Buongiorno a tutti!
Mi reputo uno scrittore
autodidatta. Mi sono posto la domanda: scrittore si nasce o si diventa? Mi sono
risposto che c’è un po’ dell’una che dell’altra condizione. Magari mi
sbaglierò, ma devo prendere comunque una posizione. Mi sono dilettato sempre a
scrivere in occasione di eventi religiosi e civili e di festeggiamenti tipo
matrimoni, anniversari, pensionamenti.
Molti anni fa, mi sono cimentato a
scrivere a mano due fogli di protocollo rigorosamente in rima – otto facciate –
in modo goliardico e dedicati ai fratelli, cognati, qualche cugino e amico
intimo. Ho ricordato loro fatti, aneddoti, marachelle, episodi ridicoli e
stupidate giovanili; non sono mai stato offensivo, ma solo satirico per ridere
insieme delle sciocchezze commesse, prima che l’oblio li inghiottisse per
sempre. Si sono meravigliati della mia memoria storica e mi hanno ringraziato
per aver ricordato il loro passato: se ne erano già dimenticati.
Non avevo mai pensato di scrivere
dei libri, in quanto il mio lavoro tecnico era lontano anni luce dalla
scrittura. Ma c'è stata una svolta nella mia vita: la conoscenza casuale dello
scrittore corregionale Leonardo Iozzi, che ha incrociato il mio cammino.
Costui, nelle vesti di commentatore
storico, alla presentazione di un libro di un mio amico fece un intervento
bellissimo, che fece restare tutti a bocca aperta. Dopo la presentazione del
libro c’è stato un rinfresco e caso volle che io e lui fossimo vicini di
tavolo. Durante la conversazione, scoprii che avevamo frequentato lo
stesso istituto tecnico, ma distanziati di dieci anni. Il rinfresco durò sì e
no un’oretta. Ci lasciammo, scambiandoci l’indirizzo.
Gli scrissi una lettera, lunga un
intero foglio di protocollo, complimentandomi del suo intervento e
ricordandogli l’ambiente scolastico e quello cittadino dell’epoca. Rimase molto
colpito dal fatto di avergli dedicato quella lettera senza conoscerlo a
fondo. Mi rispose e mi disse: «Le tue parole sull’ambiente scolastico e
cittadino mi hanno fatto commuovere; erano come pennellate su un quadro.» Poi,
aggiunse: «Io sono uno scopritore di talenti; vedo in te un talento nato; vieni
allo scoperto. Fin quando le idee, i pensieri, le emozioni, le riflessioni, le
considerazioni, le osservazioni rimangono chiuse in un cassetto, non vedranno
mai la luce.»
Ho pensato, Leonardo, mi ha buttato
un amo. Voleva che io abboccassi. E io ho abboccato, per mia grande fortuna, a
quell’amo e ho cominciato a scrivere il mio primo libro. L’inviai a Leonardo in quanto si era reso disponibile
per la correzione. Conclusione: tantissimo contenuto e poca tecnica. Mi
ragguagliò sull’altezza e sul tipo di carattere, sui margini del foglio e sul
formato A5. Quel manoscritto lungo oltre trecento pagine in A4 divenne
materiale per scrivere il mio primo libro “Il borgo del tempo sospeso” e il
secondo dal titolo “Il tempo sbiadito”. Bisognava trovare un editore, così mi
mise in contatto telefonico con un suo conoscente editore, senza che ci
fosse stata una presentazione diretta.
Ero al mare, l’editore aveva la
sede a circa trenta chilometri dal luogo di villeggiatura. Gli chiesi un
appuntamento e mi presentai a lui nel modo più naturale: pantaloncini corti,
canotta, ciabatte e cappello. Volevo far passare il messaggio che volevo essere
e non apparire, con molta spontaneità e libertà, quello che sono nella vita
corrente. Ho cercato volutamente di farmi accettare per come mi esprimevo e non
per come ero vestito. Mia moglie mi aveva consigliato di indossare pantaloni
lunghi, maglietta elegante e scarpe con calzini. Io le dissi che ero in vacanza
e che l’abbigliamento non era fuori luogo.
Entrai subito in sintonia con lui e
parlammo per una buona oretta come se ci fossimo conosciuti da sempre. Ci
lasciammo e mi disse: mandami il manoscritto. Glielo inviai e mi mise a
disposizione una ragazza di nome Antonella come editor. Lei mi inviava le
correzioni e io le accettavo senza protestare, anzi da lei dovevo imparare e
tenermela stretta come una brava maestra, senza contraddirla. Mi diceva: «Con
gli altri autori per far cambiare una frase devo buttarci il sangue, mentre con
te tutto fila liscio. Io la tranquillizzavo e la gratificavo, dicendo comunque
la verità. In quel momento, era la mia maestra e mi ero affezionato a lei, avevo solo da imparare e carpire i segreti della scrittura.»
Da lei ebbi una grandissima
gratificazione. Doveva presentare una tesi universitaria per una seconda laurea
e mi chiese il permesso di poter usare il mio libro come argomento di
conversazione. Mi confessò che stava scommettendo su di me, dicendomi che in
quel momento stava correggendo il libro di un noto presentatore A. L. della RAI
del programma "Mi manda Raitre". Poteva giocare facile col libro di A. L., però
preferì il mio testo. La sua intuizione ebbe il successo sperato ed entusiasmò
la giuria per la genuinità e l’originalità del testo, oltre al contenuto umano,
storico e ambientale.
Ormai, avevo capito il segreto
della scrittura grazie all’amore e alla passione e messo in pratica il
consiglio del prete della mia infanzia che, alla domanda come si impara a
pregare, rispose: pregando! Quindi, io per analogia ho imparato a scrivere
scrivendo. Sembra che stia dicendo una cavolata, però tutto dipende
dall’esperienza che si fa nella vita. Si sbaglia e si rimedia; si risbaglia e
si rimedia di nuovo, ma con più acume. Non è bravo chi non cade mai, ma chi
cade e si rialza.
Poi, sono stati scritti e
pubblicati altri quattro libri e con “Canti Canzoni Cantanti” sono arrivato a
quota sette. In questo momento, ho altri libri pronti per essere pubblicati, di
cui due romanzi. Mi sto cimentando a scrivere un libro sugli Haiku, ma dovrei
capire il numero minimo di pagine e quanti ne sono ammessi per foglio.
Carmine Scavello
E ora la parola all'editrice ;-)
Quando ho chiesto a Carmine Scavello di scrivere un pezzo per raccontarsi ai lettori, per questa rubrica, lui mi ha mandato una lettera (via mail) con il testo che ho postato qui sopra, concludendo poi così: Alla fine della narrazione ho accelerato tantissimo per non scocciarti più di tanto.
Ecco, lui è così, attento a "non disturbare".
Lo dico sempre: se Carmine non ci fosse, bisognerebbe inventarlo! Perché lui è una persona davvero speciale.
Ci siamo conosciuti a una mia presentazione nella libreria di Cernusco sul Naviglio, "Bottega del libro", e lui era seduto in un angolo, attentissimo e partecipe di tutto ciò che dicevo. Ricordo che alla fine mi salutò dopo aver acquistato "Scrivere", lasciandomi degli opuscoletti dove erano presentate le sue opere. Lui è molto intraprendente! Ma sempre con garbo, ed è questo che mi piace.
Partecipò al premio letterario, quinta edizione, "Dentro l'amore", scrivendo una bellissima ed ecologissima lettera al mare che ottenne un riconoscimento al premio stesso.
Poi m'inviò un manoscritto proponendolo per la pubblicazione: Canti. Canzoni. Cantanti.
In un primo momento - devo essere sincera - ero molto perplessa perché non sapevo come avrei potuto collocare un'opera di quel genere nella linea editoriale di Edizioni Convalle. Ne parlammo anche a un mio firmacopie, sempre alla libreria di Cernusco, era settembre (se non sbaglio) del 2020. Gli avevo espresso le mie perplessità e lui, devo dire, un vero gentleman che non si scompone mai, crede in sé stesso senza diventare arrogante ma mantenendo sempre la sua umiltà. Va beh, dopo qualche mese ci ho ripensato, l'ho letto tutto e ho scoperto che era una cosa completamente diversa da come l'avevo immaginata: un mare di ricordi, una celebrazione della musica, un tributo alla vita di alcuni dei cantanti che hanno fatto la storia della musica in Italia, ma tanto tanto tanto ancora.
E così l'ho pubblicato.
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