La fotografia che vedete in testa a questo numero è la copertina scelta dal Caporedattore di turno, Vittoriana Motta.
Il titolo della rivista immaginaria è... Scopriamolo insieme, leggendo anche tutti gli articoli scritti dalla squadra di redattori di Vittoriana.
ALTRA DANZA
Rivista di Danza Classica e Contemporanea
EDITORIALE
(a cura di Vittoriana Motta)
cosa c’è di più bello del piacere di immergersi nel flusso della musica alle prese con i passi di una nuova danza? È quello che faremo grazie all’inviata Tania Mignani, la quale ha provato per noi un nuovo ballo, che vi lascio scoprire nelle pagine che seguono.
Continua anche il nostro percorso storico nel mondo dei balli. In questo numero Graziella Braghiroli ci porterà in Francia all’inizio del Settecento a conoscere il Minuetto.
Incontreremo poi la grande ballerina Elisabetta Bigoni che, intervistata dalla nostra inviata Linda Silvia Scarpenti, ci svelerà qualche dettaglio di “Romeo e Giulietta” in chiave moderna, in scena questo mese nella nostra città.
Con la certezza che la vostra curiosità vi spinga a girare pagina, vi auguriamo una buona lettura.
C’era una volta a… Bollywood
Tania Mignani
in via del tutto eccezionale,
si tiene una serata di prova della Bollywood Dance.
Quando la mia amica Carla mi ha
chiamato annunciandomi di farmi trovare pronta per le otto perché mi avrebbe
portato in un luogo straordinario, ero ben consapevole di quanto fosse erronea
tale affermazione: alle otto di sera esisteva un solo luogo straordinario, ed
era il divano di casa mia. Ma chiunque abbia a che fare con un’amica come
Carla, sa benissimo quanto qualsiasi protesta sia superflua, quindi, tanto vale
rassegnarsi e sperare sia rapido e indolore, di qualsiasi cosa si tratti.
Durante il tragitto, la valanga di
informazioni che mi si è riversata addosso non mi ha impedito di isolare alcune
parole-chiave: scuola di danze bollywoodiane. Ora, io sfido chiunque a rimanere
calmo e impassibile, dopo essersi reso conto di quale destino avverso lo stesse
aspettando. Ma non era forse lei che fino a poco tempo prima andava predicando
di dottrine new age, ricarica interiore e centro di gravità permanente? Mi
fulmina con un’occhiata puntualizzando che, come al solito, sono rimasta
indietro, che devo adeguarmi ai nuovi trend. Taccio, anche se vorrei tanto
risponderle che stare al passo con i suoi nuovi trend è impresa alquanto
impossibile, considerando che cambiano ogni tre per due.
Ed eccoci arrivate alla Scuola di
Danza dove, in via del tutto eccezionale, questa sera si terrà una serata di
prova della Bollywood Dance. Mi guardo intorno, la sala d’aspetto pullula di
gente: per ogni “Carla” entusiasta c’è un’amica come me, strappata a forza da
un divano e da un caldo plaid. Ci riconosciamo, siamo quelle silenziose che
pensano commosse alla loro tisana alla passiflora e alla trentatreesima replica
di Titanic che si stanno perdendo.
La lezione di prova sta per
cominciare. Due ragazze bellissime ma, soprattutto, giovani e magre, fasciate
in due sari Technicolor che solo loro possono permettersi di indossare, ci
sorridono da una pedana. Una delle amiche entusiaste chiede se la
partecipazione al corso preveda l’utilizzo di tali costumi. Io e le altre
accompagnatrici ci guardiamo smarrite, per venire immediatamente rassicurate
che, solo al termine dell’intero corso, quando si metterà in scena una specie
di saggio, si potrà pensare ai costumi.
Le simpatiche ragazze ci
elargiscono alcune nozioni teoriche. Ci spiegano cosa si intende per Bollywood:
quello stile cinematografico indiano, che prevede produzioni mastodontiche di
film sotto forma di commedia e, da qui, l’origine di un genere musicale e di
danza che, pare, stia spopolando nelle scuole di danza italiane. Se poi
volessimo continuare e frequentare il
corso, potremmo accorgerci di quanto tale danza sia benefica per il corpo e per
lo spirito. Parrebbe, infatti, che equivalga a un allenamento completo che
conferisce flessibilità, velocità di esecuzione e tecnica muscolare, il tutto a
un ritmo incalzante di musica che favorisce la socialità e il buonumore e,
udite udite, garantendo persino una sicura perdita di peso.
I passi base che ci vengono
mostrati non sembrano difficoltosi: riesco persino a seguirli e a dare loro un
senso.
La lezione continua e ci
appassioniamo sempre più. Sarà per la grazia delle insegnanti o per il ritmo
coinvolgente ma, alla fine, ci guardiamo incredule, non saremo leggiadre e
aggraziate ma ci siamo impegnate e, soprattutto, ci siamo divertite.
Le due ragazze ci ringraziano e ci
invitano a iscriverci al corso. Guardo la mia amica Carla e le altre entusiaste
come lei. Mi accorgo che il loro entusiasmo è già scemato, oppure si sta
orientando verso un nuovo trend. Sono così, loro, falene sempre alla ricerca di
nuove luci.
Mi viene offerto un biglietto con
il numero di telefono, è meglio prenotare nel caso si pensi di partecipare.
Carla, impaziente, mi aspetta in auto con il motore già acceso, io ringrazio e
saluto.
Magari la prossima settimana non ci
sarà niente di interessante in televisione, magari il pensiero di fare un po'
di movimento divertendosi mi farà schiodare, almeno per una sera, da quel
divano.
Sai che c’è? Io, quasi quasi, mi
iscrivo.
Anche nel Settecento, periodo di maggior splendore della Serenissima, il Carnevale impazzava per calli e piazze già dal giorno di Santo Stefano. Per tutti, il divertimento era assicurato con canti e balli sfrenati fino a notte fonda.
Ma cosa succedeva nei palazzi che, tuttora, si specchiano nel Canal Grande? Se si stava attenti, si poteva sentire una musica soave dove il clavicembalo la faceva da padrone e si capiva che, in quel momento, si stava ballando il Minuetto.
Il minuetto è nato come ballo popolare nella regione francese del Poitou. Il suo nome deriva dalle parole pas menu (piccoli passi) e definisce passi corti e aggraziati, ben diversi da quelli in voga fino a quel momento in balli molto meno raffinati.
Fu il Re Sole, Luigi XIV, a portare il minuetto alla reggia di Versailles, decretandone il successo in tutte le corti europee. Jean-Baptiste Lully, musicista di corte e ottimo ballerino, è considerato il primo compositore di minuetti, tra opere e balletti ne ha scritti ben novantadue!
La danza seguiva una sorta di rituale. All’inizio, una sola coppia si esibiva mentre gli altri osservavano. I ballerini s'inchinavano alla Presenza, identificata con il Re, poi eseguivano riverenze uno nei confronti dell’altro e la danza poteva iniziare secondo uno schema preordinato. Alla corte di Luigi XIV, per esempio, i passi disegnavano sul pavimento un’immaginaria lettera “S”, proprio in omaggio al Re Sole.
Nel Settecento, dame e cicisbei lo usavano per flirtare senza attirare troppo l’attenzione. Una riverenza, un’occhiata languida, uno sfiorarsi quasi per caso e si gettavano le basi per un futuro incontro, al riparo da occhi indiscreti.
Il successo del minuetto fu tale che, ancora oggi, lo si identifica con la musica barocca per eccellenza.
Musicisti di fama come Haydn, Boccherini e Johann Sebastian Bach lo inserirono nelle loro sinfonie. E come dimenticare il minuetto del Don Giovanni di Mozart? È ballato dagli aristocratici Don Ottavio e Donna Anna mentre i loro servitori si scatenano in una danza plebea evidenziando la cultura e le posizioni sociali differenti.
Con l’avvento del Romanticismo, l’importanza del minuetto calò fino a scomparire del tutto. Fu sostituito da ritmi sempre più veloci che sfociarono nel valzer, ritenuto in un primo tempo scandaloso, ma che non ha mai conosciuto rovesci di fortuna, visto che si balla ancora oggi.
Ma del valzer vi racconterò un’altra volta.
Intervista a Elisabetta Bigoni,
prima ballerina del Teatro alla Scala di Milano
Linda Silvia Scarpenti
in occasione della nuova messa in scena del
Romeo e Giulietta al teatro Verdi
Protagonisti i primi ballerini Elisabetta Bigoni e Roberto Rota della compagnia il Balletto di Milano.
Il regista, Giorgio Achilli, uno dei migliori coreografi italiani degli ultimi trent’anni, è l’artefice di tale rielaborazione, con dialoghi fedeli all’originale, ma ambientazione contemporanea.
A pochi giorni dal debutto, abbiamo ottenuto in esclusiva di intervistare Elisabetta Bigoni, la protagonista femminile Giulietta.
- Innanzitutto, grazie per avere accettato di dedicarci un po’ del suo tempo preziosissimo.
- Nasce a Genova nel 1992, inizia a studiare danza molto piccola e capisce subito che quella sarebbe diventata la sua strada. Intraprende gli studi accademici presso la Scuola di ballo del Teatro alla Scala di Milano, dove si diploma nel giugno 2011.
- Esatto.
- Sarà, quindi, la Giulietta del balletto che attendiamo tutti di vedere.
- Sì, la protagonista di questa versione moderna che vuole trasmettere un messaggio di speranza, per quanto l’epilogo della storia – la morte - sia lo stesso di quello originale.
La storia di due famiglie, i Montecchi e i Capuleti, in eterna lotta tra di loro, distanziate dalla fede religiosa, che vivono in un mondo dove la pace è pura utopia, e che quando trovano accidentalmente un punto d’incontro attraverso l’amore dei due ragazzi, non sanno coglierne l’essenza che è di basilare importanza per proseguire in un cammino meno tortuoso e irto di ostacoli. Devo dire che sono veramente emozionata. Ma, del resto, l’emozione è una costante comune a molti tipi di carattere, quella che non ti lascia mai e ti sta sempre vicino come un’amica fedele.
- Qual è questo messaggio di speranza?
- Giorgio (Achilli, il coreografo, ndr) ambienta il suo Romeo e Giulietta in un qualsiasi imprecisato luogo del nostro mondo, polveroso, triste e buio, dove la fine di una guerra sembra dover dare seguito a una rivoluzione, e dove la pace sembra essere ancora lontana. Pochi i costumi; cupa e scura l’illuminazione. La scenografia, creata da pochi elementi, è però essenziale. Vede quel muro grigiastro sullo sfondo? Anzi, quello che resta di quel muro? Ebbene, proprio da quel muro, che porta con sé il ricordo di un conflitto mondiale che ha soffocato e annichilito i sentimenti di intere generazioni, si leva un grido contro le brutture della guerra e contro le discriminazioni di questo mondo: un messaggio di speranza che arriva al cuore, ricco di determinazione a superare antichi dissapori, incomprensioni e odi.
- Cosa rende attuale il testo di un’opera così imponente come quello di Romeo e Giulietta?
- Le tematiche sociali di allora che continuiamo a ritrovare anche ai giorni d’oggi, all’interno della nostra società: la prevaricazione sociale, la continua lotta contro il tempo, le lotti di classe, la vendetta, il forte che vince sul debole, la paura del diverso… E così via. Con la differenza, però, che il messaggio di sconfitta presente nel testo originale – sarà sempre il più forte a vincere (la morte) – nella rivisitazione moderna di Achilli diventa un messaggio positivo: di speranza, appunto.
- Ci parli ancora un po’ di lei, adesso. Quale desiderio o sogno ancora non è riuscita a realizzare?
- Da bambina sognavo di diventare ballerina, e da grande sono riuscita a coronare questo sogno. Adesso, voglio solo ballare, e nulla può distrarmi. Per me il desiderio più grande è trasmettere la mia energia. E ci lavoro giorno dopo giorno.
- Che cosa suggerisce a tutti quei giovani ballerini che, al giorno d’oggi, trovano maggiore visibilità mediatica?
- Credo fermamente che la danza sia un sogno e che, per mantenerlo come tale, non serve solo lavorare con disciplina e determinazione, ma occorre anche umiltà. Vorrei aggiungere, poi, che il traguardo più importante per me è riuscire sempre a mostrare e trasmettere i sentimenti dei miei personaggi, e non solo di raccontarne la storia legata a un luogo e a un tempo specifici. Posso suggerire loro di rendere quella storia talmente viva e reale da farla diventare quasi la loro storia, nonché la storia di ognuno. E di ricordarsi che nella danza – come in tutte le manifestazioni d’arte - conta solo la poesia che si riesce a far arrivare e, soprattutto, quanto essa suscita in chi l’ascolta.
- Un’ultima domanda: qual è il dono più grande ricevuto dalla danza?
- La voglia di andare sempre avanti, di ballare sempre meglio e sempre più, in tutti i teatri delle città più importanti. Danzare è linfa vitale; vorrei portare me stessa al massimo delle mie capacità.
Vittoriana Motta, caporedattore per una manciata di giorni ;-) ha strutturato una rivista immaginaria molto interessante e particolare, cercando di suscitare la curiosità dei lettori con gli articoli affidati ai propri redattori.
Tania Mignani ha dato una nota di colore alla rivista, raccontando di una ipotetica prova sul campo di una disciplina inerente alla danza. Lo ha fatto con la sua consueta ironia, facendo però anche delle riflessioni di costume che elevano il suo pezzo.
Graziella Braghiroli ha dato un apporto molto interessante e di cultura, affrontando l'argomento del ballo sotto un profilo storico, ma offrendo ciò che scriveva con leggerezza di penna, e questo è un valore aggiunto per non annoiare il lettore.
Infine, Linda Silvia Scarpenti, con la sua intervista immaginaria, ci ha fatto entrare nel mondo della danza classica con grazia, facendo emergere tutto ciò che c'è dietro la vita di una ballerina, la vita di sacrifici prima di salire su un palco.
Tre penne che Vittoriana Motta ha saputo armonizzare tra loro, proponendo al lettore un numero di una rivista interessante, che informa, senza però mai appesantire la lettura. Quindi, i miei complimenti a lei e a tutta la sua squadra per il lavoro svolto.
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