Seduti allo stesso tavolo

Seduti allo stesso tavolo
Il nuovo romanzo di Stefania Convalle, sul mondo dell'editoria.

giovedì 27 luglio 2017

Numero 287 - Lo Zen - 26 Luglio 2017



Ma quanto tempo è passato dall'ultima volta qui: un mese?!?
Questo già dimostra in quale frullatore io viva in questo periodo, impegni su impegni, ma una piccola pausa di qualche settimana fa è stata illuminante. 
Ero in centro e sono entrata nella libreria Virginia e C0.


Dopo aver conversato con Raffaella e   aver fatto razzia di libri, come al solito quando entro in questo mondo, lo sguardo  si è posato su un vecchio libro che mi guardava insistentemente ;-).


Raffaella, alla quale non sfugge un singolo battito di ciglia, ha detto: “Prendilo! Te lo regalo.”
“Veramente?”
Ero sorpresa, non capita proprio tutti i giorni!
Pare che lei abbia una teoria e cioè che i libri hanno dei genitori e che “LO ZEN” di Alan W. Watts   stesse aspettando proprio me.


Dovete sapere che nella mia vita ho fatto diverse cose, e una di queste è frequentare il Monastero “Il Cerchio” di Milano per diventare operatrice Zen Shiatsu. Per tre anni ho praticato e imparato molto sui meridiani energetici, medicina cinese, stati Kyo e Jitsu. 
Una goccia nel mare. 
Ho osservato molto, ascoltato, vissuto lateralmente la vita dei monaci.
Non mi sono fatta monaca buddista :-) sono solo diventata una shiatsuka e la pratica mi ha aiutata a muovere corde molto profonde di me che ho riversato nei miei libri.


Proprio in questi giorni, rileggendo "Una calda tazza di caffè americano" 

che è dal tipografo or ora per una nuova edizione con la Edizioni Convalle, ho ritrovato tante cose del mio percorso attraverso le discipline orientali. e ripassare certi passaggi del romanzo è servito a ricordare qualcosa che avevo perso di vista: la capacità di gestire il tempo e le proprie ansie.


Ma torniamo a "LO ZEN" che mi ha fatto ripercorrere le varie tappe di una strada che avevo già conosciuto, ho riletto concetti filosofici e non, soprattutto non, di questa corrente di pensiero.
La cosa che mi ha colpita, e in qualche modo rincuorata, perché a volte mi viene il sospetto di aver dimenticato tutti quegli insegnamenti, è che lo Zen non prevede che si sia santi! Eh no, una delle cose importanti è che lo Zen ha i piedi ben piantati in terra. La testa nella bellezza del Cielo, ma i piedi   non perdono per un solo istante il contatto con la realtà.
Perché se è vero che lo Zen ha ispirato, per esempio, la poesia di Basho, la cerimonia del tè, la tranquilla e semplice architettura giapponese, è anche vero che ha prodotto il rigoroso codice dei Samurai.
L’aspetto paradossale dello Zen sta in questa capacità di combinare la pace del Nirvana con l’intensa attività della battaglia e le attività comuni della vita quotidiana.” Senza dimenticare mai il proprio “centro”. Rigore, disciplina, ma anche e soprattutto tanta elasticità.
Ciò che soprattutto conta è acquistare un certo atteggiamento mentale che si chiama   immobile saggezza… Immobile non significa essere rigidi, pesanti e privi di vita come una roccia o un pezzo di legno. Significa il grado più alto di mobilità intorno a un centro che rimane immobile. La mente raggiunge allora il più alto grado di alacrità, attenta a dirigere la sua attenzione dovunque sia necessario… Vi è un centro immobile, che però procede, spontaneamente, insieme alle cose che gli si presentano innanzi. Lo specchio della saggezza le riflette istantaneamente l’una dopo l’altra, rimanendo in sé intatto e non turbato.”
Ho ricordato che lo Zen è molto concreto e il fulcro sta proprio nel non perdere di vista la vita che si vive, momento per momento.
Fluire insieme alla vita, senza cercare di afferrare l’onda del mare che muterebbe al solo contatto delle nostre dita.


I Maestri Zen si servono dei famosi Koan, quesiti surreali senza apparente o logica soluzione, che hanno il compito di spingere ad uscire da schemi preordinati allargando la mente, farci comprendere che la vita, tutto sommato, se vissuta senza resistenza ma con consapevolezza, è più semplice di quanto si creda.
Il famoso “qui e ora” non dev’essere solo una moda da occidentali apparentemente illuminati, ma dev’essere veramente un qui e ora, dalla testa ai piedi, non perdendo mai di vista il proprio centro.
Un filosofo si recò un giorno da un maestro zen e gli disse: "Sono venuto a informarmi sullo Zen, su quali siano i principi ed i suoi scopi." 
"Posso offrirti una tazza di tè?" gli domandò il maestro. 
Ed incominciò a versare il tè da una teiera. Quando la tazza fu colma, il maestro continuò a versare il liquido, che traboccò. "Ma cosa fai?" sbottò il filosofo. "Non vedi che la tazza è piena?""Come questa tazza"disse il maestro” “anche la tua mente è troppo piena di opinioni e di congetture, perché le si possa versare dentro qualcos’altro. Come posso spiegarti lo Zen, se prima non vuoti la tazza?”


Questo libro è servito a dare una rinfrescatina a quello che avevo imparato, a farmi ricordare che vivere Zen non è essere santi, ma è respirare con il respiro della vita. Non perdere il centro, essere elastici per schivare e far passare senza fare muro le aggressioni che possono arrivare dall’esterno, senza perdere il proprio personale equilibrio attraverso un radicamento al nostro centro, autodisciplina e, perché no, tanta autoironia!
Grazie, dunque, a Raffaella per avermi donato questo libro che in un momento molto intenso della mia vita, ci sta bene come il cacio sui maccheroni!


Scrittrice, sì. Editrice, sì. Donna sempre in pista, sì.
Ma…
Ma ho ricordato che  le onde del mare vanno ammirate e non afferrate, perché in quel preciso momento non esistono più e il panorama è cambiato.
Qui e ora. La soluzione di tutto?



 Alla prossima
dalla vostra
Stefania Convalle








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