Volevo solo avere più tempo

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Il nuovo romanzo di Stefania Convalle

domenica 12 giugno 2022

Numero 405 - Post Office, Charles Bukowski - 12 Giugno 2022


Ho iniziato questo romanzo leggendolo insieme ai miei "allievi" del laboratorio di scrittura che conduco on line. Di Bukowski avevo letto solo alcune poesie, ma della sua prosa non conoscevo niente.
All'inizio, mentre leggevo a voce alta, ero coinvolta dalla sua scrittura immediata, che poi è quella che preferisco e che pratico. Ricordo di aver riso più volte per l'ironia e il suo cinismo nel narrare le vicende del protagonista che altro non è che il suo alter ego. E mi sono detta: Caspita, voglio leggere tutto di lui!
Poi sono andata avanti in solitario e ho cominciato a nutrire qualche perplessità... Ho capito che Bukowski, o si ama, o si odia. 
E io ci sto ancora pensando! 
Beh, no dai, non esageriamo. Non lo odio di sicuro, ma l'amore iniziale - tipo colpo di fulmine - si è raffreddato presto. 
"Post Office", a tratti, mi è parso un po' ripetitivo, come scene e concetti, ma d'altronde la vita stessa del protagonista è tale. E poi il linguaggio un po' troppo diretto in talune circostanze - diciamo così - in alcuni momenti mi è sembrato eccessivo, quasi fastidioso. 
Diciamo che al termine del romanzo, il cui finale è una delle parti migliori, non avevo la spinta per leggere altro di lui.
Detto ciò, Bukowski rimane sempre Bukowski e penso che se quello che ha scritto lui, lo avesse scritto un altro, non sarebbe passato alla storia. La sua penna non si dimentica, questo è certo. 
Però forse lo preferisco come poeta.
Riallacciandomi a un aneddoto che coinvolge uno dei miei scrittori preferiti, John Fante, ecco che il paragone arriva spontaneo e penso senza alcun dubbio che Fante sia decisamente superiore come romanziere. Non per niente, lo stesso Bukowski, mi pare intorno alla fine degli anni Settanta, rimase folgorato dal romanzo "Chiedi alla polvere" di Fante, scoperto per caso in una biblioteca, e volle conoscerlo a tutti i costi. Andò a trovarlo all'ospedale, dove Fante era ricoverato, e lo fece con grande emozione, visto che lo definiva "il suo Dio" come scrittore. Grazie a Bukowski, John Fante conobbe, negli ultimi anni della sua vita, la fama, in quanto Charles pretese che il suo editore pubblicasse le opere di colui che era diventato il suo mito.
Avendo letto quasi tutte le opere di John Fante posso capire Bukowski. Credo che nella scrittura di Fante abbia trovato la sua ma con una marcia in più, nel senso che Fante è ironico e cinico nelle sue narrazioni, ma le storie che narra sono più complete, a mio giudizio, a livello di trama, ma anche a livello di stile di scrittura e profondità di pensiero.
Credo che Bukowski, nel suo essere dissacrante, sia stato un uomo buono. Lo è stato con Fante, com'è stato corretto con il suo editore. 
Riporto da Wikipedia: "Nel 1969 accettò un'offerta dall'editore della Black Sparrow, John Martin: 100$ al mese per tutta la vita. Decise perciò di lasciare il lavoro alle poste per dedicarsi alla scrittura a tempo pieno. Aveva quarantanove anni. Come spiegò in una lettera di quel periodo: «Avevo solo due alternative – restare all'ufficio postale e impazzire... o andarmene e giocare a fare lo scrittore e morire di fame. Decisi di morire di fame». Meno di un mese dopo finì il suo primo romanzo autobiografico, Post Office, che lo rese celebre. Come forma di rispetto per la fiducia in uno scrittore relativamente sconosciuto, Bukowski pubblicò quasi tutti i suoi lavori successivi con la Black Sparrow."

Non è da tutti.

Quasi quasi, ne leggo un altro...


Alla prossima
dalla vostra
Stefania Convalle



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