Dietro la porta di Stefi
Rivista settimanale on line
N° 4 del 24 Febbraio 2014
In questo numero:
1) Pillole per vivere meglio a cura di Stefania Convalle
2) L'angolo della poesia: il Destino secondo Wislawa Szymborska a cura di Stefania Convalle
3) La vignetta del giorno: chicca di Mafalda.
4) Edward Hopper: di Cinzia, in arte Fidanzacinzia.
5) I rimedi della nonna: la proposta di oggi è di Cinzia (Fidanzacinzia)
Buona lettura!
Tratto da
"Non perderti in un bicchier d'acqua"
(Cento regole per vivere meglio)
di Richard Carlson
Quando sei di malumore ti sembra tutto nero
Il tuo umore spesso può trarti in inganno. A volte può convincerti che la tua vita sia assai peggio di quanto in realtà non sia. Quando invece sei di buon umore, la vita ti appare magnifica. Hai senso delle proporzioni, buon senso e saggezza. Col buon umore, le brutte cose non sembrano poi tanto brutte, i problemi sembrano meno gravi e di più facile soluzione. Quando sei di buon umore, le relazioni sembrano andare a gonfie vele e la comunicazione è facile. Se ti criticano, te la prendi con calma.
Al contrario, quando sei di cattivo umore, la vita ti sembra intollerabilmente grave e difficile. Hai pochissimo senso delle proporzioni. Prendi le cose di petto, la minima divergenza ti sembra un affronto personale e spesso fraintendi chi ti sta vicino e vedi malvagie intenzioni nelle azioni degli altri.
Qui sta il guaio della gente: non capisce che gli umori vanno e vengono in continuazione. E crede invece che la propria vita sia di colpo peggiorata nell'ultimo giorno o addirittura nell'ultima ora. Perciò chi si alza di buon umore, magari ama sua moglie, il suo lavoro e la sua auto. Probabilmente guarda con ottimismo al proprio futuro e si sente soddisfatto del passato. Ma verso sera, il suo buon umore si guasta. Ed ecco allora sostenere di odiare il proprio lavoro, pensare che la moglie è una rompiscatole, che la sua auto è un ferrovecchio e la sua carriera è ad un punto morto. Se gli chiedete qualcosa a proposito della sua infanzia mentre è di cattivo umore, probabilmente vi risponderà di avere avuto un'infanzia infelice. E magari darà ai genitori la colpa di tutti i suoi guai.
Un cambiamento così rapido e drastico può sembrare assurdo, addirittura ridicolo - ma ci caschiamo tutti quanti. Quando siamo di cattivo umore, perdiamo il senso delle proporzioni e tutto ci sembra urgente. Dimentichiamo completamente che quando siamo di buon umore vediamo le cose ben diversamente. In circostanze "identiche" la persona con cui siamo sposati, l'ufficio in cui lavoriamo, l'auto che guidiamo, il nostro futuro, la nostra infanzia, ci sembrano completamente diversi, a seconda del nostro umore! Quando siamo giù, invece di dare la colpa al cattivo umore come sarebbe giusto, tendiamo a pensare che la nostra vita sia tutta un disastro. Sembra addirittura che siamo convinti che nelle ultime due ore la nostra vita sia andata letteralmente in pezzi.
La verità è che la vita non è quasi mai così brutta come può sembrarti nei momenti di malumore. Invece di restare immusonito e coltivare la convinzione che stai finalmente vedendo la vita in modo realistico, prova a mettere in dubbio il tuo giudizio. Ricorda:" Sì, è vero, mi sento arrabbiato (o frustrato, stressato, depresso); sono di malumore. Mi sento sempre negativo, quando sono giù di corda."
Quando sei di malumore, impara a lasciar correre: consideralo un'inevitabile condizione umana che col tempo passerà, se non ci badi troppo. Evita di analizzare la tua vita proprio quando sei di malumore. E' un sistema emotivamente suicida. Se hai veramente un problema, il problema resterà anche quando il tuo umore migliorerà. Il trucco è ringraziare Dio per i momenti di buonumore e restare sereni in quelli di malumore: non bisogna prenderli troppo sul serio.
La prossima volta che ti senti giù, per qualsiasi ragione, ricorda a te stesso: "Anche questa passerà." E passerà davvero.
L'angolo della poesia
AMORE A PRIMA VISTA
Sono entrambi convinti
che un sentimento improvviso li unì.
E' bella una tale certezza
ma l'incertezza è più bella.
Non conoscendosi, credono
che non sia mai successo nulla tra loro.
Ma che ne pensano le strade, le scale, i corridoi
dove da tempo potevano incrociarsi?
Vorrei chiedere loro
se non ricordano -
una volta un faccia a faccia
in qualche porta girevole?
uno "scusi" nella ressa?
un "ha sbagliato numero" nella cornetta?
- ma conosco la risposta.
No, non ricordano.
Li stupirebbe molto sapere
che già da parecchio tempo
il caso giocava con loro.
Non ancora pronto del tutto
a mutarsi per loro destino,
li avvicinava, li allontanava,
gli tagliava la strada
e soffocando una risata
con un salto si scansava.
Vi furono segni, segnali,
che importa se indecifrabili.
Forse tre anni fa
o lo scorso martedì
una fogliolina volò via
da una spalla a un'altra?
Qualcosa fu perduto e qualcosa raccolto.
Chissà, forse già la palla
tra i cespugli dell'infanzia?
Vi furono maniglie e campanelli
su cui anzitempo
un tocco si posava su un tocco.
Valigie accostate nel deposito bagagli.
Una notte, forse, lo stesso sogno,
subito confuso al risveglio.
Ogni inizio infatti
è solo un seguito
e il libro degli eventi
è sempre aperto a metà.
Wislawa Szymborska
(1923 - 2012)
Premio Nobel per la Letteratura nel 1996.
(L'acume dei bambini)
Edward Hopper (1882 -1967)
di
Cinzia
L’arte
di Hopper è molto realistica, i suoi quadri rappresentano un’America attuale,
fatta di binari della ferrovia, fari sulla costa atlantica, mansarde
vittoriane, case coloniche di legno bianco, distributori di benzina, caffè,
camere d’albergo, drugstore, uffici, negozi.
Questo
suo realismo di “cose”, contemporaneamente, esalta un irrealismo di “vita”;
tutto è fermo, la New York degli anni Venti e Trenta viene fissata sulle sue
tele come un luogo deserto, illuminata da luci fredde, geometriche, i pochi
‘attori’ rappresentati nei luoghi sono statici, senza nessun copione da
recitare.
Hopper,
dunque, dipinge un’atmosfera metafisica, un’ora eterna, un’immobilità senza
suono, un momento in cui le rappresentazioni comuni (una vetrina di un negozio,
un bar, ecc.) diventano simboli misteriosi, perdendo la loro ovvietà.
Nel suo
dipinto “Gas”, per la prima volta viene rappresentata una pompa di benzina,
preludio della Pop Art.
In
questa opera, la stazione della Mobilgas (colorata ed illuminata da luce
artificiale) diventa un simbolo doloroso del progresso moderno: l’invenzione
della macchina non ha sciolto i dubbi dell’uomo contemporaneo che non sa da
dove viene né dove porta la strada che si perde nell’oscurità del bosco.
In
seguito ad un viaggio a Parigi la sua pittura acquista una luminosità nuova.
Infatti,
invece dei consueti neri e gamme di terra, introduce le tonalità dei gialli,
degli azzurri pallidi, dei rosa; i soggetti sono volumetrici, affinché
suggeriscano un senso di durata e stabilità, come molte architetture viste di
scorcio.
E’ la
prima volta che dipinge all’aria aperta, per le strade; inoltre, la luminosità
parigina gli sembra diversa da quella americana, anche le ombre gli sembrano
più luminose, sostiene ci sia più luce riflessa.
La luce è il centro del suo interesse, il
nucleo della sua ricerca artistica di sempre.
La luce
filtrata dalla mente di Hopper diventa colore che costruisce gli oggetti, i
corpi, le sensazioni.
La sua
pittura si inserisce bene in un Post-impressionismo.
Anche
quando dipinge il mare cerca il volume tra scogliere che contrastano il
violento movimento delle acque.
Dalla
metà degli anni Venti, soprattutto partendo dalla tela “Il faro sulla collina”
(1927), il suo stile non ha più periodizzazione: la presenza costante del sole
diventa il protagonista (anche se mai dipinto esplicitamente), illuminando,
penetrando dentro stanze solitarie, esprimendo quietamente la nostalgia o la
ricerca di una dimensione trascendente.
Nell’ultimo
decennio della sua vita è tormentato dal pensiero della morte senza trovare
consolazione in nulla; è il periodo in cui dipinge “Sole in un caffè” (1958) –
“Secondo piano al sole” (1960) – “Gente al sole” (1960) – “Una donna nel sole”
(1961) – “Sole in una stanza vuota” (1963).
Lui
stesso afferma: “Tutto quello che volevo fare era dipingere la luce del sole
sul lato di una casa.” – riaffiora, quindi, l’ossessione della luce che non lo
abbandona più dopo il ritorno da Parigi, viaggio compiuto mezzo secolo prima,
ma che non lo aveva mai abbandonato.
Per
essere un artista, Hopper appare fin troppo semplice ed austero, ma, in realtà,
possiede una personalità forte, decisa, che gli permette di esercitare un
rigido controllo sul mondo che lo circonda.
La sua
carriera artistica è una lunga e costante ricerca della sua profonda identità
individuale.
Hopper
è un uomo tranquillo, riservato e discreto, che lavora lontano dai clamori
quasi come un eremita, rifuggendo dai luoghi della mondanità.
E’
interessante notare il rapporto intimo che nasce tra alcuni dipinti di Hopper e
le pellicole cinematografiche di Alfred Hitchcock.
Gli
anni Cinquanta e Sessanta per Hopper sono carichi di premi e riconoscimenti,
fino a quando l’artista si trova costretto a smettere di lavorare per problemi
di salute.
Muore
il 15 maggio 1967 nella sua casa-studio di New York; un anno prima dipinge la
sua ultima opera “Due attori”.
Il
dipinto si può considerare un vero e proprio testamento pittorico di Edward
Hopper, il suo congedo, nel quale i due attori in costume, Pierrot e Pierrette,
(nelle sembianze di Edward e della moglie Jo) si inchinano nel salutare gli
spettatori.
E’ il
suo modo originale di paragonare la vita ad una commedia nella quale ognuno di
noi recita il proprio ruolo: il suo è stato quello di artista.
Sulla
vita, Hopper dichiara “La vita interiore di un uomo è un regno vasto e
variegato e non riguarda solo dei piacevoli accordi di colore, forma e disegno.
Il
termine ‘vita’, come lo si usa in arte, è qualcosa che non si può disprezzare,
perché coinvolge tutta l’esistenza: l’arte deve reagire all’esistenza, non
evitarla.
La
pittura deve occuparsi in modo più completo e meno evasivo della vita e dei
fenomeni della natura, per poter tornare ad essere grande.”
I RIMEDI DELLA NONNA
Tisana per la tosse
suggerita da Cinzia
- 1 tazza da tè di acqua
- 4/5 brocche di garofano
- 3 pezzi di cannella
- 1 limone
-
Miele e ruhm
Bollire, per
cinque minuti, una tazza di acqua insieme alle brocche di garofano ed ai pezzi
di cannella.
L’infuso così
ottenuto va filtrato e mescolato ad un limone spremuto, ad un cucchiaio di
miele e mezzo bicchiere di ruhm che nel frattempo erano stati preparati a
parte.
Va consumato molto
caldo.