ultima parte di sé ancora viva. E con un gesto che mai avrebbe immaginato di compiere, aveva reagito.
Senza una parola, aveva preso il coltello rimasto ancora nel lavandino, e l’aveva colpito alla schiena più volte, quando lui – sicuro di sé – si era voltato per uscire da quella stanza.
Il volto del marito, trasformato in una maschera di dolore, aveva assunto anche un’espressione di sorpresa, incredulo nel vederla reagire in quel modo.
L’avevano trovata accanto al corpo dell’uomo, con lo sguardo fisso nel vuoto: tra le mani penna e fogli.
Il rumore della penna sulla carta riprese, e Amelia sorrise. Era tornata al suo presente, tra le fredde mura di quella cella; dove la luce sembrava non filtrare mai; dove scrivere le sarebbe bastato.

§§§


ELABORATO SEI
ATTRAVERSO IL VETRO


Stavamo ancora insieme quando hai iniziato a lavorare in questa sala da tè. Era un part-time, ti serviva per pagarti gli studi. Ripenso con un sorriso a quando me lo annunciasti; ci penso inevitabilmente mentre sto qui, fermo sul marciapiede, le mani nei guanti contro il freddo di questa sera novembrina.
Ci ho pensato una volta all’anno, da allora. Sempre qui, sempre pochi istanti. Tra noi era finita, è vero, ma ho sempre voluto assicurarmi che stessi bene, come se fossi in qualche modo una mia responsabilità. La verità, però, è che non sono mai riuscito a lasciarti andare. Non davvero.
Così sono venuto a trovarti negli anni, una volta all’anno, e ti ho guardato sempre attraverso il vetro, senza mai entrare. Tu non mi hai mai visto.
Io invece ti ho vista fiorire, ti ho vista maturare.
Ti ho vista, poco più che ventenne, dietro il banco dei pasticcini, mentre servivi i clienti sempre col sorriso. Ti ho vista, qualche anno dopo, civettare felice con lui. Ho visto in quel movimento leggiadro – quello con cui hai sempre versato i tè – una fede al tuo anulare. E a dieci anni dalla prima volta ti ho vista sistemare dei libri su scaffali nuovi. Uno sguardo all’insegna e ho capito: eri riuscita a comprare la sala da tè e a trasformarla in un caffè letterario, il tuo sogno. Quel giorno è stato molto difficile trattenersi dall’entrare ad abbracciarti.
Oggi sono vent’anni che vengo qui. La vetrata è un po’ appannata, ma anche così riesco a vedere la sala: è accogliente, allegra, colorata. E tu hai qualche filo bianco tra i capelli e due bambini che giocano vicino al bancone. Sono così felice per te.
Mi avvicino un po’ di più. È un attimo: ti giri, i nostri sguardi si incrociano. Nei tuoi occhi un guizzo di stupore, nei miei un sussulto profondo. Stai per poggiare la teiera, stai per uscire, ma un cliente ti chiama. Ti avvicini a versargli il tè, e io capisco: quello sguardo attraverso il vetro è stato il nostro saluto, la cosa che forse cercavo da sempre. E adesso è il momento di lasciarti andare davvero. Mi sfilo un guanto, avvicino la mano tremante al vetro. Un attimo di esitazione, poi traccio una parola, una sola, semplice e profonda – ciao – e l’accompagno con un piccolo cuore storto.
Ti guardo un’ultima volta, poi mi giro e riprendo a camminare.

 §§§


ELABORATO SETTE
MURA BIANCHE

La sera che mi hanno portato in questo posto avevo appena tolto da sopra al fuoco il tegame di terracotta con i fagioli, quelli che piacciono a te.  Elena, la nostra vicina, rimase impressionata dalla tavola apparecchiata per noi due, tanto da pensare che avessi bisogno di aiuto e farmi rinchiudere qui interpellando il dottor Guida. Quella sera avevo messo la tovaglia con i fiori rossi. Ti ricordi? Quella che tua madre ci regalò quando decidemmo di sposarci; visto che ricorreva il nostro anniversario. Mentre Elena parlava e tu sai quanto sia chiacchierona, guardavo la cottura un po' rosata del pollo con le patate. Il nostro piatto della festa.
Questo posto è triste, allora, immagino di essere a casa nostra, ma facendo in questo modo so bene che sto prolungando la mia permanenza qui, ma non me ne importa nulla.
Ogni sera, da circa tre anni arrivi alla stessa ora e il tramonto ti precede. Sento il tuo odore, poi eccoti accanto a me. Ci guardiamo per ore. Non servono le parole, a me basta avvertire la tua presenza per sentirmi felice anche in un posto dove la dignità umana è al limite.
Qui, tra queste mura bianco latte, tu mi porti colore.
Sono sola, poichè da quando parlo con te, tutti mi hanno abbandonato. La pazzia, come la chiamano tutti, fa paura.
 Sola sto bene.
Non ho bisogno di un altro uomo nel mio letto, né di altre braccia e neanche di un’altra voce.
Tre anni fa una telefonata mi annunciò che un autobus ti aveva investito e avevi lasciato questa terra e soprattutto me. La sera, dopo il funerale, ti ho visto seduto sulla tua poltrona di velluto rosso, ti ignorai, così andasti via per tornare la sera dopo e quella dopo ancora, fino a entrare nella mia testa. Abbiamo iniziato a condividere le cene durante le quali ti raccontavo delle mie giornate, questo mi faceva stare meglio. Vivevo aspettando solo che arrivasse la sera. Le nostre, più che altro le mie, risate erano inadeguate per una donna appena diventata vedova e soprattutto nelle serate calde d’estate dove tutti ne potevano udire il frastuono.
Non ha più importanza dove mi trovo, questo posto non mi fa più paura e forse non ne ho mai avuta perché tu sei sempre con me.

 §§§


ELABORATO OTTO
BUONANOTTE, AMORE

CIAO, AMORE. QUI TUTTO…

Digito queste parole mentre allungo le gambe sul divano e provo a godere del silenzio che è da poco sceso nella casa. Fisso il telefono e cerco l’ispirazione giusta per il messaggio da mandare a mia moglie, l’ultimo della giornata.

Lara è via da quattro giorni. Un impegno di lavoro la costringe lontano per una settimana abbondante. Voleva rinunciare, aveva messo davanti a tutto la famiglia. Sono stato io a impedirglielo: certe occasioni vanno prese al volo.

BENISSIMO. ME LA CAVO ALLA GRANDE.

Completo il messaggio ma non lo invio. Non ancora. Devo prima fare una riflessione: scriverle così la farebbe stare tranquilla, ma si tratterebbe davvero della verità?

Sono uno di quegli uomini che festeggia in segreto una serata libera o un day off dalla routine matrimoniale, una di quelle persone cresciute credendo in quella filosofia che sostiene che per stare bene in due, prima bisogna essere in grado di stare bene da soli. Insomma, uno che il noi è importante ma anche il singolo individuo deve avere la sua parte. E la mia parte, in tutta franchezza, sono sempre stato capace di gestirmela al meglio.

Almeno fino all’anno scorso.

Da un anno questo equilibrio è stato travolto. La nostra quotidianità si è riempita di pappe da riscaldare, biberon da sterilizzare, pannolini da cambiare e di tutte quelle piccole pratiche giornaliere che servono per far crescere un neonato. Banalità, per mia moglie, che invece a me appaiono come un’equazione da risolvere in uno studio del Cern. Per non parlare dei lavaggi nasali che … Quindi come faccio a dirle che va tutto bene?  

Di colpo il cavarmela da solo assume tutto un altro significato rispetto a quello che conoscevo. Mi sento piccolo, ancora più piccolo di Tommy che invece stasera è stato in grado di capire che sono in difficoltà e si è addormentato in fretta.

E allora dovrei scriverle che non ce la faccio più, che mi rendo conto dei miei limiti e che i pianti del bimbo mi snervano. Che l’ho spinta ad accettare la trasferta solo per sentirmi un marito impeccabile e che non vedo l’ora che rimetta i piedi dentro la porta di casa. Che sono un maledetto, inutile, egoista.

Ma non lo scrivo e mi nascondo dietro l’idea di proteggere l’opportunità che lei sta vivendo. Se lo merita.

Questa è una verità più grande della mia.

E allora: BUONANOTTE, AMORE.


 §§§


ELABORATO NOVE
IO SONO ANNA

 

Ci sono giorni che, iniziati bene, poi si sopportano a stento e si trascinano fino a sera come un pesante fardello.
Quello, appena trascorso, era stato uno di questi.
Anna e Marco avevano fatto ritorno a casa in perfetto silenzio e, come unico rumore di sottofondo, la pioggia battente sui finestrini dell’auto.
Era stata una giornata intensa, in gita con gli amici per una città che sembrava un museo a cielo aperto.
Anna aveva perso quasi il respiro davanti a opere d’arte di una bellezza senza tempo e molte volte era stata richiamata dagli amici e da Marco a rispettare i tempi frenetici della gita organizzata.
Già, Marco, così lontano dal suo modo di sentire, così pragmatico e ancorato alla concretezza della vita, sembrava che niente lo emozionasse e che tutto avesse un valore puramente materiale.
Molte volte Anna si chiedeva come si era potuta innamorare di un uomo simile, lontano mille miglia da lei e di come lui continuasse a starle vicino, pur rimproverandola per il suo modo di vivere “evanescente”.
Anche quella mattina era stato così…
«Stai facendo perdere un sacco di tempo, non ti sembra di essere ridicola? Basta poco per guardare un quadro, come fanno tutti, perché tu devi essere diversa?»
Anna lo avrebbe voluto un po’ più dalla sua parte e invece l’aveva fatta sentire una marziana.
Come un vaso che, ormai colmo, non riesce a trattenere l’ennesima goccia, Anna aveva lasciato cadere nel silenzio quelle parole, non aveva avuto la forza di ribattere, si sentiva talmente stanca. Certo, erano altre le cose gravi della vita, ma adesso, vicino a lui si sentiva svuotata e insignificante e questo, proprio no, non lo poteva sopportare.
Una volta a casa, le parole erano scaturite come un fiume incontenibile.
«Perché non capisci che non posso vivere solo alla tua ombra? Io non posso, per il quieto vivere, andare avanti soggiogata da te, attenta sempre a evitare quello che ti può infastidire. Voglio avere il coraggio di essere come sono, solo così mi sento completa e in pace con me stessa. Sforzati a guardare nella mia direzione, rispetta i miei silenzi e stammi vicino anche se non li comprendi.
 Io ti voglio bene, ma ringrazio il cielo di essere diversa da te e se deciderai di restare, dovrai accettare questa parte di me che adesso non sopporti.
Ricordati sempre che io sono Anna e posso esistere anche senza di te.» 

 §§§
 Alla prossima 
dalla vostra

Stefania Convalle




26 commenti:

  1. 1 “Sto qui”
    2 “Attraverso il vetro”
    3 “Voleva solo scrivere”

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  2. Valeria Daniela Sordi7 marzo 2025 alle ore 19:11

    4, 5, 9

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    1. 4 la tazza di te
      5 voleva solo scrivere
      9 io sono anna

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  3. La tazza di the, sto qui , la tazza di the

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  4. Sinonimo libero

    Sto qui

    Mura bianche

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  5. 4 la tazza di te 6 attraverso il vetro 8 buonanotte, amore

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  6. Cristina Bellavita8 marzo 2025 alle ore 08:19

    1. Buonanotte amore
    2. Volevo solo scrivere
    3. Sto qui

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  7. La tazza di te, io sono Anna , Sto qui

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  8. I miei voti sono per:
    Elaborato 8 BUONANOTTE, AMORE
    Elaborato 1 STO QUI
    Elaborato 6 ATTRAVERSO IL VETRO

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  9. Valentina Rubino
    Elaborato numero 4

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  10. Massimiliana Bregante9 marzo 2025 alle ore 00:04

    Elaborato numero 4

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  11. 1) Voleva solo scrivere, 2) Sto qui, 3) meglio il tè

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  12. Le mie scelte sono:
    1. Elaborato 4- La tazza di tè
    2. Elaborato 1- Sto qui
    3. Elaborato 2- Meglio il tè

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  13. Voto l’elaborato 1: STO QUI, per la scrittura raffinata e riflessiva, l’elaborato 3: SINONIMO LIBERO, per la forza della storia, l’elaborato 5: VOLEVA SOLO SCRIVERE per le scene ben scritte e molto vivide. Comunque, è stato difficile scegliere. Bravissimi tutti!

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  14. Sto qui
    Voleva solo scrivere
    Buonanotte amore

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  15. Scusate, ma sono imbranata.
    Volevo dire che l 'anonimo di prima ero io.
    Comunque ripeto le votazioni:
    Sto qui
    Volevo solo scrivere
    Buonanotte amore

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  16. Accalai Maria Teresa
    Ecco le mie scelte
    1) Sto qui
    2)Attraverso il vetro
    3) Voleva solo scrivere
    In bocca al lupo a tutti!



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  17. Antonella Malvestiti11 marzo 2025 alle ore 19:15

    Voto gli elaborati: 5/6/9

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  18. Elaborato Uno - Sto qui
    Elaborato Tre - Sinonimo Libero
    Elaborato Sei - Attraverso il vetro

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  19. Voto gli elaborati 1, 3 e 6. Luca Togni.

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  20. Voto: 1, 8, 9; in bocca al lupo ai concorrenti! ciao da Emanuela Tomiato

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  21. Sto qui - Sinonimo libero - Attraverso il vetro
    Michela Rossi

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  22. Elaborato 4. La tazza di tè

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  23. Elaborato 5 "Voleva solo scrivere"
    Elaborato 9 " Io sono Anna"
    Elaborato 2 "Meglio il tè"
    Adelia Rossi

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  24. Una tazza di tè,sinonimo libero,voleva solo scrivere Marina Ronzi

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