Volevo solo avere più tempo

Volevo solo avere più tempo
Il nuovo romanzo di Stefania Convalle

domenica 27 settembre 2020

Numero 353 - Per la Rubrica "Parlo di me": Rosetta Spinelli - 27 Settembre 2020

Da dove cominciare?

Vediamo, magari dicendo che sono nata settantanove anni fa a Conegliano Veneto, in famiglia eravamo sette, compresi mamma e papà, e sono gemella di un maschio che a tempo perso fa il pittore. Ho avuto un’infanzia felice, amata soprattutto dai miei fratelli maggiori, tra noi infatti c’erano molti anni di differenza, ed educata da una madre severa che ci ha insegnato il senso del dovere e la dedizione allo studio.

Dopo la guerra in cui i miei hanno perso tutto, ci siamo trasferiti in Brianza perché mio padre aveva trovato lavoro in una azienda che intendeva sviluppare prodotti nuovi. Erano gli anni cinquanta e ci si avviava a quello che poi sarebbe stato il boom economico post bellico.

Io a scuola ero bravina, specialmente in italiano, e mi piaceva tanto leggere. Leggevo di tutto, anche i libri che i miei fratelli lasciavano in giro, anche se a volte non li capivo.

Ho scritto il mio primo “romanzetto” in terza media, è ancora conservato in soffitta e quando lo prendo in mano mi vengono le lacrime agli occhi: quanta ingenuità e innocenza!

Ho cominciato a lavorare presso una casa discografica che avevo diciannove anni. Un sogno, per me, patita come ero per la musica, soprattutto il “rock”. L’ambiente musicale era fantastico ma anche crudele e piuttosto “sessista”, tuttavia sono stati anni belli e indimenticabili. Ho lasciato il lavoro dopo la nascita del mio primo figlio, anche perché poi ne ho avuti altri due. Quando i miei figli hanno iniziato le scuole ho ricominciato a leggere finalmente qualcosa di diverso dalle favole. Ma la scrittura era ancora un miraggio, anzi, un sogno che forse stavo abbandonando per sempre. Invece, dopo essere andata in pensione, ho capito che era il momento giusto. Ho scritto il mio primo romanzo “La perfezione dei punti” in tre anni, non mi sognavo affatto di pubblicarlo, lo fecero i miei figli come regalo per i miei settant’anni. E da allora non ho più smesso.

Ho scritto tre libri per bambini e due per ragazzi e un  romanzo “La bambina della Via Mala”, fino ad approdare due anni fa alle Edizioni Convalle con “La lieve carezza del tramonto”.

Adesso sto scrivendo un nuovo romanzo, ma vado molto a rilento, forse sono diventata più perfezionista, o forse sono solo consapevole del fatto che non devo avere fretta se voglio fare le cose per bene. Anche se il tempo mi sta sfuggendo dalle dita con una velocità pazzesca. 

Ma so che continuerò fino alla fine.

Rosetta Spinelli


E ora la parola all'editrice ;-)

Quando ho conosciuto Rosetta Spinelli, mi sono trovata davanti una donna tutta d'un pezzo, ma siccome non mi fermo mai al primo sguardo né all'apparenza, sono andata oltre, entrando nell'azzurro trasparente dei suoi occhi.

Ho visto una donna forte, sì, ma fragile allo stesso tempo. E ho capito che, forse, più di altri, avesse bisogno di un abbraccio.

Abbiamo iniziato l'avventura relativa al suo romanzo "La lieve carezza del tramonto" che mi ha commosso in svariati passaggi, perché scritto davvero col cuore. Lei lo sa: amo quel romanzo. 

Abbiamo condiviso delle presentazioni insieme e ogni volta aggiungevo un tassello alla mia conoscenza di questa piccola grande donna.

E poi, quanto è stato bello telefonarle, quando la segreteria della Rassegna della Microeditoria mi aveva comunicato che al suo romanzo era stato attribuito il Marchio di Qualità!

Insomma, un percorso in punta di piedi, perché lei vive sottovoce: è un fiore delicato da proteggere.


Alla prossima 

dalla vostra

Stefania Convalle





 

venerdì 18 settembre 2020

Numero 352 - Per la Rubrica "Parlo di me": Tiziana Mazza - 18 Settembre 2020


 

Per i nonni ero un Terremoto  perché spesso combinavo guai; per gli amici una Radio perché non stavo mai zitta; per gli ex colleghi una Ballerina perché non stavo mai ferma.

Buongiorno, mi presento: sono Tiziana Mazza, ho cinquantotto anni e sono tuttora molto vivace.

Multitasking, un po’ pasticciona, ma molto volonterosa; fedele come Fido, affidabile come i pelati Cirio, allegra come Carmencita.

Ho conosciuto Stefania sui banchi di scuola alle medie.  Abbiamo condiviso il maestro di chitarra e, come risultato, lei ha imparato a suonare, mentre io ho continuato a… stonare. 

Poi le nostre vite si sono separate per rincontrarsi di nuovo quarant’anni dopo, complice Facebook, alla serata finale del suo primo premio letterario “Dentro l’amore” e, da allora, non ci siamo più perse di vista. La sua scrittura mi ha subito conquistata e così ho incominciato a frequentare il suo laboratorio di scrittura, a partecipare a gare di scrittura sui blog on line e ai Premi Letterari “Dentro l’amore”  edizioni 2017, 2019 e 2020 che mi hanno regalato grandi soddisfazioni.

La mia vita professionale è stata movimentata, e, come spesso succede, è trascorsa tra alti e bassi. Dopo aver compiuto studi umanistici con indirizzo in lingue straniere, ho lavorato per quindici anni nel settore delle televisioni private per lo più come promoter video, in seguito ho aperto un’attività in proprio. 

Da qualche anno mi sono trasferita a vivere a Sormano, un ridente paesino nel cuore del Triangolo Lariano, ed è proprio in questo territorio che ho ambientato il mio primo romanzo “Sulle Tracce di Lucifero”.

Tiziana Mazza



E ora la parola all'editrice ;-)


Partiamo da qui, perché la nostra storia parte da lontano, come potete constatare dalla foto ;-)
Le Medie insieme, dove eravamo amiche... come si dice... l'amica del cuore. Poi come spesso accade, le direzioni diverse degli studi successivi dividono e così dall'inizio del liceo non ci siamo più viste per quarant'anni, come ha già detto Tiziana.
Facebook è stato l'artefice del nostro ritrovarci e la prima edizione del premio letterario Dentro l'amore, l'occasione per rivederci.
Da lì, oltre a ritrovare il tempo perduto, Tiziana si è appassionata alla scrittura, dapprima iscrivendosi ai laboratori, partecipando al Premio Letterario con bei riconoscimenti relativi alle poesie e i racconti, e poi arrivando a una prima pubblicazione che ha fatto centro nel cuore dei lettori. La scrittura di Tiziana è un mix di ironia, di acume, di creatività frizzante, come nel caso di "Sulle tracce di Lucifero".
Che poi... sorrido perché Tiziana ha sempre detto: «Figurati se scriverò mai un romanzo! Non ne sarei capace!»
Ecco:

E poi, ve lo dico, la penna di Tiziana è una continua sorpresa. Voi l'avete conosciuta nella veste giallo-rosa luciferina, ma l'alter ego naviga nell'introspezione, nei thriller, nei noir, nei gialli: insomma, ce l'ha tutte lei! Ne vedrete delle belle ;-)

In conclusione, sono molto contenta di aver ritrovato un'amica, e di aver scoperto una scrittrice!



 Alla prossima

dalla vostra

Stefania Convalle





giovedì 17 settembre 2020

Numero 351 - La scuola ai tempi del Covid - 18 settembre 2020


 

 LA SCUOLA AI TEMPI DEL COVID


Il tema della scuola è all'ordine del giorno.

Ho chiesto a Lorenzo Armenio, giovane autore di Edizioni Convalle - la sua prima opera è prossima all'uscita - di raccontarci in una pagina di diario com'è stato per lui il ritorno a scuola che è coinciso col primo giorno al liceo.

Ecco qui la sua esperienza sul campo.


***


14 settembre 2020

Per la prima volta dopo mesi devo preparare la cartella. Prima liceo allo Scientifico Paolo Frisi. 

Durante l'estate mi sono esercitato per iniziare al meglio questa nuova avventura. Questa mattina mi sono svegliato presto, per essere sicuro di non dimenticare niente. Peccato che mi sia svegliato fin troppo presto, dato che ero molto stanco, ma non potevo farne a meno, essendo stato sia eccitato che preoccupato. 

Dopo essere uscito di casa mi sono incamminato verso la nuova scuola. Era la prima volta che facevo un tragitto così lungo per andare a scuola, sì, perché alle elementari i miei genitori mi accompagnavano in macchina fin davanti alla scuola, mentre alle medie... Beh, vivo accanto alla scuola media, quindi non dovevo faticare troppo! In ogni caso sono arrivato davanti al liceo con qualche minuto di anticipo e ho aspettato l'unica compagna che conoscevo: Ludovica. 

Questa giornata sarebbe stata una novità sia dal punto di vista scolastico, che da quello sanitario. 

Il primo giorno di liceo è un'esperienza particolare: nuove aule, nuovi compagni e nuovi professori, ma con l'avvento del Covid-19 le cose sono cambiate. Le classi infatti vengono divise in due gruppi, per ridurre l'assembramento; i banchi sono separati e non ci si possono scambiare gli oggetti come matite, gomme... Insomma, una cosa alla quale faticherò ad abituarmi. 

Alla prima campanella tutte le classi prime si ritrovano nel cortile della succursale, per essere smistati. Uno a uno si viene chiamati e si ritirano il badge per segnare la presenza, il libretto dello studente e le credenziali per accedere al registro elettronico. Naturalmente, per rispettare le norme statali, vengono distribuite mascherine a chi non ne è provvisto, si devono indossare in caso la distanza di almeno 1 metro non sia assicurata. Una volta entrato nell'edificio, scannerizzo il mio badge personale e mi dirigo verso la mia classe: 1 DSA. Dato che io e la mia amica siamo rimasti in fondo al gruppo, ci siamo ritrovati a doverci sedere nei posti di fronte alla cattedra: la mia solita fortuna! 

La prima ora di lezione passa senza problemi: la professoressa di disegno e storia dell'arte ci spiega come si  svolgerà quest'anno scolastico, le materie che affronteremo e soprattutto lo studio che faremo. 

Suona la campanella e arriva la professoressa di inglese, che introduce la prima lezione, dando come semplice compito la visualizzazione di un film-documentario: Life in a day, di Kevin McDonald, un film che raccoglie clip video da tutto il mondo che testimoniano la vita quotidiana nel 2010. 

Ancora una volta suona la campanella e, dopo la solita presentazione, la professoressa di fisica ci illustra le regole da seguire per evitare un qualsiasi contagio, togliendoci qualsiasi timore. La campanella suona per l'ultima volta per questa giornata e possiamo tornare a casa. 

Qualche giorno fa ero intimorito dall'inizio in questa nuova scuola, per il livello di istruzione richiesto, per le voci sulla difficoltà nell'intraprendere il percorso e soprattutto per il fatto che mi sarei sentito spaesato con tutte le novità e regole per la sicurezza, ma questa prima giornata ha fatto scomparire qualsiasi mia paura, facendomi capire che l'importante è dare il massimo.

Nella vita si possono incontrare migliaia di difficoltà che possono sembrare invalicabili, ma con l'impegno, l'aiuto e il sostegno di chi ti vuole bene, questi ostacoli sembreranno solo sassolini nella scarpa.

Lorenzo Armenio

***


Insomma, bravo Lorenzo!

Alla fine, i bambini e gli adolescenti sono spesso più saggi di noi adulti con la loro capacità di adattamento alle situazioni più complicate e difficoltose.

Buona scuola, dunque, a Lorenzo e a tutti gli studenti!

Ah... nella foto è col mitico Pepe! ;-)


Alla prossima

dalla vostra

 Stefania Convalle





martedì 15 settembre 2020

Numero 350 - La voglia di scrivere: chi ha vinto? - 15 Settembre 2020

 



La garetta LA VOGLIA DI SCRIVERE, lanciata ai primi d'Agosto è giunta al termine.

Una piccola giuria composta da Emma Barberis (poetessa), Francesco Meccariello (Autore) e da me, ha scelto, tra tutti i bellissimi racconti arrivati (tutti davvero interessanti e ben scritti) i tre che ci hanno più colpito.

Ve li ripropongo in questo numero del Blog con una breve nota critica a seguire.


L'ATTESA

di
Tania Mignani


Nell’attesa ti immagino, seduta scomposta nel vagone della metropolitana. Indossi il corto kimono che ti portai dal mio viaggio a Tokyo. La seta purissima ti accarezza la pelle nuda, è il nostro gioco. Non appena arriverai allenterai la sottile cintura che ti stringe la vita e lascerai scivolare sulle spalle abbronzate il variopinto indumento che cadrà ai tuoi piedi. E rimarrai così, di fronte a me, con i lunghi capelli castani che ti coprono il viso nascondendo a malapena il tuo sorriso malizioso, coperta solo dalle piccolissime mutandine di pizzo nero. Mi racconterai degli sguardi lascivi che ti ha lanciato l’uomo seduto di fronte a te in metropolitana mentre, con fare pensieroso, te ne stavi seduta come una bambina sciatta e discola, con le gambe divaricate e le punte dei piedi che si guardano.
È il nostro gioco preferito, immaginare gli sguardi degli altri uomini su di te, come se ce ne fosse bisogno, come se non bastasse il tuo profumo, i capelli che ti lambiscono le spalle, la morbidezza della tua pelle, il suono della tua risata a farti desiderare ogni giorno di più.
Nell’attesa immagino i nostri corpi abbracciati, rotolare sul letto o immersi nella vasca da bagno, la stanchezza che ti coglie dopo l’amore e il fumo della sigaretta che si leva dal comodino.
Allungherò il braccio e ti porgerò il piccolo astuccio di velluto blu. Tu solleverai le palpebre quasi addormentate chiedendo: e questo, cos’è? Lo aprirai, già immaginando cosa contiene e, in quell’istante, io ti chiederò di sposarmi. Tu mi abbraccerai e i tuoi occhi, ormai completamente svegli, si riempiranno di lacrime. Ti terrò stretta a me convinto che da quel momento non uscirai più sola dalla mia casa, che non percorrerai più il tragitto in metropolitana per raggiungermi. Da quel momento saremo sempre insieme, io e te.
E così, nell’attesa, ti immagino.
Ti immagino scendere dal vagone della metropolitana seguita dagli sguardi di quell’uomo.
Salire di corsa le scale e riemergere sul marciapiede sorridente, anche tu immaginando il momento in cui varcherai la soglia di casa mia e allenterai la cintura del kimono che ti regalai in occasione del mio ultimo viaggio a Tokyo.
Allungare il passo, impaziente di percorrere gli ultimi metri che ti separano da casa mia.
Nell’attesa immagino il tuo sorriso mentre pensi a cosa inventerai da lì a pochi minuti, quando mi racconterai di come sedevi scomposta nella metropolitana e dello sguardo lascivo di quell’uomo seduto di fronte a te. Ti immagino sovrappensiero, attraversare la strada e poi girarti sorpresa, mentre i tuoi lunghi capelli castani volano nell’aria quasi a rallentatore, i fari dell’autobus vicini, troppo vicini, ti abbagliano e il tuo sorriso, quel sorriso meraviglioso, fermo per sempre.
Nell’attesa, ti immagino.
Da vent’anni.
Vent’anni che ti aspetto con un piccolo astuccio di velluto blu ormai pieno di polvere, solo, in questo appartamento che non raggiungesti mai.

Nota critica

L'attesa è il filo conduttore di questo racconto. 
L'attesa da parte del lettore per capire dove l'autore voglia arrivare attraverso i pensieri della voce narrante, una prima persona che esterna il senso dell'attesa, appunto, di una donna - il suo amore - in viaggio per raggiungerlo.
L'attesa dell'uomo che viaggia insieme alla sua donna, lo fa con il pensiero, con l'immaginazione che parla di intimità, di desiderio, ma anche di amore, di... futuro.
L'attesa che, riga dopo riga, assume una musicalità di note profonde e cupe, una triste ouverture a sipario chiuso, un sipario che si apre nelle battute finali colpendo al cuore il lettore.
L'autrice, Tania Mignani - già autrice di Edizioni Convalle - è stata brava a celare le sue intenzioni di regista, camminando su una strada narrativa che mai poteva far pensare al drammatico epilogo. 
Un racconto che parla d'amore, un amore spezzato che però vive nel ricordo del protagonista, in quel piccolo astuccio blu ormai pieno di polvere.  Un astuccio blu che tutti i lettori sono riusciti a vedere per la capacità dell'autrice di mostrare atmosfere e particolari, senza mai cadere nella banalità.
Una penna abile nel trattare le emozioni sulla carta. Una penna esperta che sa bene come mantenere alta la tensione narrativa, con piccoli depistaggi allo scopo di non far immaginare il finale.
Una penna che offre assaggi di erotismo nelle fantasie dell'uomo, la voce narrante, ma che mette in primo piano, procedendo nella lettura, il sentimento. Quello vero. L'amore che non muore.
Complimenti a Tania che non delude mai.
E se non l'avete ancora fatto, acquistate la sua raccolta di racconti "L'altra".

Stefania Convalle


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IL PESO DELL’ESISTENZA
di
Giuliana Degl’Innocenti


È  curioso come nei momenti più impensati, magari mentre sei immersa nel traffico assordante dell’ora di punta a bordo di un autobus strapieno, la tua mente riesca a mettere a fuoco in un istante interi stati d’animo che hanno contraddistinto la tua vita. In una frazione di secondo il tuo cervello è capace di attingere dal campo della memoria disseppellendo immagini, voci, profumi che credevi di avere definitivamente affidato alla terra dell’oblio e invece eccoli là: saltano fuori tutti all’improvviso e subito riassapori lo specifico sentimento con il quale hai vissuto quei momenti. È tutto lì e si distende dinanzi alla tua psiche, chiaro e presente, pronto a condurti verso la tua vita passata che riemerge con un nitore strabiliante.
Mentre una sconosciuta ti urta con una borsa ingombrante per sistemarsi nel posto accanto e il tuo stomaco è assalito da uno spasmo di nausea dovuto al rollio del mezzo, la tua mente si trova, al contrario, pervicacemente ancorata al ricordo della tua prima lezione universitaria, nel lontano millenovecentonovantaquattro, la quale segnò il limite tra le acque sicure e inconsapevoli della giovinezza e quelle tempestose ma coscienti dell’età adulta. E ti ritorna alla memoria quell’amore inespresso che tanto sconvolse la tua anima ma che ti permise di sopportare il peso dell’esistenza di quegli anni di studio arido e fitto, gli innumerevoli disturbi di salute, i pensieri angosciosi, via via le perdite degli affetti più cari, guidandoti con tocco soave sino all’età matura.
E così ti accorgi che tutto ciò che hai vissuto non va mai perso, ogni singola emozione che hai provato, ogni persona che hai incontrato con la quale hai condiviso qualcosa, ogni accadimento che ti è capitato è subito pronto a riemergere per ricordati chi sei, il cammino che hai percorso, spronandoti a portare a termine il viaggio che hai iniziato molti o pochi anni fa, imparando da ogni esperienza che hai sperimentato.
Insomma, per via di un idiota a bordo di uno scooter che ha tagliato la strada al pullman, l’autista ha inchiodato e sono rovinata completamente addosso al tipo seduto davanti a me: speriamo non abbia il virus.
Ecco.

Nota critica

Può un viaggio in autobus diventare un momento di riflessione profonda? Giuliana Degl'Innocenti dimostra che può accadere e racconta di come  lo spostarsi da una parte all'altra della città si trasformi in una sorta di viaggio interiore della protagonista. Attraverso una strada che non è più quella asfaltata ma quella dei sensi, la donna che viaggia affonda le mani nella memoria, colpita da un profumo, da una voce, da un'immagine. 
L'autrice è brava a mostrare al lettore, in una manciata di righe, i ricordi amari della donna, disagi e difficoltà emotive, tracciando un passato duro ma al contempo sostenuto da un amore vissuto nel proprio intimo, un amore - forse - impossibile, ma un'oasi mentale in un momento tormentato dai fatti della vita.
Il peso dell'esistenza, un racconto ricco di riflessioni sulla vita stessa che da personali diventano universali e, in quanto tali, condivisibili da ogni lettore.
L'autrice mostra una grande abilità di penna, concreta e sensibile al tempo stesso: possono esistere in una stessa persona? Sì, se si ha un grande equilibrio. E se non ci si è fatti incattivire dalla vita. Un messaggio di saggezza e maturità, a mio parere, condito da quella punta ironia che non guasta mai, mostrata sul finale. 
Un riferimento al Covid, paura di questi tempi, lo rende attuale e lo fissa nel tempo.
Il racconto si chiude con un "Ecco" che quasi sdrammatizza tutte le tematiche esistenziali affrontate nel racconto, strappando un sorriso al lettore.
Davvero brava, Giuliana Degl'Innocenti.
Piccola postilla: Giuliana, autrice di Edizioni Convalle, ha vinto il primo premio nella quarta edizione del premio letterario "Dentro l'amore", per la sezione romanzi inediti. Chi non avesse letto quel bellissimo romanzo, si affretti a farlo! 


E già che ci siamo, si prenoti per il romanzo in uscita nei prossimi giorni!


Stefania Convalle

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SUBWAY
di
Valter Manunza


A un certo punto ho dovuto correre. La giornata ha perso tutte le ombre allimprovviso. I grattacieli della Quinta Strada non riflettono più e una pioggia fine, gentile e non invadente, schiaccia i colori dell’autunno caduti dagli alberi di Central Park.
All’altezza del Rockfeller sono sceso per la metro diretto a Soho. Ho aspettato la gialla, la 55.
Mi sono seduto accanto a una giovane coppia, lui ha un bambino nel marsupio che gli tira la barba e ride. Lei lo guarda con il viso stanco mentre una mano felice gli accarezza la schiena.
Alla fine del buio si aprono le porte, entrano gli odori e gli annunci. Entra la musica di un sax che suona un ragazzo di colore coi capelli rasta, sulla piattaforma. Nella custodia, poggiata in terra, qualche dollaro.
Madison Square.
Un uomo con l’abito grigio, brizzolato, azzimato, seduto curvo sul suo portatile è chiuso nella sua bolla. Entra un ragazzo alto con le braccia sottili sotto la canottiera rossa dei Knicks, sistema le cuffie nelle orecchie, dondola la testa a ritmo. Ha gli occhi chiusi.
Un bambino in fondo al vagone piange. Lo guardo, gli faccio le facce e lui mi risponde con occhiate furtive mentre si aggrappa alla gamba della madre nascondendosi.
Il buio scorre veloce.
Una donna elegante si guarda riflessa nel vetro, stretta nel suo impermeabile. Su una spalla tiene una borsa grigia col nome stampato di una palestra di Time Square. Un vecchio legge il giornale con gli occhi a fessura.
Si aprono le luci al neon. Un mondo si rovescia fuori. Un mondo entra. Si incrociano indifferenti.
Union Square.
Una donna grida, al collo ha appeso un cartello che annuncia che tutto sta per finire e che ti devi svegliare. Tre giapponesi di porcellana, in piedi la guardano fissa. Due ragazzi si parlano e ridono. Hanno gli zaini e gli skate sotto braccio, i pantaloni molto larghi e le felpe, hanno le guance arrossate e i denti bianchi. I capelli sulle spalle.
Una coppia litiga, seduta di fronte a me. Lei gli toglie il cellulare dalle mani, lui nella sua t-shirt nera, stretta sul collo che gli guizza, la prende per un braccio e la scuote nel suo vestito rosso e blu. Gridano.
Lei piange.
Ancora la fine del buio. Gli umori che entrano. Gli umori che escono. I rumori di fondo.
Greenwich.
L’uomo che grida esce col suo cellulare. La donna che piange rimane.
Soho.
Non esco. Continuo a girare e a guardare le schiene che vanno e le facce che vengono. Esistenze che corrono e scorrono.
La donna che piange rimane. Il vestito rosso e blu è stropicciato e sottile. Si tiene i capelli neri con la mano perché non le cadano sugli occhi. Le gambe piegate sulle ballerine delicate.
Il buio e la luce. Gli odori, le voci, gli occhi che insistono, le mani che sfiorano.
Ho perso il senso del tempo che è  andato veloce.
Le porte si aprono, il ragazzo di colore è ancora lì e i capelli rasta suonano il sax, solo qualche dollaro in più nella custodia.
Mi alzo per uscire.
La ragazza che piange rimane. Gli porgo un fazzoletto di carta. Lo guarda esitante e mi guarda. Lo prende con la mano leggera e sorride.
Esco e riemergo.
La pioggia è finita. I grattacieli riflettono l’autunno e i colori.

Nota critica

Una narrazione circolare che accompagna il lettore in una passeggiata sotterranea di New York. Un grande dipinto impressionista dei giorni nostri che con poche pennellate per ogni personaggio - o comparsa - presente nella metro, racconta molteplici storie.
Uno occhio osservatore e acuto, quello di Valter Manunza, che riesce a cogliere l'attimo, uno sguardo, un gesto, un'espressione dentro un vagone. Frammenti di vite che raccontano una grande storia: quella dell'essere umano.
Un mondo si rovescia fuori. Un mondo entra. Si incrociano indifferenti. 
L'autore è stato bravo a cogliere  e descrivere la solitudine umana, anche quando si è in coppia. 
Un racconto che ha il valore aggiunto della colonna sonora: il musicista di Madison Square, con il suo Sax e la sua custodia per terra in attesa di qualche dollaro. 
Eppure l'autore trova spazio per una nota di speranza, che risiede dentro a frammento di questo grande dipinto: Mi sono seduto accanto a una giovane coppia, lui ha un bambino nel marsupio che gli tira la barba e ride. Lei lo guarda con il visto stanco mentre una mano felice gli accarezza la schiena.
Una penna capace di portare a spasso il lettore in una New York singolare, quella attraversata dalla metro. Ma nonostante questo, si avvertono i colori dell'autunno, la pioggia, l'atmosfera inconfondibile della Grande Mela che diventa, però, un campionario di varia umanità universale.
Scrittura snella, bel ritmo con le necessarie pause e accelerazioni.
Grandi complimenti a Valter Manunza!

Stefania Convalle

*******

Complimenti a tutti, non è stato facile operare una scelta.
Tutti i partecipanti, comunque, hanno vinto un buono sconto di cinque euro sull'acquisto - ESCLUSIVAMENTE EFFETTUATO SCRIVENDO A edizioniconvalle@gmail.com - di una o più opere (meglio più ;-) siamo più contenti :-D )
Il buono dovrà essere utilizzato entro la fine del 2020.

Alla prossima
dalla vostra
Stefania Convalle






mercoledì 2 settembre 2020

Numero 349 - Per la Rubrica "Parlo di me": Paola Budassi - 2 Settembre 2020




È difficile per me, parlare di me.
Di solito lo lascio fare ai miei personaggi, non per questo mi sono scelta un lavoro dietro alle quinte.
Però è bello quando guardi negli occhi chi ha voglia di ascoltarti.
Così, guardiamoci negli occhi e parliamo di noi.
Nasco in un paesino ai piedi delle montagne e da subito odio il freddo e la neve. Inizio a sognare che sono piccola, all’inizio solo il mare e poi crescendo, sono cresciuti anche i sogni.
Ma quando i sogni sono stati grandi, ho iniziato a temerli e a farli tacere il più possibile. Così il sogno della scrittura, che coltivo da tutta una vita, l’ho fatto tacere imparando formule chimiche durante gli anni della scuola superiore. Non urlava più, ma continuava con il suo rumore in sottofondo, quel brusio che mi distraeva qualunque cosa facessi.
Il mare, ottenuta la patente, non era più un sogno così irraggiungibile.
La scrittura relegata in un angolo, ma una costante. Non capitava mai che uscissi senza carta e penna per annotare fatti, atteggiamenti o idee di storie.
Poi la scelta dell’università. Altro bivio importante. Altra occasione per decidere se diventare una persona felice o meno.
Il coraggio è mancato di nuovo: scelgo Biologia.
Nel cassetto, intanto si accumulavano storie che non erano proprio ancora romanzi ma che con un po’ di mestiere potevano diventarlo.
Silenzio il mio istinto, fino a quando esplode per conto suo.
E un’esplosione porta con sé devastazione e macerie ma fa vedere cosa si cela sotto.
Sapevo cosa avrei trovato, vederlo e permettere agli altri di fare altrettanto è stato il momento più difficile della mia vita. Inutile continuare a nascondersi.
Così decido.
Di colpo.
In un istante.
Voglio raccontare delle storie, scriverle, farle leggere.
Come una diga aperta per alleggerire la pressione, ho iniziato e non mi sono più fermata.
La paura c’era e c’è ancora adesso, ma non la sto ad ascoltare.
Tanti, i momenti che ricordo come fondamentali.
Il corso di scrittura comica allo Zelig di Milano, il lavoro in sala autori durante le registrazioni delle puntate televisive, la collaborazione con i comici.
Lì ho capito che le storie che fanno sorridere lasciando un po’ di amaro in bocca, erano la mia penna.
Dopo tanti tentativi, finalmente la strada giusta.
Il primo riconoscimento è stata la vittoria al concorso nazionale indetto da CLIO, associazione di Cernusco sul Naviglio. Nessuna targa ma l’ambita pubblicazione del mio “Iniziamo bene”.
E sempre grazie all’associazione, o meglio, grazie alla meravigliosa Loredana Limone conosco Stefania Convalle. Nasce subito un’intesa e mi accorda la sua fiducia pubblicando la mia seconda opera. “Poteva andare peggio”.


Poi partecipo per scherzo al concorso “Dentro l’amore” del 2019. Dico per scherzo  solo perché avevo deciso di presentarmi con una poesia, che non è affatto il mio campo. Scrivo poesie da sempre, come forse fanno in molti, ma lo faccio solo per fissare momenti privati, per non lasciarli scomparire nella polvere. Inaspettatamente entro nella rosa dei finalisti e mi classifico decima con la mia “Blues”.

La mia storia, sotto i riflettori, pare esaurirsi qui. In realtà, il lavoro è incessante e continuo.
I cassetti si sono riempiti di nuove storie e di progetti ambiziosi.
Mi sono detta: se devo sognare è meglio farlo in grande!

C’è un’ultima cosa che voglio dire e l’ho lasciata per ultima solo perché la reputo la più importante.
In tutti questi anni di rifiuto del sogno, di crolli di autostima e di dubbi, ho incontrato moltissime persone che mi hanno incoraggiata, che hanno creduto in me con talmente tanta intensità da farmi credere che forse avevano ragione loro.
Sono queste persone (editori, colleghi, lettori e amici) che mi fanno ritrovare l’entusiasmo nello scrivere ogni volta che mi dico che forse non ne vale la pena.
Sono quegli occhi, le loro aspettative, le loro parole.
Perché chi narra lo fa per tirare fuori quello che preme dall’interno, ma anche per chi, in quelle storie un po’ ci si ritrova.
Un libro parla a ognuno di noi e parla di noi.

E quando una storia mi viene a trovare, non posso far altro che mettermi comoda e ascoltare cosa mi vuole raccontare.

Paola Budassi


***

E ora la parola all'editrice

Voglio iniziare con una foto che dice tante cose...
Un abbraccio.


Ho conosciuto Paola Budassi grazie a Loredana Limone e da lì voglio cominciare. L'abbraccio che vedete è tra Paola e Loredana e racconta del bel rapporto d'affetto tra loro, dell'amicizia, della solidarietà. 
Ma veniamo a come ci siamo incontrate noi due, Paola e io.
Avevo partecipato alla festa di compleanno della Libreria Ghirigoro, dietro invito di Loredana che all'epoca era il mio ufficio stampa. Fu un bel pomeriggio dove conobbi la libraia - una delle più simpatiche e intraprendenti di questo mondo letterario - e poi anche delle autrici, diventate poi parte della squadra di Edizioni Convalle, come Anna Maria Castoldi, Miriam Donati e lei: Paola Budassi.
Quante sigarette ci siamo fumate, quel pomeriggio, cara Paola? :-O
Comunque, a parte questo dettaglio poco salutare, ricordo la nostra chiacchierata-scambio di esperienze, sogni, progetti. 
Ci siamo trovate in sintonia da subito.
E poi la telefonata di Paola nei giorni successivi che mi diceva più o meno di avere sentito una spinta a voler continuare il cammino editoriale con Edizioni Convalle. Così lessi al volo il suo romanzo per poi dirle: sì, mi piace, sei dei nostri!
"Poteva andare peggio" è nato e ha iniziato il suo cammino, che prosegue ancora, naturalmente, perché le opere non invecchiano e vanno incontro a nuovi lettori, ogni giorno.
Così la penso io.
Ricordo che Loredana Limone spese belle parole, in un messaggio vocale, sulla scrittura di Paola e sulla persona stessa. Un bel ricordo per Paola, una bella attestazione di stima che credo le rimarrà sempre nel cuore. 
Personalmente credo che Paola si sia descritta benissimo nella sua presentazione, forse è figlia delle sue inquietudini, un po' come tutti noi che ci definiamo artisti.
Aspettiamo, dunque, la tua prossima opera, cara Paola, e se ci hai fatto divertire e sorridere - ma anche riflettere - con "Poteva andare peggio", che accadrà in futuro?
Ma soprattutto: non mollare mai.



Alla prossima 
dalla Vostra
Stefania Convalle