Seduti allo stesso tavolo

Seduti allo stesso tavolo
Il nuovo romanzo di Stefania Convalle, sul mondo dell'editoria.

lunedì 16 gennaio 2017

Numero 264 - Nero su bianco - 16 gennaio 2017


NERO SU BIANCO 
di
Stefania Convalle

Nero su bianco scrivo la vita che in serate come queste – fumose, annebbiate – scivola su una pagina vuota senza trovare la strada, niente cartelli, direzioni obbligate. La luna calante dissemina di pulviscolo d’opale un cielo che s’interroga: chissà se anche le costellazioni hanno dubbi o paure? Inquietudini nell’angolo buio, disseminate come ricordi dentro una vecchia agenda, confondono le certezze.
Eppure non dovrebbe essere difficile vivere. Ma quello che vedo, e che forse sono anch’io, sono  esseri umani in continuo vagare dentro se stessi, nelle falle di una vita difficile da capire.

Ieri scrivevo così, a metà tra poesia e un racconto che butta male, ho chiuso il pc e mi sono detta che fosse meglio andare a vedere un film alla tv.
Detto, fatto: film che mi si para davanti al naso, “Un altro mondo”.  Il riassunto recita così: Andrea, giovane uomo, una famiglia ricca alle spalle, un difficile legame con una madre algida e anaffettiva, vive una vita superficiale e priva di responsabilità insieme alla sua ragazza Livia. Il giorno del suo compleanno Andrea riceve una lettera: il padre, che non vede da più di vent'anni, è in punto di morte e gli chiede di raggiungerlo in Kenya per l'ultimo saluto. Andrea vince le proprie resistenze e parte per Nairobi. Contro ogni previsione si ritroverà a dover gestire un'eredità alquanto singolare: un fratellastro di otto anni che il padre ha avuto da una donna del luogo. A questo punto inizia per Andrea un viaggio fisico e interiore che lo porterà molto più lontano di quanto avrebbe mai potuto immaginare.

Ecco qui, volevo qualcosa per ridere, distrarmi e rimango incastrata dentro una visione che parla di maternità, paternità, viaggi interiori, struggimenti vari.
Lasciamo perdere i sogni di questa notte.
E al risveglio pigro come ogni inverno, non è bastato il cappuccino con la brioche a risollevarmi l’umore. Quel sole abbagliante, così stonato in un gennaio qualsiasi, non migliora l’umore, anzi, mi fa desiderare la pioggia, la pioggia che ti mimetizza, anzi, un bel temporale che ti fa sentire  protetta e fortunata nella casa accogliente che la vita mi ha concesso, ma i sensi di colpa sono in agguato perché il pensiero va a chi, un riparo, non ce l’ha. E allora? Non c’è salvezza. Dov’è l’equilibrio?
Lo cerco nei panni da stirare, lavoro fisico che fa sempre bene, tgcom24, un gigantesco panettone a forma di babà con gocce di rhum; ma sì, affondiamo i pensieri cupi negli zuccheri e nell’alcol!
Eh, ma mica è così facile, babà = senso di colpa per i chili di troppo.
Niente da fare. Non se ne esce.
Ma il tapis-roulant mi chiama, ok, arrivo, ci provo, scarpette da ginnastica, tenuta da atleta vera, musica e si parte con una corsetta leggera.
Mi vedo riflessa nei vetri delle finestre, guardo i quadri appesi alle pareti, lo sguardo cade su una foto ingrandita di Rebecca che sorride dai suoi due anni di qualche anno fa. Un nodo alla gola si scioglie all’improvviso.

Ora è  tutto chiaro.

Alla fine, posso scrivere duecento libri, aprire dieci case editrici, riempirmi la vita d’amore e di amici, cani e gatti, ma il vuoto della maternità mancata non si riempirà mai con niente.
Eh sì, dura realtà e triste consapevolezza. Eh sì, mi dico, ero nata per essere madre.
E allora?
E allora, avanti. Troppa consapevolezza tutta insieme non fa nemmeno bene. O forse sì, forse ricordarsi che quella mancanza ci sarà per sempre e che prima o poi l’accetterò davvero – anche perché non posso fare altro – magari verso i novant’anni, non è così nociva.
Tutto sommato, ricordarsi qual è la vera causa di momentanei, e per fortuna saltuari, umori in caduta libera, restituisce il sorriso. Un sorriso di rassegnazione. Ma pur sempre un sorriso.
E'  vero, non sarò mai madre; e se ho un po’ di pancia, non è perché io sia al quinto mese di gravidanza (vedi, mi ritorna pure l’ironia), ma cazzo, e scusate se lo dico, anzi, lo ridico, CAZZO, ho me stessa, e noi stessi siamo i figli di cui dobbiamo prenderci cura.


Sì, proprio così.


8 commenti:

  1. Oooh Stefania! Ma che bella che sei!!! Ti abbraccio forte forte 💜💜

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  2. A volte la vita ci insegna che le mancanze piu' dolorose non avvengono per caso:ci sono tante mamme a questo mondo che,vuoi per un motivo,vuoi per altro non riescono a d orientare la propria vita ad una visione cosi'ampia dell'esistenza umana,non vedono le tribolazioni quotidiane del prossimo,in breve sono concentrate su se stesse e la propria famiglia;quello che ti e'stato dato e' la possibilita' di riuscire a capireeglio l'animo umano,la gioia e la tristezza di un mondo nel quale sei protagonista e di trasferire il tutto agli altri nei tuoi romanzi e nei tuoi scritti.Sentirsi liberi di far provare profonde emozioni al prossimo e' un dono di inestimabile valore che ti rende mamma ogni giorno
    Un amico devoto

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  3. Ognuno di noi genera il disegno della vita. Le strade sono misteriose e il cordone che ci lega è il ventre del mondo. Sei madre delle tue parole e dei nostri sogni. Cofrada Milano

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  4. Senza parole....bella "storia vera" descritta in alcuni punti poeticamente ed in altri molto disincantata. Come la vita vera che si alterna tra malumori e serenità; riflessioni profonde sul senso della vita senza maternità che sfociano nella giusta conclusione dell'essere noi stessi le persone delle quali prenderci cura. Forse non lo facciamo mai abbastanza.
    Dai vita a scritti che regalano emozioni e di questo ti sono grata.

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  5. Te l'hanno già detto e io posso solo ripeterlo: hai un grande dono, un'empatia straordinaria con gli eeseri umani. Non importa se e chi metti questo tuo dono; tu ce l'hai e puoi solo metterlo "nero su bianco". Che ti piaccia o no questa è la tua missione e la nostra fortuna. Grazie Maestra! 💖

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  6. Ma tu sei madre! Di quelle miriadi di parole che compongono i tuoi scritti che ci regalano grandi emozioni!

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  7. Mi viene in mente qualcosa che ho scritto poco tempo fa guardando un fiume, non in sé per il suo scorrere ma per i vuoti che riempiono i nostri pensieri, quei vuoti che nemmeno lo scrivere riesce a colmare quando è proprio la consapevolezza del suo esistere te lo rimarca sempre più. Io ho figli Stefania ma mi è mancata la figura di un padre troppo presto e ho avuto mia madre ma che seppure c'è stata fino a 12 anni fa mi è mancato il suo esserci proprio come madre. Poi le amicizie diventate sterili, gli amori che non erano sostanza vera e quel vuoto che non se ne va...
    " Eppure guardo ancora lì,
    dove il tuo scorrere è stato veloce, soffermandoti solo per brevi attimi
    tra le mie anse contornate di pietre, levigate dal tuo incessante andare.
    E abbasso lo sguardo lì,
    proprio dove il tuo infrangerti
    ha smosso quella sottile sabbia
    che celava il profondo,
    scoprendo quell'intimo velo
    che non lasciava oltrepassare nessun tocco,
    sconvolgendo la quiete del mio greto.
    Guardo ancora,
    lì dove ora la sabbia si è sedata
    portando con sé ciò che è rimasto del tuo andare,
    ricoprendo di nuovo quell'intima coltre dove nessun tocco potrà più violare.
    Sei passato proprio lì,
    tra le anse di un quieto vivere
    e di te rimane solo una goccia di rugiada.
    Abbasso gli occhi
    e una lacrima si confonde con te.
    Ma ora sei andato altrove,
    in un'altra ansa,
    a levigare pietre e sollevare sabbia."

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  8. Cara Stefi, quello della maternità non è di certo un tema semplice per te ma tu lo affronti spesso "a muso duro": non ci giri intorno (tu del resto non giri intorno mai a nulla !). E scrivi, scrivi ascoltandoti fino in fondo e poi ecco che arriva lo scossone che ti rimette in piedi e ti fa giungere ancora una volta ad una risoluzione. E a noi che ti seguiamo con attenzione e affetto, non resta che lo sconfinato stupore dinanzi ad una amica che ci sorprende sempre e non si risparmia. Sarai anche incontenibile ma la sincerità non ha prezzo. Poi, di certo la capacità grande di trasmettere nel bene e nel male ciò che provi è fuori del comune.

    Brava brava brava: un testo che mi emozionata moltissimo.

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