Volevo solo avere più tempo

Volevo solo avere più tempo
Il nuovo romanzo di Stefania Convalle

mercoledì 2 novembre 2016

Numero 248 - I racconti della Buonanotte - 2 Novembre 2016


I RACCONTI DELLA BUONANOTTE
1
di Stefania Convalle

Finalmente. 
Finalmente si poteva infilare sotto le coperte per prendersi una vacanza dalla realtà. Dalla vita dura al sogno in cui ricaricarsi, durante la notte, otto ore tonde tonde per dimenticare tutto e rifugiarsi nel sonno.
Tutto il rituale era compiuto. Gas chiuso. Rubinetti chiusi. Porta di casa, chiusa. Piccole manie che diventavano, ogni sera, alle undici esatte, il cerimoniale che doveva accompagnarla nella valle dell’immaginario.
Amelia aveva fatto un corso sui viaggi astrali e aveva imparato che poteva partire ogni volta che andava a dormire. Beh, non era così semplice, uscire da sé, ma restare vigile, non  cedere al sonno, far addormentare muscoli e tutto l’armamentario, insomma, fare una ninna nanna al proprio corpo recitando una parolina che sembrava magica – FA-RA-ON – come un mantra.
Ci aveva provato diverse volte, le avevano spiegato che doveva cogliere quel preciso istante in cui ci sta per addormentare, e allora, solo allora, alzarsi dallo stesso suo corpo e distaccarsi dalla materia. 
All’inizio aveva paura: e se non fosse riuscita a rientrare nelle sue membra che rimanevano a rigenerarsi sul letto, mentre lei girovagava attraverso la sua coscienza? Al pensiero di vagare per sempre chissà dove, cedeva al sonno e pensava che vi avrebbe riprovato la sera successiva.
Ma quella notte… Fa-ra-on Fa-ra-on Fa-ra-on… Capì che la parte fisica di lei  era addormentata profondamente, mentre la coscienza era bella sveglia come dopo aver bevuto dieci caffè.
Si mise a sedere sul letto, leggera come dopo una dieta ferrea, si alzò e si accorse che si poteva guardare dormire: che strana sensazione!
Ora sapeva di poter andare ovunque, dal Sud al Nord, Est o Ovest, sulla Luna o su Venere, viaggiando oltre il tempo, prima e dopo.
Poteva anche decidere di dare un’occhiatina in qualche altra dimensione. Non c’erano cartelli per indicargli la strada e a dare suggerimenti. Chiuse gli occhi e le sembrò di levarsi in volo, in un volo senza ostacoli, nessun muro, niente di materiale  che non potesse attraversare con la sua energia. La paura di allontanarsi troppo dal suo corpo, però, la bloccò poco lontano. E se avesse perso la bussola?
Quella notte si limitò a fare una passeggiata astrale nei paraggi della sua casa, curiosando sopra i tetti delle case, quasi vicino alle nuvole dalle quali spuntava uno spicchio di Luna.
Che meraviglia! Pensò. Osservare senza che nessuno ci scorga, poter sostare tra i rami di un albero, proprio quello dove suo marito, quando erano ragazzi, l’aspettava per uscire insieme.
Quanti anni erano passati e quanti i sogni svaniti, lui era cambiato, ma forse anche lei non era più la stessa ragazza che lo  guardava come se fosse l’unico uomo sulla Terra.
Pensò al proprio corpo profondamente addormentato in quel letto matrimoniale, quasi un manichino senza coscienza. E accanto, immaginò quello ormai appesantito di Matteo. Un’ondata di tenerezza, un sentimento accecante come la luce di quel lampione sotto casa, la investì e la fece precipitare di nuovo nel corpo che aveva abbandonato pochi minuti, ore, prima… Chissà.
Il calore di Matteo la fece sentire al sicuro. Si girò verso di lui che dormiva su un fianco, come ogni sera. S’incastrò contro di lui, abbracciandolo.
E nessun viaggio astrale le sembrò più appagante di quel contatto umano.

Buonanotte.

3 commenti:

  1. Lascio ad Amelia l'immaginazione e le "passeggiate " notturne, io vado a nanna e non mi muovo dal mio letto. Bel racconto Stefania

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    1. Hai l'ironia di John Fante e non lo sai :-D
      Buonanotte! ;-)

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  2. ... e vissero felici e contenti ... buonanotte!!!

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