Un bell'esordio di tre mie allieve di scrittura, che per la prima volta si sono cimentate in un esperimento a 6 mani.
Sono state così brave che ho deciso di postare qui il loro racconto scritto passandosi la palla senza accordarsi prima, dimostrando elasticità mentale e grande sintonia!
Complimenti, ragazze!
Ed ecco a voi...
DESTINI AFFIDATI ALLE ONDE
Racconto a sei mani
Capitolo 1
Marcella Manca
Aveva albeggiato da poche ore
quando Nadia e Nicola si misero a correre, come ogni mattina, sulla splendida
spiaggia di Villasimius, nella costa sud-orientale della Sardegna. Era un'altra
calda giornata.
I due amici, entrambi taciturni e
burberi al risveglio, avevano deciso di passare parte delle loro vacanze estive
in quel paradiso e, amando la corsa, usufruivano della lunga spiaggia del
Simius e del Timi-Ama per allenarsi e respirare lo iodio delle prime ore della
giornata.
Dopo pochi minuti di movimento,
le gambe di Nadia e Nicola si scaldarono e i loro corpi presero vigore, così
come il loro umore. Da quel momento in poi i due si svegliarono veramente e cominciarono
a guardarsi intorno, scorgendo i fenicotteri rosa nel lago salato, poco più
all'interno della riva, gli uccellini che volavano da un ombrellone all'altro e
le prime persone che prendevano posto sulla lunga spiaggia, a tratti
frastagliata da piccole rocce. In un paio d'ore, quella stessa spiaggia, si sarebbe gremita di turisti.
Le striature aranciate stavano
lasciando il posto all'azzurro terso del cielo e il sole stava sbucando da
dietro la collina quando Nicola emise un urlo di dolore. Il ragazzo cominciò a
zoppicare. Nadia, sua amica da una vita, sapendo che Nicola non era uno che si
lamentava per nulla, si fermò preoccupata.
«Cosa succede?» Gli domandò.
«Cavolo, mi sa che ho preso una brutta
storta alla caviglia.» Rispose Nicola, appoggiandosi a uno scoglio lì vicino.
Nadia, infermiera all'Ospedale
San Gerardo di Monza, iniziò a tastare con esperienza il piede dell’amico,
muovendoglielo con grande maestria e decisione.
«Confermo, Nico. Tranquillo. È solo
una piccola slogatura ma è meglio che non ci corri sopra.»
I due si spostarono, passando tra
alcune rocce, per andarsi a sedere sulla sabbia asciutta. Nicola, con la coda
dell'occhio, vide un oggetto sulla battigia, con il quale le onde stavano
giocando insistentemente e che stonava col resto della natura incontaminata.
«Che diavolo è?» Si chiese ad
alta voce, avvicinandosi a esso.
Nadia, che era più veloce
dell’amico infortunato e aveva adocchiato subito l’articolo che incuriosiva
Nicola, si abbassò e lo raccolse con stupore.
«Wow! Nico, guarda, una bottiglia
con dentro un foglio arrotolato! Non mi è mai capitato di trovarne una…» La
giovane era eccitata.
«A dire il vero l'ho trovata io…» Brontolò Nicola, raggiungendola lentamente.
«Uffaaaa, dai, non fare il
solito!»
«Eh certo… E tu non fare la
solita.»
Si guardarono e risero. Tra loro
era sempre così. Una battuta di un certo spessore, la controbattuta di
altrettanto spessore e, infine, la risata che stemperava il tutto.
«L'apriamo?»
«No, dai, guardiamola e basta! La
teniamo per bellezza… Fa più figo…» Lo punzecchiò Nadia, ironicamente.
Nicola non la stava nemmeno
ascoltando. Aveva già tolto il tappo di sughero dalla bottiglia di vetro ed era
intento a srotolare il messaggio.
Leggendolo, entrambi si
commossero. Si guardarono e si presero per mano fissando la pagina intonsa che conteneva
solo tre parole: “GRAZIE, ANIMA MIA”.
Capitolo 2
Lucrezia Medici
Rimasero così per qualche minuto,
con le mani intrecciate, come se avessero paura di potersi perdere. Non
si erano mai sentiti e trovati così vicini l'uno all'altra. Nicola si staccò
all'improvviso, asciugandosi le lacrime salate, come quel mare sardo, che gli
rigavano il viso.
«In tre parole è racchiuso un
pensiero così bello e profondo… chissà a chi era rivolto.»
Nadia, intanto, stava ancora
contemplando quella frase, annusava la carta ingiallita che ormai sapeva di
mare e vetro, accarezzava quelle parole color petrolio come se volesse
entrarci. Ammirava quella grafia, così elegante e decisa.
«Mi piacerebbe portare a casa
questa bottiglia. È come se mi chiamasse. La sento vicina.»
Nicola prese la bottiglia, arrotolò
la carta e la mise al suo interno come l'avevano trovata.
Tornarono al loro appartamento,
Nadia si fece per prima la doccia e Nicola ripensò al momento in cui le loro
mani si erano cercate. Non aveva mai pensato a Nadia se non come amica, ma quel
momento lo aveva scosso come un brivido che non aveva mai provato prima.
L'acqua scendeva calda nella
doccia, Nadia aveva l'abitudine di alzare la testa e lasciare che gli occhi
e la bocca diventassero piccoli ruscelli dove l'acqua si divertiva a
navigare. Anche lei, come Nicola, ripensava all'intreccio delle loro mani, al
calore che il ragazzo le aveva trasmesso, alla loro improvvisa vicinanza. Poi il
pensiero tornò a quella bottiglia. Il destino aveva fatto in modo che fossero loro
due a trovarla.
Nadia credeva molto nel potere del fato ed era convinta che
nulla accadesse per caso, ma che tutto avesse una ragione ben precisa. Quella
frase, “GRAZIE, ANIMA MIA”, le era entrata dentro come un'onda, tanto da farla
commuovere.
Uscita dalla doccia, si asciugò i lunghi capelli ricci, selvaggi come spesso era il suo temperamento. Si
ricongiunse a Nicola che aveva appena acceso il computer: era solito annotarsi i minuti di corsa di entrambi per verificare i loro miglioramenti.
«Quella storta mi ha fatto perdere
qualche minuto rispetto a ieri, per non parlare del dolore che sento ora. Forse
domani dovrò rimanere a riposo.»
«Sì, assolutamente, Nico! Altrimenti
non ti godrai queste belle giornate di mare e sole. Anzi, oggi potremmo andare, se
stai meglio, alla lezione di sub del villaggio. L’insegnante è Susanna, quella
ragazza che abbiamo incontrato ieri mentre eravamo in riva al mare.»
«Direi che è un'ottima idea. Farà
bene anche alla mia caviglia, un po' di nuoto. Anche se ho il pensiero fisso di
quella frase nella bottiglia.»
«Anch'io. Mi piacerebbe sapere chi
l'ha scritta e soprattutto a chi era rivolto quel messaggio. E se non fosse mai
giunto a destinazione? Potremmo essere noi a portarlo al destinatario se solo
riuscissimo a capire chi l'ha affidato al mare!”
«Nadia, non correre troppo con la
fantasia. Come potremmo mai scoprire tutte queste informazioni? E se risalisse
a tanti anni fa?»
Nadia, smorzata nel suo entusiasmo,
andò in cucina e iniziò a preparare il pranzo. Nicola era da sempre una persona
razionale che difficilmente si lasciava trasportare dalla fantasia. Mentre
Nadia era una sognatrice e amava esserlo. Mentre cucinava, osservava Nicola al
computer.
«Nico, io voglio scoprire tutto su
quella bottiglia. Se l'abbiamo trovata proprio noi due un motivo ci dev'essere!”
Nicola sorrise, ammirava il lato
sognatrice e testardo della sua compagna di viaggio.
Capitolo 3
Daniela Nicoletti
«Faremo un tentativo, Nadia!
Proveremo a cercare qualcosa o qualcuno che possa ricondurci al nostro
ritrovamento». Nicola la guardò con tenerezza.
Dopo pranzo, il ragazzo si sedette
davanti al computer e, sebbene avesse qualche incertezza, cercò su internet:
Messaggio in bottiglia.
Si aprì una pagina che attirò
immediatamente la sua attenzione e che riportava una notizia in grassetto: "L'iniziativa Scrivilo al Mare. Le poesie ora viaggiano sulle onde. Il romanticismo esiste ancora".
Nicola cominciò a leggere ad alta
voce; si trattava di un'iniziativa promossa da un'associazione di kayakers
calabresi, organizzata circa nove mesi prima. L’evento, aperto a tutti,
prevedeva di scrivere pensieri e poesie che esprimessero le sensazioni e le emozioni
suscitate dal mare.
Quel mare che sapeva creare un
rapporto intimo e indissolubile con chiunque si fermasse a guardarlo anche per
un istante. I testi racchiusi e sigillati nei loro contenitori, sarebbero stati
portati al largo dalle imbarcazioni dei kayakers e affidati alle onde.
Nicola fece delle ricerche più
approfondite su quell'evento e, leggendo la notizia, riuscì a trovare il nome
del presidente e l'indirizzo mail dell'associazione.
«Partiamo da qui, Nadia! Proviamo a contattare quest'associazione. Forse
ci diranno a chi appartiene il messaggio che abbiamo trovato».
Negli occhi di Nadia si accese un
lampo di felicità e di stupore al tempo stesso, accompagnato da un senso di
gratitudine per Nicola che stava assecondando i suoi desideri.
La sera stessa scrissero al
presidente dicendogli di aver trovato, sulle spiagge sud-orientali
della Sardegna, un messaggio che forse poteva appartenere a quell'associazione,
ma che non era identificabile perché privo di un nome e di un'etichetta. Chiesero
delle informazioni più dettagliate su quell'evento così particolare e
coinvolgente e comunicarono i loro recapiti telefonici e indirizzi mail per
essere contattati.
Le informazioni non tardarono ad
arrivare.
Felicissimo del ritrovamento, il
presidente definì il mare un'enorme busta da viaggio. All'interno del tappo di
sughero avrebbero trovato un numero che, a sua volta, era stato associato all'autore
della frase.
Nadia, dopo aver letto la notizia,
curiosissima ed eccitata, prese un taglierino e, con precisione chirurgica, tagliò
a metà il tappo. Con grande meraviglia, al suo interno, scritto in rosso, c’era
il numero 28.
«Nicola, forse ci siamo! Abbiamo trovato il numero. Il messaggio è
partito dalla Calabria! Almeno adesso abbiamo un indizio. Credo che chiunque
abbia scritto quel dolce pensiero, stia aspettando da troppo tempo una
risposta».
Il giorno seguente ci fu uno scambio
continuo di mail con l'associazione; il messaggio era stato scritto da una
ragazza di nome Roberta. Per motivi di privacy non si potevano fornire altri
dettagli, ma la notizia era stata comunicata alla famiglia della ragazza che,
però, da due mesi non si trovava più in Calabria.
Capitolo 4
Marcella Manca
«Che dici, Nico, i recapiti di
Roberta saranno rimasti uguali, vero?» Nadia pronunciò quella domanda come una
supplica. Desiderava così tanto sapere di più sulla persona che aveva scritto
quel messaggio, lasciato al potere delle onde e che la faceva sentire pericolosamente
vicina al suo amico d'infanzia, che non vedeva l'ora di ulteriori informazioni.
E se le cose fra lei e Nicola fossero destinate a cambiare? Nadia si stava
interrogando sui suoi sentimenti, con animo inspiegabilmente speranzoso e al
tempo stesso preoccupato.
«Ehi, dove sei?» Nicola era intento
a scrutarla da dietro il tavolo, poggiato sulla sabbia, di un ristorantino
splendido, “Il Miraggio”, il cui accesso avveniva direttamente da una spiaggia
incantata a pochi chilometri da Villasimius. I due giovani si erano concessi
una serata speciale per brindare al ritrovamento del messaggio nella
bottiglia.
«Oh, scusa. Ero immersa nei miei
pensieri!» Nadia fece una pausa perdendosi, per la prima volta in modo completo
e penetrante, negli occhi nocciola del suo amico. Nicola, percependo lo stato
d'animo che avvolgeva Nadia e che tormentava anche lui, si decise a prenderle
la mano e, con un po' d'impaccio, se la portò alla guancia, tenendola lì, come
se fosse il bene più prezioso.
«Cosa ci sta succedendo, Na-Nà?» Na-Nà era il soprannome che Nicola dava a Nadia da quando erano bambini e che
ogni tanto utilizzava, per la gioia della fanciulla che lo adorava.
«Non lo so, Nico...» Nadia sorrise e,
con le dita sulla guancia di lui, premute dalla mano di Nicola, cercò di
accarezzarlo. I suoi occhi, verde-azzurri come il mare di fronte a loro, di
solito decisi e ironici, erano caldi ed esitanti. «Credo… ehm, non so! Forse
stiamo... Forse questa vacanza ci ha…»
«…avvicinati?» Concluse Nicola,
esprimendo aspettativa, incertezza e desiderio al tempo stesso.
Nadia, un vulcano di giovane donna
con un carattere molto impulsivo e tumultuoso, non resistette all'invito che il
volto del ragazzo esprimeva. Si alzò, raggiunse Nicola, lo guardò dritto negli
occhi e si chinò a baciarlo, prima dolcemente, e poi, prendendogli il viso tra
le mani, con l'ardore che, dalla mattina precedente, sentiva avvolgerle cuore e
anima.
Stavano ancora ridendo della
battuta pietosa che Nicola aveva fatto sulle cozze marinate in salsa di
pomodoro ordinate da Nadia, risa per altro accentuate dall'ebrezza di scoprirsi
innamorati e dallo squisito Torbato bianco che, fruttato e fresco, scendeva
nelle loro gole con molta facilità, quando il cellulare della fanciulla
squillò.
Nadia prese lo Smartphone dalla
borsetta e guardò il display.
«Nico! È un numero sconosciuto!»
«Rispondi. Sbrigati!»
«Pronto…»
«Parlo con Nadia Pase?»
«Sì…»
Nadia aveva il batticuore, sentendo
dall'altro capo del telefono una voce femminile. Nicola, intanto, si era alzato e
le si era accostato con l'orecchio, per poter ascoltare.
«Sono Roberta Cetani. Mi hanno
detto che lei e Nicola Barni avete ritrovato il mio messaggio…» Un singhiozzo
bloccò le parole di Roberta. Nadia, allarmata per la sua reazione, cercò di
essere premurosa e delicata.
«Roberta, stia tranquilla. Siamo
qui. Il Destino ci ha uniti. Ora ha noi!»
Capitolo 5
Lucrezia Medici
Roberta non riusciva a trovare le
parole giuste per esprimere tutte le emozioni che provava in quel momento.
Nadia, entusiasta, proseguì: «Roberta, immagino quanto sia
emozionata nel sapere che il messaggio ha raggiunto la Sardegna! Io e Nicola
vorremo aiutarla nel consegnarlo al destinatario. Se non sono indiscreta, dove
vive, ora? L'associazione ci ha comunicato che da due mesi non risiede più in
Calabria. Vorremo tanto conoscerla di persona!»
«Nadia, grazie per l’appoggio. Mi sembra
doveroso raccontare a entrambi il motivo per cui ho scritto quel messaggio,
visto che lo avete ritrovato e siete stati così gentili nel cercarmi. Ma questo
apre una ferita dentro me, una crepa che ancora non vede la luce.»
Nadia si sentiva in colpa. La sua
testardaggine aveva portato Nicola a cercare ogni informazione su quel
messaggio. Quando stava per prendere nuovamente parola, Nicola le strinse la
mano, le fece cenno di alzarsi dal tavolo e avvisò il cameriere che sarebbero
andati in veranda.
«Vedi, Nadia, ti posso dare del tu
vero? Dalla voce sembri molto giovane»
«Certamente, Roberta...»
«Ho partecipato a questa iniziativa
quando la mia bambina, Selvaggia, aveva compiuto un anno. Con suo padre
Michael, ci siamo amati tanto, un amore di quelli tormentati, passionali. Un
amore totale. Qualche anno fa abbiamo deciso di convivere. Le cose andavano
meglio, le discussioni erano diminuite, tanto che il nostro amore mi sembrava
sempre più forte. Un giorno, scoprii di essere incinta. Michael era al settimo
cielo, mi accompagnò a ogni visita e alla prima ecografia, me lo ricordo
come fosse ora, mi sussurrò, Siete le mie anime. Ma tutto cambiò, in poco
tempo.»
Nadia strinse ancora più forte la
mano di Nicola.
«Michael non mi lasciò alcun
messaggio e quando provai a chiedere delle spiegazioni, il suo numero era già
disattivato. Da quel giorno, non l'ho
più sentito e visto. Gli mandavo le foto delle ecografie per e-mail, alternavo
messaggi disperati a messaggi nostalgici. Gli scrivevo frasi irripetibili, ma
anche parole dolci. Non ha mai risposto e non ha mai visto
Selvaggia. Non sa che ha una splendida bambina, dai capelli biondi come i suoi
e con occhi verdi come i miei. Ho smesso di mandargli qualsiasi cosa. Ho
affrontato momenti di crisi, in cui non sapevo se ce l'avrei fatta. Grazie a
Selvaggia sono andata avanti.»
Nadia faticava a trattenere le
lacrime e Nicola le accarezzava dolcemente la schiena bianca.
«Non ho mai smesso di amarlo. Il
messaggio in bottiglia era per lui. “Grazie, anima mia”. Lo ringraziavo per
avermi donato Selvaggia, il frutto della fusione delle nostre anime, come mi
diceva Michael. Ho affidato al mare le mie poche parole perché gli arrivassero,
dovunque lui fosse. Evidentemente non è ancora il momento per un chiarimento.
Per dare un padre a Selvaggia. Il regalo più grande per me sarebbe ritrovarlo,
ma non so da dove iniziare. Per questo è inutile che vi dica dove abito.»
Nadia e Nicola si guardarono. Non
sapevano come confortare questa donna, dalla voce spenta e rassegnata.
«Non ho mai pensato che se ne fosse andato con
un'altra. Forse sarò presuntuosa, ma l'ho escluso da subito. Penso che il
problema sia più grave. Ma che problema potrebbe allontanare un padre dalla sua
famiglia? Non so nemmeno perché sto raccontando a voi tutte queste cose!»
«Roberta, buonasera, sono Nicola. Ho
ascoltato la storia e le voglio dire che noi ci siamo. La aiuteremo a ritrovare
Michael. Vi meritate un'altra possibilità!»
Nadia si commosse, le sue lacrime
si mescolarono all'acqua salata del mare e si rannicchiò sul petto del suo
Nico.
Capitolo 6
Daniela Nicoletti
«Da domani cominceremo a cercarlo. Avremo
bisogno dei suoi dati personali. Mi invii un messaggio. Non la… non ti lasceremo sola,
Roberta!»
Al mattino presto Roberta inviò a
Nicola il suo messaggio, insieme a una fotografia.
La vacanza era ormai finita, Nicola
e Nadia, abbracciati e pensierosi, fecero un'ultima passeggiata sulla spiaggia,
immortalando nei loro ricordi l'immagine di quel mare azzurro e misterioso.
Improvvisamente
Nadia si fermò. «E se non se ne fosse andato
spontaneamente e si fosse trattato di un incidente? E se avesse perso la
memoria e non ricordasse più chi è? Se non avesse avuto la possibilità di
avvisare nessuno?»
«Calma, calma, Na-Nà! Non avevo
pensato a questa ipotesi. Effettivamente era tanto felice per l'arrivo della
sua bambina, tra loro andava bene e allora cosa pensi sia successo?»
«Penso che la prima cosa da fare
appena rientreremo a Monza sarà quella di consultare gli archivi dell’ospedale;
lì c’è l’elenco dettagliato di tutte le persone ricoverate sia negli ospedali
che nelle strutture riabilitative. Magari sarà registrato con qualche altro
nome. Controllerò dalla data della sua scomparsa tutte le strutture del Sud e
della Sardegna! Michael non può essere sparito come
una bolla di sapone!».
I giorni seguenti furono molto
faticosi ma Nadia, con la sua tenacia, non si lasciò spaventare da quei ritmi
frenetici; passarono i mesi e le stagioni e i contatti con Roberta divennero
sempre più frequenti; ogni giorno la informavano delle loro ricerche, senza
perdere mai la speranza.
«Dove sei, Michael? Fatti trovare,
ti prego! Selvaggia ha bisogno di te!» Esclamò Nadia ad alta voce, chiuse gli
occhi e si assopì un momento.
Sognò il mare della Sardegna, la
spiaggia, la bottiglia, un boschetto di pini marittimi e un edificio bianco con un'insegna "Centro di Riabilitazione Casa Sabina". Si svegliò di soprassalto, con il cuore in gola cercò il nome di quella struttura in Sardegna, e la
trovò. Nadia, emozionata, raccontò il sogno a Nicola che, immediatamente, si
mise in contatto con il centro; con quel nome, non risultava ricoverata nessuna
persona, anche se nella struttura, da un po’ di tempo, c'era uno sconosciuto
affetto da amnesia e senza un'identità.
«Devo andare in Sardegna, Nadia!
Devo sapere se si tratta di Michael! Aspettiamo, prima di dire tutto a Roberta.
Non voglio darle false illusioni!».
Nicola partì. Quel viaggio sembrò interminabile. Parlò subito con il dottore del reparto di neurologia; il
paziente ricoverato era affetto da una totale amnesia che gli aveva provocato
la perdita della memoria. Non ricordava più nulla! Era stato per diverso tempo
in coma e poi, solo da due mesi, era stato trasferito in quel centro di riabilitazione.
Se si fosse trattato di Michael, spiegò il dottore, le informazioni di Nicola,
sarebbero state utili per la sua guarigione; ma sarebbe stato un processo lungo
e difficile.
Chissà, forse la nebbia dei ricordi
si sarebbe diradata piano piano.
Nicola chiese di potergli fare
visita, entrò nella stanza e per un momento rimase senza parole. Era Michael!
Davanti a sé, vide un uomo malinconico
e triste che, dalla finestra della sua camera, fissava il mare.
Lo salutò: «Ciao, mi chiamo Nicola. Sono
venuto a salutarti e a portarti una cosa che ti appartiene» e gli porse la
fotografia che lo ritraeva con Roberta e il suo pancione.
Michael fissò a lungo quei volti estranei
e irriconoscibili, che non trovavano posto nella sua mente e tornò a guardare
il mare.
Il dottore informò Nicola che si
sarebbero tenuti in contatto, così decise di ripartire e tornò a casa. Ad
attenderlo c’era la sua Na-Nà che, apprese le notizie, scoppiò in un pianto di
felicità e di tristezza al tempo stesso.
Come avrebbero raccontato a Roberta
la verità? Come le avrebbero detto che, per Michael in quel momento, lei e Selvaggia
erano solo due ombre del passato? Decisero di aspettare che le sue condizioni
migliorassero.
Ogni giorno, Michael ripeteva lo
stesso rituale. Guardava la fotografia nella speranza che quella ragazza dai
grandi occhi verdi, gli ricordasse qualcosa o qualcuno. Non ne conosceva
neanche il nome, ma le piaceva parlarle, sfiorarle il viso con un dito, tanto
da cominciare a provare amore per lei.
Gli incubi, come dei flash
accecanti, arrivarono presto nella mente.
Rivide il suo incidente,
l'improvvisa partenza, il suo capo che pilotava a bassa quota un piccolo aereo
privato, il volto di Roberta, il temporale, il segnale assente sul suo telefono,
il pancione, lo schianto sugli scogli, il suo corpo ritrovato svenuto sulla
spiaggia. Poi più nulla. Agitato e impaurito non riuscì a riprendere sonno; i
ricordi volevano tornare decisamente al loro posto.
Solo il tempo sistemò le cose.
Passò un anno e in primavera, Nicola
e Nadia si sposarono accompagnati all'altare da Selvaggia; Roberta fu la loro
testimone. A fine giornata le dissero che per il viaggio di nozze sarebbero
partiti tutti insieme per la Sardegna. Il tempo di preparare le valigie ed
erano già in aeroporto.
Durante il viaggio le dissero di
aver ritrovato Michael e le raccontarono finalmente tutto. Incredula e con il
cuore che le batteva forte, Roberta scoppiò a piangere ininterrottamente. Da lì
a poco lo avrebbero rivisto.
Michael, intento a scrutare il
mare, si voltò e vide Roberta e Selvaggia davanti la porta della stanza, chiuse
di nuovo gli occhi nella speranza che non si trattasse di un sogno e scoppiò a
piangere, mentre tutte e due erano già tra le sue braccia.
«Siete le mie anime!» Furono le
uniche parole di Michael per esprimere quell'immensa gioia.
I loro destini perduti nella
profondità del mare si erano ritrovati.
Nicola e Nadia si abbracciarono
forte. Erano felici.
«Ho un regalo per te, tesoro. Presto
avremo un bambino!» sussurrò Nadia.
Si guardarono profondamente e, con
le lacrime agli occhi, Nicola le rispose «GRAZIE, ANIMA MIA!».