Seduti allo stesso tavolo

Seduti allo stesso tavolo
Il nuovo romanzo di Stefania Convalle, sul mondo dell'editoria.

mercoledì 15 marzo 2017

Numero 271 - Posso prendere un po' di tempo per me? - 15 Marzo 2017


Posso prendere un po' di tempo per me? 
Stasera vi racconto una storia, la scrivo io perché a volte mi dimentico che il foglio bianco mi aspetta e tante, troppe volte lo sacrifico per dare spazio ad altre cose, tutte belle e appaganti come condividere con altri scrittori gioie e dolori di questa passione, ma la voglia di stare  con me stessa e le parole che bussano ad un cuore a volte stanco stasera vuole vincere.

Vi racconto una storia di condivisione.

Un giorno di qualche tempo fa mi venne in mente un'idea, un progetto particolare che nasceva dalla mia voglia di giocare con le parole, sfidando me, le mie presunte capacità, ma soprattutto la spinta a raccontare. 
Pensai che sarebbe stato bello iniziare un romanzo che sondasse tutte le lettere dell'alfabeto narrando le memorie di una vecchia signora, una anziana scrittrice, forse come io mi vedo proiettata nel futuro.

Il progetto era ambizioso - Dalla A alla Zeta, riflessioni romanzate. 

Ma a volte i progetti rimangono fermi per tanto tempo per modificarsi, superati dalla vita stessa che ti porta verso altre storie che mi hanno chiamata, i romanzi che ho scritto nel frattempo.

E così, quel progetto si è modificato, dentro un concetto che io amo: condivisione.
E' ripartito, da quell'idea originale, un percorso diverso insieme ad altri tre autori. L'impronta è cambiata e quel primo capitolo è rimasto lì a sonnecchiare tra i file di un vecchio computer.

Ma stasera, tra un bicchiere di vino e una sigaretta, ve lo voglio regalare.
Quell'inizio che ha anche una sua fine, tutto sommato.
Una piccola storia che può vivere di vita propria.
Eccolo.


UNA SEMPLICE  "A"
di 
Stefania Convalle

Dalla A alla Zeta, mi racconto. Così mi chiedono di fare e così faccio.
Mi hanno detto – prova a scrivere quello che ti viene in mente per ogni lettera dell’alfabeto – Fosse facile!

La lettera A evoca in me tante di quelle parole che sceglierne una è quasi impossibile; e allora penso che posso attraversarle tutte come se fossero un fiume da guadare.
Ne ho guadati di fiumi nei miei settant’anni di vita! 
Sono un’anziana signora piena di acciacchi, a volte le mani mi fanno così male per l’artrosi che fatico a scrivere, ma vado avanti lo stesso perché mettere le parole su un foglio è stata la mia vita e non potrei mai rinunciare a questa magia che mi porta in lungo e in largo per le strade della mia anima.

Anima, che parola importante. Ricordo un caro amico che è al mio fianco da tanti di quegli anni che non mi ricordo più,  che un giorno mi confidò, ricordandosi del nostro primo incontro che cominciò con un abbraccio, che per lui era stato come stringersi alla sua stessa anima;  aveva capito in quel  preciso istante come la nostra amicizia fosse una perfetta fusione  che andava al di là dello stesso amore.
Amici così ce ne sono pochi e devo dire che nella mia lunga vita sono stata fortunata perché ne ho avuti di importanti che mi hanno accompagnata fino a qui, a questo settantesimo compleanno che festeggio nella casa dove ho scelto di vivere i miei ultimi anni.

La casa sul mare.

La festa è iniziata, e tra torte e candeline, mare e amache legate ad alberi alti e rassicuranti dove ci dondoliamo ricordando la giovinezza che ci rendeva forti e leggiadri, ridiamo di noi e di quello che non riusciamo più a fare perché, diciamolo, diventare vecchi è faticoso, anche se devo ammetterlo: uno spettacolo imperdibile.

Dentro l’avvenimento di un’alba che  con i suoi rosa e arancio ci rallegra gli occhi e non ce la perdiamo più per niente al mondo – anche perché dormiamo meno – ascoltiamo le ansie e le angosce dei più giovani che non hanno ancora sciolto tutti i nodi e che noi, invece, per fortuna, ci siamo gettati dietro le spalle.
Un’amica di cinquant’anni mi chiede se vorrei tornare indietro a quell’età.
No, credo sia stato uno dei periodi peggiori della mia esistenza.
Lì, davvero, si chiude una porta, e a tratti non sappiamo darci pace,  ma ancora non capiamo che si apre un portone, perché gli anni che sopraggiungono dopo, seppur zoppicanti, sono quelli che assapori di più. Sono quelli che vivi apprezzando davvero ogni minuto presente, perché il futuro è un concetto che ti appartiene sempre meno.
Impari a godere della bontà di un fico colto dall’albero. Ti sorprendi a canticchiare mentre prepari il sugo per la pasta e lo fai senza fretta perché le corse sono finite.

E poi ti regali le cose che hai sempre sognato.
Questa casa, per esempio.
Una casa col patio, colorata dei colori caraibici, perché l’allegria sia sempre con me.
Non ho più bisogno di molte cose, le ambizioni per le cose materiali sono volate via, ma forse perché ho ottenuto quello che volevo. Il successo, per esempio, l’agiatezza. Sono stata fortunata, lo ammetto.

Però  quando si è aperta quella porta, ho avuto paura.

Ora lo posso dire, la fama mi ha spaventata da morire e ne sono quasi fuggita, ma è difficile uscire da un ingranaggio che viaggia come un frullatore al massimo della potenza.
Ho avuto quello che avevo cercato per tanti anni, si erano accorti di me, dei miei libri, delle mie storie. L’euforia iniziale lasciò  presto il posto a nuove ansie, le ansie di non avere più niente da dire, di non essere più capace di accontentare un pubblico composto di lettori in attesa. Ma tutto arriva per insegnarci qualcosa e quello che dovevo imparare era che essere famosi conta poco, ma importava riuscire a scrivere qualcosa di buono che arrivasse al cuore di qualcuno.
Sono scappata dal clamore, mi sono rifugiata qui. Mi sono scrollata di dosso le lusinghe, i piccoli giochi di potere, sono scesa da un piedistallo dove mi avevano messa, era scomodo e mi toglieva la libertà.
Ho preso poche cose, la mia macchina da scrivere, dei fogli bianchi, la matita e una gomma.
Ho lasciato le “a” scomode – le ansie, le angosce, le ambizioni, le  aspettative – e mi sono portata dietro le “a” che contano – l’amore, gli amici.
Ho attraversato il fiume con le mani piene di voglia di appartenere a giornate serene e senza allungare troppo lo sguardo su ciò che sarebbe arrivato dopo.
Con me c’è una “a” importante: il mio angelo custode. C’è da tutta una vita, ma lo sento solo da qualche anno e da quando l’ho cercato, chiamato, invocato, ecco che l’ho sentito, o si è fatto sentire, non lo so. A volte mi pare persino di vederlo, tra le ombre della sera, nel fruscio degli alberi, e mi sento più sicura perché avverto il suo sorriso e so che va tutto bene.

Le mie “a” sono finite. Un piccolo vocabolario che spero abbia creato una bella atmosfera dentro la quale perdersi e viaggiare ancora insieme.

È il momento di soffiare sulle candeline.

Siete con me?

https://youtu.be/7nXu0tGYqx8

sabato 11 marzo 2017

Numero 269 - La magia di un cappuccino - 11 Marzo 2017




La vita è davvero un salto nell'infinito dei propri sogni.

Ma andiamo per ordine.
Tutto cominciò da un cappuccino...


Mesi fa cominciai a concedermi quasi ogni mattina la mia colazione preferita in un grazioso bar del quartiere dove vivo.

Tre ragazzi stupendi a gestirlo, 
anzi, se passate di lì, andate a prendere un caffè;-)
Il mio Bar - Via Goldoni 22 - Monza
(pubblicità NON occulta ;-) )

dicevo

tre ragazzi fantastici


E così
cappuccino dopo cappuccino
giorno per giorno
una chiacchiera oggi
una chiacchiera domani

ho conosciuto meglio Andrea.

Non voglio fargli troppi complimenti perché altrimenti si monta la testa ;-)
ma di sicuro è un ragazzo che, nonostante i suoi 25 anni, conosce la vita e sa che ogni cosa bisogna inseguirla con impegno e determinazione, per realizzare uno per uno i propri obiettivi.




E di chiacchiera in chiacchiera scopro che lavora, studia e, leggendo qualcosa sulla sua bacheca di Facebook, mi accorgo che scrive in modo particolare.
Le mie antenne si rizzano immediatamente;-) 
sapete che oltre a scrivere mi piace anche scovare talenti, non per niente ho fondato la Edizioni Convalle.

Gli propongo di scrivere un monologo per partecipare al mio Poetry Slam, 
si lancia e lascia un segno nel pubblico: 
il ragazzo ha del talento.


Inizia a partecipare ai miei laboratori di scrittura, 
scrive tra un cappuccino e l'altro, nei ritagli di tempo, 
ma scrive belle cose. 
E oggi voglio darvene un assaggio.
Una lettera.
A chi?
Lo scoprirete alla fine.


Lettera
di
Andrea Baratti


Caro Amico,
ti scrivo perché  ho bisogno di dirti qualcosa.
È inutile negarlo, negli ultimi anni non andiamo molto d’accordo.
Ricordo quando ero piccolo, quasi non badavo a te, molte volte ti davo per scontato e per questo ti chiedo scusa, però nonostante la mia superficialità tu eri sempre con me, sembrava non te ne saresti andato mai, a volte mi davi persino troppo, ma non mi sono mai lamentato della tua presenza.
Invece ora che sto crescendo, noto che ti presto molta più attenzione; scappi via da me, mi dedichi solo un giorno a settimana e a volte neanche quello.
Sento di aver bisogno di te, non voltarmi le spalle, sai quante cose ho da fare, quanti impegni,  sai anche che non posso farcela senza la tua presenza!
Non ti darò mai più per scontato: è una promessa. Farò di tutto per assecondarti, sono di parola… Lo sai.
Vorrei godermi insieme a te ogni cosa, i miei amici, il mio lavoro, soprattutto la mia famiglia.
So che un giorno non ci sarai più per me, ma è quel giorno è ancora lontano e non voglio pensarci.
Cerco di godere di te ora, con la speranza nel cuore che un giorno andremo d’amore e d’accordo, un grosso abbraccio.
Andrea

- Lettera al tempo

...
Il tempo, il tempo che passa e sfugge, già...
Riflessioni profonde per un giovane che ha tutta la vita davanti.

Ma le lettere non sono finite. E Andrea ce ne regala un'altra.


Lettera a...
(quasi una poesia
dal ritmo sincopato)
di
Andrea Baratti

Ti ho in testa.
È  più forte di me, devo soddisfare la mia voglia.
Giornata di merda, ma ora che siamo soli rilassami, mi ecciti.
Spesso ti immagino, a volte non ti conosco.
Presentiamoci, 
mi racconti di te, non ti ascolto, 
potrei capirti ma non lo faccio, 
non voglio cambiare l'idea che ho di te.
Sei frustrante, mi ricordi ciò che non vorrei ricordare, 
spunti fuori dal nulla raccontandomi di me. 
Sparisci.
Non ti ho chiamato, non ti volevo.
Ma ora  che sei  qui, ti prego, 
non andare proprio ora che mi parli di lei.
Mi mostri ciò che ero, 
quel me  sopito che saltella fuori in attimi di euforia.
Provocami, con quel pizzico di nostalgia.
Mi fai sentire come sapeva fare solo lei, 
quando consapevolmente sbagliavo 
solo per amore del suo modo di correggermi
E poi rideva, Dio che risata, 
facevo finta di offendermi, ci cascava sempre
E poi baci, amore…. 
ORA SMETTILA
Ora mi racconti di un mio errore, 
che rifarei ma solo per paura di non esser ciò che sono.
Sapevo di sbagliare, 
di illuderla coinvolgendoti 
sapendo malignamente quanto tu fossi influente su di lei.
Ma quel sapore di noi, 
cosi diverso dall’amore ma così simile, 
un desiderio irrefrenabile.
Non era giusto, ma il peccato è attraente, 
tirava fuori quel lato di me che ancora oggi mi seduce, 
mi spaventa.
A te che mi parli tutti i giorni, 
oggi ho voluto parlarti io, 
forse non lo farò mai più, ma ti ascolterò.
Finché le forze non mi abbandoneranno 
io ci sarò, 
non voglio e non posso fare a meno di te.

- Lettera alla musica -

...

Eh, la musica...
Quali corde è capace di muovere...

E allora chiudiamo con questo breve dialogo improvvisato dal nostro Andrea.
Immaginate una salotto (il mio), persone che si riuniscono per giocare con le parole, una musica, un'emozione che si muove dentro di noi e si posa sul foglio.


Al confine
di
Andrea Baratti

- Hai nascosto la verità
Eri giovane, troppo giovane!
- Ti sogno, sembrava stessi dormendo.
Maledetta, mi ha portato via da te!
- Sono ancora qua!
Non posso più tornare indietro.
- Mi manchi
Ho dovuto mentirti, non saresti stato più lo stesso.
- Non è vero! Ti avrei goduta fino in fondo lo sai.
Non volevo essere compatita, non avrei voluto farti del male. Perdonami ti prego.


Andrea Baratti: 
se il mio fiuto non sbaglia, sentirete parlare di lui.

Alla prossima
dalla vostra
Stefania Convalle