UN TRANQUILLO POMERIGGIO IN
FAMIGLIA
Elena Caio
La mia auto frena anzi inchioda e
lascia due strisce nere sull'asfalto. Meno male che dietro non c'è nessuno! Mi
sono ricordata che prima di rincasare devo passare dai miei genitori. Allo
stop, La svolta, e poi imbocco la strada di casa.
Confesso che preferirei un'intera
giornata di lavoro piuttosto che affrontare i soliti discorsi vecchi di
cinquant'anni. Devo anche tenere il tono della voce più alto perché mia madre
con l'età è diventata un po' sorda e mi tocca ripeterle tutto Dalla A alla
Zeta.
Appena entro in casa Chiudo
gli occhi e un profumo di caffè mi investe. In cucina mia mamma mi offre Una calda tazza di caffè americano. Ne prendo solo un po' e mi accorgo
che Il sole delle cinque è ancora alto in cielo, così preferisco
godermi dalla terrazza il magnifico panorama, Là dove finisce il fiume.
Mi chiede come sto, come sto
vivendo questo periodo e le rispondo che mi sento Come biglia in
equilibrio precario.
«In che senso, come pirla in
equilibrio precario?»
«Mannò mamma, B-I-G-L-I-A! La
biglia, quella che rotola, hai presente?»
Lei annuisce ma mi sa che non ha
capito bene. Essendo un po' sorda a volta confonde Torino per tombino. Ci fa
sempre fare delle grasse risate! Devo ricordarmi di Scrivere questi
momenti altrimenti poi li dimentico.
D'un tratto si sente un rumore
all'ingresso. È arrivato mio padre, sembra sempre Un uomo alla deriva ma
poi penso che sono quasi sessant'anni che stanno insieme, queste due Anime
antiche, e che Dentro l'amore c'è tutto un loro mondo.
In terrazza mia madre comincia a
parlarmi delle loro Vite e parte dall'Estate '36, quando è nata.
Alzo gli occhi al cielo, queste storie le avrò sentite almeno un miliardo di
volte. Appena inizia a raccontarmi de La casa sulla scogliera, là
dove si sentiva Il canto dell'allodola e L'eco del maestrale io
mi dileguo e vado in camera dove vorrei solamente Il silenzio addosso. Ma neanche qui riesco ad avere un
po' di pace. Infatti sul comodino di mio padre trovo un cofanetto in pelle
marchiato The letters. Incuriosita lo apro e invece di trovarci dentro una
lettera, magari di qualche amore giovanile, c'è un impegnativa del medico
di base. In una grafia incomprensibile scopro una piccola parte dove leggo
chiaramente "Un soffio sul cuore". Prendo il foglio e Oltre le
emozioni del momento ritorno in terrazza dove mia madre sta continuando la
storia della sua infanzia che oramai conoscono anche i muri di casa e quando
sento parlare de La Baronessa di Piano Campo esclamo: «Camurrìa!
Ancora?!» Interrompo la storia e chiedo
spiegazioni a mio padre. Lui cerca di non farmi preoccupare, dice che non è
niente di grave ma dovrà fare altre analisi. Fa un racconto tra Luci e
ombre in cui non capisco nulla. Mi sa che dovrò contattare L'altra figlia,
mia sorella perché non posso masticare questa Mandorla amara da sola.
La chiamo, ci mette 47 secondi a
rispondere. È sempre stata lenta come un bradipo! Le spiego la situazione e mi
chiede se ho in mente qualche struttura specializzata per il problema di
papà. «Dipende da dove vuoi andare» rispondo. Non mi sembra di avere grandi scelte ne La giostra delle possibilità.
Ci diamo appuntamento per domani.
Intanto la tranquillizzo dicendole di non preoccuparsi, in fondo si tratterà di
un soffio al cuore. Come un vecchio orologio, papà avrà Il granello di
sabbia nell'ingranaggio. Di certo non si tratterà di Aritmie spirituali.
Mi madre, che capta qualcosa a modo
suo, insiste: «Parlami di lei.»
«Ma niente, cosa ti devo
dire?»
«Nessuno è innocente, nemmeno
tu.»
«Ma che dici?»
«Dico che non sei mai stata
brava a fingere, sei come tuo padre. Gli somigli in tutto, anche Di
profilo. Dimmi di cosa stavi parlando con tua sorella: di me?»
Ogni tanto penso che stare dietro
ai suoi ragionamenti sia come entrare ne I tunnel di Oxilla, quei posti a metà
tra il sogno e la realtà. L'ultima volta mi ha detto che L'erba sogna il
cielo e che Quando piccole storie si vestono di poesia lei si
dirige Sotto la luna che ride verso La locanda di Ester con Monroe
il predatore di demoni, Sulle tracce di Lucifero. Ho controllato più volte i suoi
farmaci ma al di là della pillola per la pressione non mi pare assuma sostanze
stupefacenti. Eppure non sembrerebbe!
Dopo La lieve carezza del
tramonto ci troviamo tutti in cucina dove sul tavolo ci sono Pane e
fragole. Ne prendo una per addolcire questo pomeriggio turbolento e leggo una
frase alla lavagna scritta da mio padre: I naviganti si perdono in mezzo al
mare perché La verità è una rotta tracciata a matita.
«Papà, che belle queste Poesie
fatte in casa!»
E mia madre che ovviamente ha
capito tutt'altro: «E certo, dove volevi che si
facessero?»
«Cosa, le poesie?»
«Ma quali poesie? Le pulizie,
le pulizie fatte in casa!»
A questo punto non alzo neanche più
gli occhi al cielo. Sono disarmata. Come quelle Madri illuse che si
tormentano ma che non possono farci niente. Più che una figlia, mi sento così.
Mi chiede se voglio rimanere a cena
ma ho proprio bisogno di uscire e isolarmi dal resto del mondo. Spengo anche il
cellulare. Mentre sto per salutarli passo davanti alLo specchio macchiato dal
tempo e mi ritrovo invecchiata di tre anni in un solo pomeriggio! Mi madre sembra volermi dire
qualcosa di importante ma poi la dimentica. E attacca di nuovo con i ricordi
della sua infanzia: «Ti ho mai detto di quando da
piccola vivevo dove c'era Il mare intorno all'isola?»
«Almeno un milione di
volte!»
«Ah, scusami, allora,»
«Non fa niente. Lo sai che ti
voglio bene, mamma.»
E a questa frase gli occhi le si
riempiono di commozione. È proprio vero, L'amore è fatto di niente. L'abbraccio e mi ripete due volte, Cerca di non mancarmi troppo. Intanto mio padre mi saluta e
mentre la prende sottobraccio incalza: «Andiamo, è pronto e sta
iniziando la tua serie TV preferita, Delitti nell'orto - Le prime indagini
della Sciura Marpol!»
«Oh sì, che bello, arrivo!
Ciao cara.»
«Vai mamma, io tornerò
presto.»
Chissà, forse Un giorno mi
perdonerò per non avere avuto abbastanza pazienza. Mentre mi allontano
sento le voci dei miei amabili vecchietti che ridono. Chiudo la porta, tiro un
sospiro di sollievo e penso che in fondo Poteva andare peggio.
***
ADDIO, AMORE MIO
Tiziana Mazza
«Adoro Il sole delle cinque in questa stagione, Quando piccole storie si vestono di poesia e il cielo si dipinge di rosso. Io la chiamo La lieve
carezza del tramonto.»
«Che romantica!»
«Lo sai che amo Scrivere, soprattutto The Letters, e questa è l’ora che mi ispira di più. Chiudo
gli occhi, ascolto L’eco del maestrale e in soli 47 secondi mi tuffo Dentro
l’amore e mi lascio trasportare Oltre le emozioni là, dove L’erba sogna il
cielo.»
«Io, invece, a quest’ora mi sento Come biglia in equilibrio precario,
praticamente Un uomo alla deriva. A me piace osservare Il mare intorno
all’isola, Sotto alla luna che ride, sorseggiando Una calda tazza di caffè
americano. Un’atmosfera che mi procura Un soffio sul cuore.»
«Hai visto quanto è bella La casa sulla scogliera? Ogni tanto sogno di
essere La baronessa di Piano Campo e di vivere lì, in un’altra epoca popolata
da Anime Antiche.»
«Un giorno mi perdonerò per non averti saputo dare tutto quello che
meriti.»
«Parlami di lei, L’altra...»
«Lo sai che non conta più niente, è stato un attimo di sbandamento. Del
resto Nessuno è innocente, nemmeno tu.»
«Mi sento come Il granello di sabbia nell’ingranaggio. In fondo, L’amore
è fatto di niente. Ho ingoiato la mia Mandorla Amara aspettando Il canto
dell’allodola, Là dove finisce il fiume. Ho pianto. Nelle ore trascorse ad aspettarti con Il silenzio addosso, mangiando Pane
e fragole mentre Monroe, il predatore dei demoni mi trascinava laggiù, negli
Inferi. Non avrei esitato a mettermi Sulle tracce di Lucifero per vendergli la
mia anima in cambio del tuo amore.»
«La verità è una rotta tracciata a matita. Vorrei poter avere due Vite
per rimediare agli errori fatti nella prima. Lo specchio macchiato dal tempo è
impietoso, mi rimanda un’immagine che non mi piace, però posso ancora dare La svolta
alla mia vita, se me lo consentirai.»
«Penso ai miei genitori e a quella foto scattata nell’Estate ’36 alla
Locanda di Ester. Madri illuse sorridono con i propri pargoli in braccio, sognando
per loro un futuro felice, senza nessuna Camurrìa sulla loro strada.»
«Ma il percorso di ciascuno di noi è fatto di Luci e ombre, sono le Aritmie
spirituali della vita.»
«Hai proprio ragione. La vita è come La giostra delle possibilità: Dipende
da dove vuoi andare.»
«E tu, dove vuoi andare?»
«Non so. Io amo quello che faccio. Mi piace scrivere Poesie fatte in
casa, però, forse, se tornassi indietro, cercherei l’avventura. Mi addentrerei
nei meandri de I Tunnel di Oxilla, scalerei l’Everest e perché no? Sceglierei di
diventare una detective come quella del libro… Come si chiama?»
«Intendi I delitti dell’orto, le prime indagini della Sciura Marpol?»
«Sì, proprio quello»
«Anch’io se tornassi indietro non credo rifarei Dalla A alla Z quello
che ho fatto.»
«In fondo Poteva andare peggio, abbiamo ancora tanto tempo davanti a noi
per realizzare i nostri sogni.»
«Sì, ma saremo soli.»
Lo guardo Di profilo andare via con un nodo alla gola. Addio, amore mio,
Cerca di non mancarmi troppo.
***
IL BUCO
Giulia Landini
Il canto dell’allodola lo sento là fuori.
Canti ancora alle prime luci dell’alba quando spicchi il tuo volo?
Canti ancora.
Nessuno ha spezzato le tue ali, strappato le tue piume, ammaccato la tua
anima.
Tu, allodola, canti ancora.
Non lo vedo il sole qua sotto, solo deboli spiragli di cielo dalle
fessure di queste travi.
Sono sotto terra come I tunnel di Oxilla, quelli dove amavo addentrarmi
da bambina poco lontano da casa, prima che ci trasferissimo al mare.
Sono talmente in basso in questo buco, sembro quasi Sulle tracce di Lucifero
e dell’inferno, o forse ci sono già.
Oggi proprio non vorrei essere qui, nelle profondità della terra, ancora
sogno L’eco del maestrale, Il mare intorno all’isola, La casa sulla scogliera, guardare
il vento rincorrersi nella brughiera e sentirsi Come biglia in equilibrio precario
lassù, sopra il mondo.
47 secondi, ci ha messo a rapirmi, un briciolo di tempo che mi ha tolto tutto.
Sono sempre viva, lo so, in fondo Poteva andare peggio, ma a che prezzo?
Mia mamma come tante altre Madri illuse sarà ancora lì ad aspettare il
mio ritorno e mio padre sarà ormai Un uomo alla deriva, perso, senza la sua bambina.
Vorrei poterlo raccontare, Scrivere, urlare quello che mi sta succedendo,
ma quaggiù a parte la morte non c’è nessuno.
Come L’erba sogna il cielo, io cerco me stessa là fuori, la vita nel poco
che c’è, cerco di cambiarla, la realtà, e guardo cosa succede Quando piccole
storie si vestono di poesia nella mia testa.
Cerca di non mancarmi troppo, vita.
Mi sento come persa nel buio tra milioni di Anime antiche e spiriti e
fatico a trovare un senso.
La vita è La giostra delle possibilità, penso, anche per me deve esistere
un riscatto e troverò Il granello di sabbia nell’ingranaggio, l’errore fatale
commesso dal mio aguzzino, quello che lo coglierà in fallo portandolo a
scoprirsi.
In fondo Nessuno è innocente, commetterà
errori, si tradirà e io tornerò a casa.
La svolta è stata quando l’uomo ha aperto la botola la prima volta dopo
giorni per darmi da mangiare, lì per lì la luce mi bruciava gli occhi, poi
dall’angolazione della sfera di fuoco ho capito che era Il sole delle cinque del
mattino. L’uomo agiva presto, furtivo, chissà che vita conduceva.
A un tratto mi rivolge la parola in siciliano: “Si proprio 'na Camurrìa!”
e butta giù, in terra perché possa mangiarlo,
qualcosa che sembra Pane e fragole.
Qualunque cosa significhi quel termine, resto in silenzio.
Ricordo ancora che quando sono stata rapita ero seduta su una panchina al
parco e sorseggiavo Una calda tazza di caffè americano appena comprata al bar
del paese, La locanda di Ester, e stavo leggendo un libro: “The letters” che
parla della storia d’amore e della corrispondenza impossibile tra Monroe, il
predatore di demoni e La baronessa di Piano Campo.
L’uomo si avvicinò con un guinzaglio in mano, era un signore anziano e mi
parve innocuo.
Il mio cane è scappato, saresti così gentile da aiutarmi a cercarlo?
Con strani giri del parco riuscì ad avvicinarmi a un furgone, sentivo
abbaiare e lo seguii di corsa, da brava, come mi avevano insegnato, stavo
aiutando qualcuno in difficoltà. Lui fu rapido, rapace, mi colpì nella schiena e mi caricò su; non ebbi il
tempo di urlare, lamentarmi o altro, ero già bendata e con qualcosa sulla
bocca. Poche ore più tardi, senza sapere dove e perché, mi trovai qui.
Oggi, dopo un intervento della Polizia esco da quel buco, sono riusciti a ritrovarmi
dopo tre anni e mia madre mi guarda come se non ci fossimo mai lasciate e si limita
a un: “Sei a casa” .
La mia storia è stata chiamata sui giornali: “Delitti dell’orto”, si è
scoperto che insieme a me, e prima, c’erano state altre ragazze scomparse che non
avevano avuto la mia stessa fortuna di tornare. L’altra che sentivo piangere
poco lontano da me era morta una notte in un altro buco nero. Quante Vite spezzate.
Quando varco la soglia di casa comincio a vagare in silenzio. In camera, Lo specchio macchiato dal tempo della mia assenza mi aspetta,
mi guardo Di profilo, ho le cicatrici
della vita che mi ha colpito con dolore.
Mia madre e mio padre mi nutrono di tutto ciò che mi è mancato: coccole, cibo
e Poesie fatte in casa, fino a che non torno a sentirmi di nuovo una persona.
Il silenzio addosso che sento su di me è potente, distruttivo,
altisonante.
Ci vorranno anni perché riesca di nuovo a percepire La lieve carezza del
tramonto su di me e per andare Oltre le emozioni negative che provo; ma casa è
un posto sicuro e mi sto di nuovo abituando, provo a fidarmi della mia routine,
fuori, oltre la finestra, guardo Là, dove finisce il fiume e il paesaggio, il suo
ripetersi ed essere sempre lo stesso, mi dà quelle certezze che sento di aver
perso.
La vita è come una Mandorla amara, diceva mia nonna nella lontana Estate '36, ma sento che a ogni nuovo morso, ogni giorno, smette di pizzicare
sempre più sulla lingua e ritrovo il buono.
Chiudo gli occhi e sento Un soffio sul cuore, quasi come fossero Aritmie
spirituali; il dolore se ne sta andando.
Un giorno mi perdonerò e sarò meno arrabbiata con la vita, con le sue Luci
e ombre e con quello che mi ha fatto. Dimenticherò tutto, in fondo La verità è
una rotta tracciata a matita che posso sempre modificare.
Parlami di lei, della tua prigionia, riuscirò a dirmi.
Ma anche stanotte, Sotto la luna che ride beffarda, non riesco a trovare
la pace.
Dipende da dove vuoi andare, mi dico, la serenità è un luogo dentro di
noi, non lontano.
La grande verità è che: L’amore è fatto di niente e proprio Dentro
l’amore voglio restare.
***
UNA VITA
Giovanna Agata Lucenti
La casa sulla
scogliera è ancora lì, a sfidare il tempo che passa e stasera, Sotto la luna
che ride, sembra avere una luce particolare. I miei pensieri,
Come biglia in equilibrio precario, vanno a quei giorni di fine settembre di
tanti anni fa, quando La locanda di Ester ci aveva fatti incontrare per la
prima volta. Incrociando il
tuo sguardo, avevo subito avvertito Un soffio sul cuore, mentre La lieve
carezza del tramonto ci avvolgeva in tutta la sua bellezza.
È proprio vero
che L’amore è fatto di niente e io, in circa 47 secondi, avevo capito che le
nostre Vite erano legate per sempre.
Mi ricordo che
guardavo sempre più attratta il tuo viso Di profilo, mentre assorto ascoltavi
la donna che avevi a fianco. Il tuo volto, in un gioco di Luci e ombre, mi
sembrava così triste da farmi pensare a Un uomo alla deriva. Avrei tanto
voluto venirti vicino per dirti: «Parlami di lei, o di ciò che ti fa
soffrire…» ma, Oltre le emozioni confuse che provavo in quel momento,
avevo la netta percezione che nella mia vita fosse arrivata finalmente La svolta che
aspettavo.
Seduta a quel
tavolino e sorseggiando Una calda tazza di caffè americano, ripercorrevo la mia
vita Dalla A alla Zeta e come L’erba sogna il cielo mi vedevo in attesa di
qualcuno o di qualcosa che potesse Scrivere una pagina bella nella mia
esistenza, per renderla degna di essere vissuta.
Mi sembrava di
risentire la voce della mamma che mi diceva sempre: «Nella vita Dipende
da dove vuoi andare…» ma lei, come tante altre Madri Illuse, mi riteneva
più forte di quanto realmente fossi. Mi ero sempre
sentita, rispetto alle mie sorelle, come la Mandorla amara trovata nel
sacchetto, inadeguata e fastidiosa come Il granello di sabbia nell’ingranaggio. Certo, mi Poteva
andare peggio ma non avevo ancora rinunciato a credere che La giostra delle
possibilità nella mia vita non avesse ancora smesso di girare.
Il sole delle
cinque era già tramontato da un pezzo, quando ti sei alzato per andare via,
uscendo mi eri passato accanto, guardandomi con un certo interesse, mentre L’altra
ti seguiva mestamente dietro.
Il giorno dopo, Il
mare intorno all’isola era molto agitato, le onde s’infrangevano nella
scogliera senza sosta e L’eco del maestrale annunciava già il ritorno
dell’autunno.
Guardando dalla
finestra della camera da letto, ascoltavo Il canto dell’allodola, che come ogni
mattina si poggiava sui rami dell’albero di fronte.
Fino ad allora
ero vissuta bene nella solitudine organizzata delle mie giornate, ma l’incontro
della sera prima con te aveva fatto nascere un senso d’insoddisfazione e di
vuoto che andava facendosi sempre più grande, insomma una vera e propria “Camurrìa”,
come avrebbe detto la mamma, nel suo dialetto siciliano, quando s’innervosiva
per qualcosa!
Ripensavo a
quando mi raccontava dell’incontro con papà…
Abitava in un
paesino della Sicilia, era l'Estate ’36 e La baronessa di Piano Campo aveva
offerto a mio padre un lavoro come mezzadro nella sua tenuta. Papà andava spesso a
comprare quello che gli serviva nell’emporio dei miei nonni, dove anche la
mamma dava una mano. Lui, che veniva dal nord, suscitava molta curiosità nella
gente del posto e poi era davvero un bell’uomo! Cominciò a
vedersi con la mamma e le parlava spesso della sua Domodossola, e I Tunnel di
Oxilla non avevano più segreti per lei.
Alla morte dei
nonni e dopo la guerra, si erano trasferiti in una casa vicino al mare che
avevano sistemato alla meno peggio e dove siamo nate le mie due sorelle e io.
La vita scorreva
serena. Ricordo che al mattino sul tavolo, papà faceva sempre trovare Pane e
fragole, era la sua colazione preferita e tutto sembrava perfetto come Dentro
l’amore più vero.
Quando ripenso
ai miei genitori, credo siano stati come delle Anime Antiche che si sono
riconosciute e ritrovate, e penso che vivano ancora insieme al di là del tempo e
dello spazio, in un mondo sconosciuto di Aritmie spirituali. In fondo, Quando
piccole storie si vestono di poesia, si riesce a vivere una dimensione che
somiglia molto alla felicità. Ma si sa, in
questo mondo niente è per sempre e non potevo certo rifugiarmi in un universo
parallelo come succedeva nel mio libro preferito da ragazza: Monroe. Il
predatore di demoni!
Presto infatti
avevo visto quel mondo perfetto sgretolarsi piano piano.
Dopo la morte
prematura del papà e la partenza delle mie sorelle per seguire i loro compagni,
io e la mamma eravamo rimaste sole con tanti ricordi e con Il silenzio addosso di
quella casa tanto amata, ma troppo grande ormai per noi.
Come Lo specchio
macchiato dal tempo, che spiccava sul mobile antico dell’ingresso, così
conservavo nel cuore le memorie di un passato perfetto senza avvedermi dello
scorrere della vita.
La mamma se
n’era andata dolcemente una mattina di primavera, portando via con sé il
profumo di cose buone e semplici come quello delle Poesie fatte in casa, scritte senza
alcuna pretesa ma con dentro tante verità.
E poi sei
arrivato tu.
Dopo quel primo
incontro alla locanda, ci eravamo rivisti e avevamo scambiato solo qualche
parola ma fu un pomeriggio, quando tutto cambiò…
Lucifero, il
gatto di Ester si era perso e noi ci eravamo offerti di andare a cercarlo e
così, Sulle tracce di Lucifero, complice la bellezza e l’atmosfera del bosco
circostante, avevamo fatto parlare i nostri cuori, scoprendo di avere molte
cose in comune e riuscendo a trovare anche il povero micio che spaesato si
trovava già Là dove finisce il fiume prima di gettarsi in mare aperto.
Era stato un
pomeriggio indimenticabile, anche per l’intenso bacio che ci eravamo scambiati
prima di lasciarci.
Seguirono giorni
semplicemente perfetti, avevo ritrovato la gioia e la serenità di un tempo e la
differenza di età fra me e te, Andrea, non mi spaventava.
Eri talmente
innamorato! E lo dimostravi nei modi più disparati e inaspettati.
La mia vecchia
casa sembrava rinata a nuova vita.
Le sere
d’inverno, abbracciati stretti sotto la coperta, sul divano, ci piaceva
guardare vecchi film alla tv, i tuoi preferiti erano due: un simpatico giallo, Delitti
nell’orto – Le prime indagini della sciura Marpol e un vecchio film inglese in
bianco e nero, The letters.
Ma con il
passare del tempo, diventai un po' gelosa e le scenate non mancavano.
Molte volte ti urlavo contro: «Nessuno è innocente. Nemmeno tu!» E tu,
facendoti molto serio in viso, mi rassicuravi del tuo amore vero e profondo, ma
io imperterrita ribattevo: «La verità è una rotta tracciata a matita,
si può sempre cancellare!»
Come vorrei ora,
non avere mai detto quelle parole…
Se ora Chiudo
gli occhi, mi sembra ancora di sentire la tua mano calda nella mia.
«Cerca di
non mancarmi troppo» ti dicevo, cercando di farti sorridere.
Adesso, vorrei
ancora rifugiarmi, come da piccola, in un mondo parallelo ma alla vita non si
sfugge, bisogna accettarla e io cerco di farlo con serenità, ripetendomi: chissà… Forse un giorno mi perdonerò.
***
FINO ALL’ULTIMO RESPIRO
Maria Rita Sanna
Pane
e fragole fu il loro ultimo pasto.
Maria
si era inerpicata sulla montagna, poco dopo l’alba, avvolta in un mantello. Conosceva
bene il sentiero, anche tra Luci e ombre dell’aurora, tuttavia le notizie drastiche
ricevute in paese la gettarono nello sconforto. Impregnata di umidità e paura,
arrivò ansimante alla grotta.
«Peppino,
sono arrivati i militari a darci la caccia.»
«Lo
so. Ieri sera qualcuno ha imitato Il canto dell’allodola, è l’avviso quando ci
sono pericoli. Ormai siamo in trappola e con questa gamba rotta non posso
andare da nessuna parte. Tu, però, sei ancora in tempo per salvarti. Ora va’ e Cerca
di non mancarmi troppo quando sarai giù a valle.»
«Non
se ne parla nemmeno. Ti seguirò fino all’ultimo respiro. Ora mangiamo. Ieri
sera La locanda di Ester era affollata ma i giovani sposini che la conducono mi
hanno riempito in 47 secondi una cesta di cibo. Già sentivo il tuo nome
circolare con la notizia dell’esercito schierato per cercarti, avrei voluto
ribattere alle imprecazioni su di te, ma sono andata via subito, altrimenti Poteva
andare peggio.»
Consumarono
in silenzio quel pasto frugale accompagnato da latte freddo, non potendo
accendere il fuoco per non lasciare segnali di fumo. La grotta che li
accoglieva offriva un luogo asciutto e riparato dal vento. Peppino vi si era
rifugiato dopo una fuga rocambolesca, che gli causò una profonda ferita alla
gamba. Maria lo aveva rintracciato e curato, come spesso succedeva, attraverso
suoni e richiami che, da tempo, avevano stabilito per incontrarsi e comunicare.
Lei viveva una doppia vita. Le Madri illuse del suo paese, donne ipocrite, la
consideravano una strega, una donna da sfuggire per non incappare nei suoi
sortilegi malefici ma, di fatto, e nessuno lo sospettava, era l’amante del
famigerato assassino Peppino. Maria si sentiva Come biglia in equilibrio
precario, ma per niente al mondo avrebbe lasciato solo il suo amante, l’unico
che le aveva dato rispetto e amore senza compromessi. Con lui aveva scoperto la
libertà di un amore Oltre le emozioni.
Lo
abbracciò con tenerezza, gli controllò la fasciatura, gli sistemò il giaciglio.
Trasse dalla borsa un quaderno e la penna.
«Guarda,
Peppino, ho pensato che Scrivere la nostra storia fin dall’inizio della faida aiuti
a lasciare una testimonianza prima che si chiuda Il silenzio addosso su di noi.»
«Maria,
ti prego, vattene, salvati. Ormai sono Un uomo alla deriva, non posso offrirti
un futuro. Un giorno mi perdonerò per averti trascinata nei miei tormenti, ma
ora lasciami solo.»
«Invece
no!» ribadì lei determinata, mentre tirava fuori dalla borsa uno specchio. «Quel
giorno è arrivato, lo sai bene. Guardati qui, è Lo specchio macchiato dal tempo,
ti vedi? Ecco, ora ci sono anch’io tra le macchie, rimarrò al tuo fianco
qualsiasi cosa accada.»
«Nessuno
è innocente. Nemmeno tu. Ti amo, Maria.»
Il bacio dal sapore di fragole
restituì nuovo vigore a Maria.
«Ora,
forza, ricostruiamo la storia. Tutto cominciò quella maledetta Estate ’36,
quando fu assassinata la moglie del medico del paese. Era nota come La
baronessa di Piano Campo e aveva origini siciliane. Tuo nonno la conobbe e ti
raccontò qualcosa. Parlami di lei.»
«Era una poetessa, molto bella, e La casa sulla scogliera diventò presto il ritrovo dei
personaggi più in vista della costa ovest. Mio nonno curava i loro vigneti e
presto scoprì piccoli dispetti che qualcuno faceva ai loro danni. Le rivelò
ogni cosa, come pure al marito. Ma no, è solo Camurrìa, rispondeva lei
indifferente. Era alquanto lunatica e quando L’eco del maestrale soffiava sulla
costa, la nobildonna cambiava d’umore diventando irascibile. Si diceva che
urlasse più forte del mare. Lei stessa diceva: «Quando sono serena metto le mani
Dentro l’amore e scrivo Poesie fatte in casa, così, come si fa il pane.»
«È
proprio vero che Quando piccole storie si vestono di poesia scatenano l’invidia
della gente.»
«Eh,
Maria, quanto dolore quando la trovarono ammazzata. Mio nonno mi raccontò che
venne un commissario per le indagini, addirittura dall’America. Fu
soprannominato Monroe. Il predatore di demoni per il suo carattere burbero e
prepotente; per lui, assassino era sinonimo di diavolo, senza indulto. Chiedeva
spesso Una calda tazza di caffè americano come fosse benzina per i suoi
ragionamenti, The letters, li chiamava, perché annotava ogni cosa su vari fogli. La
svolta a quell’omicidio non arrivò mai e, dopo una settimana, trovarono un
cugino del marito assassinato nell’orto della casa dei nobili. Delitti
nell’orto, erano i titoli dei giornali.»
«Nell’arco
di quell’estate ci furono altri cinque omicidi. Chiunque faceva ipotesi, per il
commissario fu La giostra delle possibilità, una vera e propria corsa Sulle tracce di
lucifero.»
«Non
si seppe mai chi fu l’autore materiale. La verità è una rotta tracciata a
matita, basta un niente a cancellarne il segno. Per quelle Anime antiche non ci
sarà mai pace finché anche l’ultimo assassino non sarà fermato. Maria, sono
rimasto solo io.»
Peppino
guardò Maria, piangevano entrambi. Sopra di loro un elicottero annunciava l’imminente
epilogo.
«Maria,
è ora di finire questo scempio. Sono l’ultimo latitante del territorio, e come L’erba
sogna il cielo, anch’io sogno la pace, che può arrivare solo con la mia fine.»
«Oh,
Peppino, Il mare intorno all’isola non ci ha permesso di scappare lontano,
costringendoci a rimanere intrappolati in queste grotte che sembrano I tunnel
di Oxilla. Se Chiudo gli occhi rivedo il nostro primo incontro. Conoscevo la tua
fama, ma quando ti vidi Di profilo mi venne Un soffio sul cuore e capii di
essermi innamorata. Dimmi qual è, amore mio, Il granello di sabbia
nell’ingranaggio che ha fermato le nostre Vite. Dimmi perché siamo condannati a
ricordare atroci episodi, tanti e tutti, Dalla A alla Zeta.»
«Maria,
adesso sei tu che devi ragionare» le prese il viso tra le mani ruvide. «In
questi pochi anni insieme abbiamo ballato Sotto la luna che ride, ci siamo
amati con La lieve carezza del tramonto ricomponendo le nostre Aritmie
spirituali, mandando al diavolo L’altra vita fatta di convenzioni. Come vedi, L’amore
è fatto di niente.»
Il
sole delle cinque, prossimo al tramonto, sentenziò l’ultima luce. Voci e
latrati di cani erano ormai vicini.
«Maria,
si è fatto tardi. Scappa, segui la strada provinciale fino alla fine; Là dove
finisce il fiume troverai qualcuno che ti aiuterà. Poi, Dipende da dove vuoi
andare, sarai libera e ti rifarai una vita.»
«Uscite
con le mani in alto, siete circondati!»
Maria
aiutò Peppino a sollevarsi, abbracciandosi forte impugnarono insieme il fucile.
Si baciarono, chiedendo perdono a Dio e a se stessi.
«Ti
amo, Peppino mio, mangiamo insieme questa Mandorla amara.»
Spararono
insieme.
***
DIALOGO ALLO SPRITZ
Adelia Rossi
«Ehi, tu!»
«Ce l’hai con me?»
«Perché, oltre a te e Il mare
intorno all’isola vedi qualcun altro?»
«Mare? Sant’Iddio, sei proprio fuori.
Guarda, la vedi quella baracca, Là dove finisce il fiume? Lì abito io.»
«Ahahahaha… Fiume! Sei tu un
fiume in piena, di alcol. Quella è La casa sulla scogliera, ed è la mia.»
«Stai dando dell’ubriaco a me?
Guardati, sei Come biglia in equilibrio precario, se non stai attento,
finisci in buca.»
“Dai, mare o fiume non importa,
vieni che ti offro Una calda tazza di caffè americano. Tengo pure del buon Pane
e fragole e qualche Mandorla amara. Quand’ero meglio, cioè savio, cucinavo
sempre io; mia moglie considerava le mie ricette Poesie fatte in casa. Sai, lei
è una poetessa. Sì, POETESSA scritto in grande! Vive di Luci e ombre.»
«Che cosa vuol dire?»
«Insomma, che come tutti gli
artisti, almeno quando stava con me, alternava il bello al brutto tempo.»
«Ho capito. Non siete più insieme, allora. Oso troppo se ti chiedo perché è finita?»
«Eh… è arrivata L’altra!»
«L’altra? Dai, racconta. Parlami di
lei.»
«Sapessi! Attento, mi dicevo. L’amore è fatto di niente
e questa donna per te è troppa roba! Ma l’ho capito tardi, è stato come avere
tra le mani La giostra delle possibilità. Solo guardandola mi sentivo come Quando
piccole storie si vestono di poesia. A quel punto c’è stata La svolta delle
nostre Vite. Intendo mia e di mia moglie.»
«E lei, tua moglie, come l’ha
presa?»
«Si è buttata a capofitto nella
scrittura. Ha incominciato a Scrivere lettere a tutti. The letters, le chiamava. Sai, lei è chic! Ora pare abbia pubblicato
anche un romanzo dal titolo Madri illuse.»
«Avete figli?»
«Per fortuna no, anche se lei li
desiderava. Uh! Guarda, là, dietro quella collina, Il sole delle cinque sta calando,
sembra proprio La lieve carezza del tramonto e se Chiudo gli occhi, posso
sentire anche L’eco del maestrale; lo facevo da bambino. Dai, prova anche tu, sentirai
quel brivido che va Oltre le emozioni.»
«Tu sei messo proprio male, amico.
Alza lo sguardo, osserva, siamo giusto giusto Sotto la luna che ride.»
«Caspita, hai ragione! Anche se
devo dire che una luna così, tutta intera, non l’avevo mai vista.»
«A quanto pare è finita anche la
nuova avventura, altrimenti non saresti ridotto così o sbaglio?»
«Indovinato! È durata esattamente 47
secondi, giusto il tempo di entrare con la testa Dentro l’amore e poi ho
sentito Il silenzio addosso avvolgermi come una coltre di gelo.»
«Dai, tutto quello che mi hai
descritto sopra è accaduto in così breve tempo? A me non sarebbe bastata una
vita. A ben pensarci sei stato fortunato. Poteva andare peggio. Quando sali su
una giostra e senti odore di poesie, non si sa mai dove si va a finire.»
«Hai ragione ma ora che ti ho detto
tutto di me, Dalla A alla Z, raccontami qualcosa di te; in fondo, ci conosciamo
già da qualche chilometro.»
«Che cosa vuoi che ti narri, come
soleva dire sempre mia madre: La verità è una rotta tracciata a matita. Però,
se la matita è senza punta rischi di finire fuori riga. Caro mio, ormai sono Un
uomo alla deriva. Hai presente Il granello di sabbia nell’ingranaggio? Bene!
Proprio così. Uno che nella perfezione manda tutto in tilt. Una Cammurìa, direbbe il mio vecchio padre se ancora fosse in vita. Sai come mi chiamava? Monroe. Il predatore di demoni. Mi temevano tutti.»
«A quanto pare, Nessuno è
innocente. Nemmeno tu! E com’è che sei finito così, sì, insomma, con la
bottiglia attaccata alla bocca.»
«Il gioco, mio caro, non strabuzzare
gli occhi, proprio lui. Sai quei giochetti stupidi dove, se vinci, ti offrono
l’impossibile? Ho iniziato Sulle tracce di Lucifero, un gatto nero che mi ha
fatto impazzire; in sostanza, se riuscivo a catturarlo prima che finesse dentro I tunnel di Oxilla, mi toccava in premio La locanda di Ester.»
«Una locanda in premio?»
«Sì, ma virtuale. Gli inventori di
questi giochi sono come Lo specchio macchiato dal tempo, ti fanno vedere solo
quello che vogliono e tu ti senti trionfatore del nulla, resti solo con le tue Aritmie spirituali, perché è proprio un Dio che invochi mentre il tuo cuore va
a mille l’ora.»
«Insomma, non sei messo bene nemmeno
tu a quanto sento. Sei sposato?»
«Sì, con La baronessa di Piano Campo. Una convinta di essere posseduta da Anime antiche.»
«Non dice niente vedendoti così?»
«Vedermi? Ahahahahah, amico, lei vive
continuamente trasognata; sai, come quando uno si fa di Maria Giovanna, la
chiamano così no? Quando la vedo in quello stato, penso: ecco, L’erba sogna il
cielo. Forse Un giorno mi perdonerò per
non aver mantenuto la promessa fatta.»
«A chi, a tua moglie?»
«Nooo, a me stesso. Lavoravo in
questura, amico mio, ero sempre chiamato a risolvere le situazioni più
disastrose tipo i Delitti nell’orto, le prime indagini della sciura Marpol.”
«Caspita! Ne ho sentito parlare.
Allora sei tu quello uscito in un’immagine, Di profilo, nella più importante
rivista, mi pare si chiamasse Estate '36, anche se non ho mai capito cosa c'entrasse
quel titolo.»
«Sì, hai indovinato. Quel nome deriva
dal fatto che la prima stampa avvenne proprio l’estate di quell’anno in nome di
un certo Benito.»
«Caspita! Un personaggio di grosso
calibro.»
«Calibro? Se intendi la stazza sì; altro, ho i miei dubbi. Ah! Eccoci arrivati. Ma... non trovo la chiave.»
«Aspetta, forse l’ho io.»
«Tu? Ma questa è casa mia.»
«No, la tua l’abbiamo lasciata sul
fiume. Ti ricordi la zattera? O hai dimenticato anche dove vivi.»
«Io vivo qui, al mare.»
«Sai che facciamo? Lascia stare
tutto. Caffè americano, pane e fragole, mandorle amare, poesie fatte in casa, tua
moglie. L'altra ecc… ecc… Se mi accompagni mi fai un favore.»
«Dipende dove vuoi andare.»
«Voglio fare un giretto in quel
nuovo locale aperto da poco, Il canto dell’allodola.»
«Ho capito! Vengo anch’io. Vediamo
se rimediamo un’altra chiave ma questa volta che sia quella giusta.»
***
IL SOGNO
Silvana Da Roit
Se L’erba sogna il cielo, cosa potranno sognare Anime antiche come noi?
In 47 secondi, ripercorro gli ultimi istanti del mio sogno, prima che Il
canto dell’allodola lo interrompesse.
Siamo nei leggendari sotterranei, I tunnel di Oxilla, indecisi se
continuare Sulle tracce di Lucifero o proseguire scegliendo La svolta a destra.
«E adesso, che facciamo?»
«Dipende da dove vuoi andare» rispondi.
Nella realtà non sarebbe mai successo, ma lì, nel sogno, tra Luci e ombre,
ci separiamo e scegliamo strade diverse.
«Ci troviamo fuori, tra circa venti minuti. Conosci La locanda di Ester?»
«Sì, è La casa sulla scogliera.»
Di profilo sembri Monroe, il predatore di demoni. Un eroe, il mio eroe.
L’ho sempre saputo, anche se quando ti ho incontrato eri Un uomo alla deriva. E
io, cos’ero, io? Semplicemente L’altra. Non ti avessi mai incontrato sarei appartenuta per
sempre a questa categoria o tutt’al più a quella di Madri illuse, madri convinte
che le Vite dei figli siano solo La giostra delle possibilità, quelle mancate a
loro.
Proseguo Come biglia in equilibrio precario: il terreno dissestato è una
vera e propria Camurrìa. Per fortuna, sento già L’eco del maestrale. Tra poco
sarò fuori, sotto Il sole delle cinque.
Cerca di non mancarmi troppo, lo dici ogni volta che ci separiamo anche
per poco; saranno anche parole semplici, Poesie fatte in casa, ma mi provocano
forti Aritmie spirituali; Un soffio sul cuore, caldo, potente.
Intravedo l’uscita, ci ho messo davvero poco; chissà se sei arrivato, se
mi aspetti piluccando Pane e fragole. Emergo dall’ultimo tratto, pronta a
respirare Il mare intorno all’isola. Chiudo gli occhi per assaporare questo
momento e quando li riapro, mi trovo Là dove finisce il fiume.
Qualcosa non quadra, come Il granello di sabbia nell’ingranaggio, ho
sbagliato uscita; certo Poteva andare peggio, potevo perdermi nei meandri o
chissà cos’altro ancora.
Mi dirigo verso il luogo dell’appuntamento, camminando e camminando,
intanto La lieve carezza del tramonto mi fa rabbrividire. Ho voglia di una
bevanda, Una calda tazza di caffè americano.
Non ci sei ancora, ti aspetto qui, alla locanda, masticando una Mandorla
amara dietro l’altra. In televisione stanno trasmettendo una serie, I delitti
dell’orto. Mi piace la protagonista, incalza con sagacia un sospettato: «Parlami
di lei, raccontami tutto Dalla A alla Z. Cosa successe quell’estate, L’Estate '36?»
I miei occhi sono attratti da Lo specchio macchiato dal tempo, mi vedo
deformata nei panni di una nobile, forse La baronessa di Campo Piano, intenta a
Scrivere lettere, The Letters, come diresti tu. Sarà un segno, anche io dovrei
scriverti, spiegarti che non sono limpida come mi vedi, confessarti che La
verità è una rotta tracciata a matita e che, alla fine, Nessuno è innocente. Nemmeno tu.
Lo farò solo se Un giorno mi perdonerò.
Mi apparto nel cortile, non sei ancora qui. Il pensiero che ti sia
successo qualcosa è insopportabile, rovescia il cielo, mi sommerge. Ho Il
silenzio addosso.
È solo un sogno, mi dico, allora perché questo affanno?
«Hai avuto un incubo?»
Intanto volti il mio cuscino per darmi refrigerio.
«Sì, ma corto, cortissimo.»
Ti sorrido.
Preferisco non raccontarti, ambedue sappiamo che si giunge Dentro l’amore,
Oltre le emozioni, proprio Quando piccole storie si vestono di poesia. Respiriamo piano, Sotto la luna che ride; è tutto qua: L’amore è fatto di
niente.
***
IL RIMORSO DEL TEMPO PASSATO
Federica Madeddu
Era passato tanto tempo dall’ultima volta in cui le loro anime si erano
sfiorate.
La vita le aveva messe alla prova poco più che ragazze. Dopo l’Estate '36 non si erano più viste, e la guerra le aveva portate a chilometri di
distanza. Una breve telefonata di soli 47 secondi, dopo che le bombe si abbatterono
in tutta l’Europa, rasserenò le due amiche sull’incolumità delle loro Vite ma
le strade per un motivo o per l’altro si separarono.
Dopo quasi quarantacinque
anni, Anna e Rebecca si diedero appuntamento, come erano solite, sotto Il sole
delle cinque.
La casa sulla scogliera era rimasta la stessa. La padrona di casa tornava
ad abitarci nel periodo autunnale, quando il sole non pizzicava più sulla pelle
e poteva passeggiare a piedi nudi Sotto la luna che ride. Amava contemplare Il
mare intorno all’isola dalla sua terrazza e lasciare che i pensieri e ricordi incontrassero L’eco del maestrale. I suoi capelli erano argento e la saggezza che cresce con
l’età le aveva insegnato che la vita, così come La verità è una rotta tracciata
a matita e che, per quando ci si possa sforzare, nelle Aritmie spirituali non
sempre il risultato è soddisfacente.
Amava ripensare ai tempi che furono.
Il canto dell’allodola aveva fatto da colonna sonora ai loro incontri, Là
dove finisce il fiume, in quel luogo iniziava La giostra delle possibilità che
la giovinezza forniva a loro. Le Madri illuse di una tenera amicizia non
conoscevano le Luci e ombre che attanagliavano i pensieri impuri delle figlie, sarebbe
stata una Camurrìa da eliminare. Si sa, L’amore è fatto di niente, è Un soffio
sul cuore e le ragazze non avrebbero mai permesso a nessuno di entrare Dentro
l’amore che racchiudeva le loro anime.
Lo scricchiolio dei sassi sotto gli pneumatici della berlina che risaliva
il vialetto interruppe i ricordi di Anna. Un autista aprì lo sportello dalla
quale scese una signora distinta. Anna riusciva a scorgere in lontananza la
figura Di profilo, era davvero lei.
Le andò incontro sistemandosi i capelli e la giacca sulle spalle come
avrebbe fatto a un primo appuntamento. Restò ferma a osservare il portamento
dell’amica. Sembrava La baronessa di Piano Campo, la nobildonna protagonista
dei loro giochi infantili.
Per Rebecca, ogni passo era accompagnato da un brivido, ma bisognava
andare Oltre le emozioni. Il momento tanto atteso era ormai giunto, l’aveva
trovata.
Le due donne si unirono in un abbraccio che sciolse ogni tensione, e solo La lieve carezza del tramonto poteva enfatizzare l’incontro tanto atteso per
più di quarant’anni.
«Anna, my friend, non piangere» disse Rebecca accarezzando la guancia
avvizzita dell’amica con un italiano stentato.
«Lo sai, tra noi due sono sempre stata io quella emotiva. Guardati, hai
il portamento della Monroe, io sembro una Mandorla amara, scura e rugosa.»
«Perdona mio italiano, ma ti conosco dalla punta delle orecchie ai piedi
e so che sei una donna perfetta, Dalla A alla Zeta. Fammi entrare, non vorrai congelare
una star del cinema.»
Anna aveva acceso il camino del salone e una volta fatta accomodare
l’amica si apprestò a servirle Una calda tazza di caffe americano: Rebecca
aveva sempre odiato l’espresso, una bevanda che si prestava poco alla compagnia
e alle chiacchiere.
«Rebecca, non riesco a credere ai miei occhi e alle mie mani: sei qua con
me. Qualche settimana fa eri in tv nell’ultima fiction: I tunnel di Oxilla. Ho
sempre saputo che nel tuo futuro ci sarebbe stato qualcosa di grande ma non immaginavo
un golden glob.»
«Anna, no fiction, is serie tv…Hai la tv satellitare?»
«Ma quale satellitare, già molto che ho il telefonino moderno, hanno
tanto insistito i ragazzi per farmi le videochiamate, ma sai come la penso,
tutte diavolerie che mi portano Sulle tracce di Lucifero.»
«Ma come passi il tempo?»
«Adoro leggere, Scrivere, e il fine settimana aiuto in paese come cuoca a La locanda di Ester. La domenica leggo prima del dolce le mie Poesie fatte in
casa e gli avventori hanno sempre apprezzato: adorano Quando piccole storie si
vestono di poesia.»
«Oh, ricordo la tua cucina, my friend… A fine estate rubavamo la frutta nei
terreni della chiesa e ci ritrovavamo mezzo nude, giù al fiume a mangiare Pane
e fragole, remember?»
«E quando fantasticavamo sui Delitti dell’orto che avrebbe
compiuto il guardiano del cimitero? Tutte sciocchezze da ragazzine.»
«Io ricordo The letters, scusami, le lettere che mi scrivevi. Un giorno
mi perdonerò di non averti mai risposto…» Rebecca continuò a fissare l’amica
mentre beveva un sorso di caffè, sapeva che non sarebbe stata una discussione
semplice.
«Già, ho aspettato al lungo, come L’erba sogna il cielo.»
E fu ancora protagonista Il silenzio addosso a quelle due Anime antiche che
permise di fissarsi negli occhi, riportandole alla loro adolescenza quando, lo
scavarsi dentro e viaggiare l’una negli occhi dell’altra era il preambolo dei
baci umidi e appassionati.
Anna fu la prima stavolta a interrompere l’incantesimo.
«Parlami di lei.»
«Non facciamoci del male, Anna, Nessuno è innocente, nemmeno tu.»
«Oh su, io ho salvato Un uomo alla deriva, conosci bene la mentalità di
una piccola realtà, mi sono conformata, ma lei per te è stata La svolta.»
«Non fare l’italiana gelosa, erano anni difficili per tutti, con lo
scoppio della guerra, mio padre al fronte, io mi sono sentita Come biglia in
equilibrio precario, Meredith mi ha preso per mano e portata in un mondo nuovo,
l’America.»
«Ti sei venduta, Rebecca.»
Ad Anna si strozzarono le parole in bocca ma furono sufficienti a
scalfire il cuore dell’amica.
«Hai ragione, sono scesa a patti, ma avevo capito che nella vita tutto Dipende
da dove vuoi andare. Io sarei stata sempre L’altra, la diversa. Ho sudato e
nessuno mi ha regalato niente. So che non capisci ma volevo uno lifestyle
migliore di una semplice vita di paese.»
Anna accusò il colpo ma smorzò con un, beh, Poteva andare peggio.
Rebecca ringraziò la clemenza dell’amica, che continuò: «Ora Chiudo gli
occhi e tu mi racconti come e quando hai deciso questo incontro.»
Rebecca teneva stretta in mano la tazza ancora calda e chiuse gli occhi
anche lei.
«Tempo fa ho trovato Lo specchio macchiato dal tempo, quello che avevamo
rubato a casa di tua nonna, ma a farmi cedere sono state le tue parole: sono
state Il granello di sabbia nell’ingranaggio. Ogni giorno leggevo una lettera
fino a quando ho deciso di assoldare un detective privato per ritrovarti.»
«Bastava cercarmi nell’elenco telefonico!» e Anna proruppe in una
fragorosa risata, onorata per aver disturbato così tanto l’amica, riportando
per qualche secondo entrambe giù al fiume, quando i baci e le risate
sovrastavano i rumori del bosco che le proteggeva.
Anna risplendeva di luce propria quando rideva e Rebecca avrebbe
scambiato qualsiasi cosa in suo possesso per avere più tempo da trascorrere in
compagnia dell’amica. Dentro di sé sapeva bene che forse non ci sarebbe stata
una seconda visita. La malattia era galoppante e il detective l’aveva informata
del rifiuto di ogni terapia.
Una voce continuava a ripetere dentro di sé, perdonami
se sono arrivata solo ora. Cerca di non mancarmi troppo quando non sarai più
con me.
***
LUISA E ALMA
Laura Sala
Due Anime antiche le loro, Madri illuse che amavano Scrivere, e quella fu La svolta alle loro vite.
Luisa e Alma si erano trovate unite da una vita comune.
Il loro passato era come Lo specchio macchiato dal tempo, che rifletteva, Sotto
la luna che ride, Luci e ombre.
L’amore è fatto di niente, come quello che avevano vissuto nell’Estate '36,
quando, in 47 secondi, avevano scoperto la presenza de L’altra, La Baronessa di
Piano Campo.
Si erano trovate così, come Il granello di sabbia nell’ingranaggio.
Non avrebbero mai potuto competere con lei. Era di un altro rango. Ma poi alla fine per chi o per cosa avrebbero
dovuto lottare? In fondo cosa avevano perso?
Si erano date appuntamento a La locanda di Ester, per Una calda tazza di
caffè americano. Era un localino vicino a La casa sulla scogliera, e Il sole delle cinque
gli dava un fascino particolare. Sotto La lieve carezza del tramonto, si
sentiva L’eco del maestrale, e Il mare intorno all’isola era Un soffio sul
cuore.
«Parlami di lei» disse Luisa, e quando Alma cominciò a parlare, a Luisa
sembrò di percorre I tunnel di Oxilla. Le raccontò tutto, Dalla A alla Zeta, e
capì che aveva vissuto con Un uomo alla deriva. Lo credeva pieno d’amore e
invece era Come biglia in equilibro precario.
Di colpo si sentì Il silenzio addosso.
Le aveva tradite entrambe e si accorse che La verità era una rotta
tracciata a matita.
Non Poteva andare peggio di così, La giostra delle possibilità ormai non
offriva più alcuna alternativa.
Dentro di sé pensava: Un giorno mi perdonerò.
Non vi era dubbio che anche lei avesse le sue colpe, Nessuno è innocente
di fronte a certe situazioni.
Si era guardata dentro, mettendosi Di profilo, ma lui di certo si era
comportato in modo scorretto. Bugie, sotterfugi, promesse mai avverate. E quando,
nonostante l’evidenza, lui continuò a negare, lei capì di colpo che aveva avuto
a che fare con un narcisista e un egoista.
Luisa tolse dalla borsa un pacchetto di fogli sgualciti dal tempo.
«Guarda Alma» disse. «Queste sono The letters. Tutto ciò che lui mi scriveva e
ora queste parole hanno il sapore di una Mandorla amara.»
Quello di Luisa era ormai Il canto dell’allodola e l’unica sua fortuna
era stata incontrare Alma. Entrambi ferite ma entrambe unite nello stesso
dolore, come Quando piccole storie si vestono di poesia, Là dove finisce il
fiume.
Poteva andare peggio. La rabbia che Luisa aveva in corpo era la stessa di
Alma.
Sarebbero potute andare assieme Sulle tracce di Lucifero (così ormai
avevano definito quell’uomo), volevano ammazzarlo, ma sarebbe stato dei classici: Delitti nell’orto.
Loro, due Aritmie spirituali, preferirono andare Oltre le emozioni. Come quando L’erba sogna il cielo. In tutte le cose, Dipende da dove vuoi
andare. Decisero così di scrivere Poesie fatte in casa e la fortuna le baciò
quando le parole di Alma racchiuse in “Monroe”, e quelle di Luisa scritte in “Pane
e Fragole”, vinsero il primo e il secondo posto di Dentro l’amore, un premio
letterario indetto da una piccola casa editrice.
A volte si può rinascere anche dal dolore.
***COLPO DI FULMINE
Pinuccia Sassone
Nel tardo pomeriggio della vigilia di Natale, mi recai nel suggestivo
Rione Terravecchia per assistere al
Concerto Stella Cometa, davanti al sagrato della Chiesa Madre. L’atmosfera era fatata. Il brindisi di auguri, organizzato presso La
locanda di Ester concluse la splendida serata, nell’incantato scenario tra Luci
e ombre.
Ci conoscemmo quel giorno.
Il sole delle cinque, La lieve carezza del tramonto, la musica, tutti
complici del nostro primo incontro. Ci presentò Filly, un’amica comune. Fu come
Un soffio sul cuore, un remoto desiderio si stava avverando. Incontro magico, Sotto la luna che ride proprio
come Quando piccole storie si vestono di poesia.
L’avevo subito notato Di profilo, sembrava Monroe, il predatore di demoni,
dal fascino conturbante, al punto tale che
dopo 47 secondi ero già Oltre le emozioni.
Era un poeta, un po’ sui generis, autore di belle Poesie fatte in casa. Le definiva così perché raccontava le verità della vita con parole semplici. Il silenzio addosso mi inondò mente e corpo, paralizzando ogni mio
pensiero. Che strana sensazione, quasi irreale. Un incontro fuori da ogni razionalità. Sentivo
di essere posseduta da incredibili Aritmie spirituali.
Anche lui mi osservava. Era imbarazzante
guardarlo. Chiudo gli occhi fingendo di allontanare un fastidioso moscerino. Li
riapro ed era già a pochi passi da me, gli occhi fissi nelle mie pupille arrivavano
dritti al cuore come Il granello di
sabbia dell’ingranaggio. Mi sentivo Come biglia in equilibrio precario. Si avvicinò mentre facevo finta di Scrivere appunti sul taccuino, simulando il massimo
della spontaneità.
«Ciao, sono Thomas, ho la strana impressione di averti già incontrata,
di dove sei?»
La domanda mi colse
di sorpresa, avevo avuto la stessa sensazione. Mi inibii un poco, la timidezza
a volte mi faceva brutti scherzi, ma Poteva andare peggio, considerato che diventai solo rossa in viso.
«Sono Enrica, La baronessa di Piano Campo. Abito a pochi
chilometri da qui, non molto lontano dai luoghi diventati famosi grazie ai Delitti nell’orto, le prime indagini della Sciura
Marpol.»
«Ne ho sentito parlare, sembrerebbe ci sia qualcosa di vero. Attenta,
Nessuno è innocente, nemmeno tu» mi disse strizzandomi l’occhio.
«Mah, può darsi, se così dovesse
essere, Un giorno mi perdonerò» risposi con altrettanta ironia.
«Ti andrebbe di bere con me Una calda tazza di caffè americano? Qui lo fanno buonissimo. Lo servono accompagnato
da un dolce delicato e speciale, fatto solo con Pane e fragole che lascia un accattivante retrogusto di Mandorla
amara. Tutto merito di un ingrediente segreto che non vogliono svelare. Allora,
accetti il mio invito?»
Io, Dalla a alla zeta, senza pensarci due volte: «Ok, molto volentieri, mi hai incuriosita.»
In effetti quel dessert era straordinario.
Si fece tardi. Una forte stretta di mano fu più loquace di mille parole.
Lo risentii dopo tre giorni, desiderava visitare I tunnel di Oxilla per
conoscere più da vicino i misteri di quei luoghi, sconosciuti a molti, me
compresa. L’escursione fu molto interessante. Così ebbe inizio la nostra quotidiana
frequentazione. Ogni giorno un luogo diverso. Senza dirci nulla, entrambi eravamo consapevoli
di essere letteralmente immersi Dentro l’amore. Le emozioni crescevano, uniche, intense. Due Vite, forse due Anime
antiche che avevano aspettato di ritrovarsi.
«Domani ti andrebbe di venire con me?»
«Dipende da dove vuoi andare.»
«Vorrei portarti in un posto magico, Là dove finisce il fiume,
dove Il canto dell’allodola e L’eco del maestrale si fondono insieme diventando un turbinio di
emozioni. Voglio emozionarmi con te. Che ne dici?»
Era il mio stesso desiderio. I nostri pensieri viaggiavano all’unisono, tutto
accadeva al di là delle intenzioni.
Dopo tre settimane mi disse che doveva partire, lo aspettavano per
completare le ricerche Sulle tracce di Lucifero. Non capivo cosa intendesse dire, e chi era costui? Si era perso qualcuno?
Mi raccontò di un gatto smarrito. Non entrò nei particolari, capii che si
trattava di una storia delicata.
«Devo tornare a casa, non preoccuparti, ritornerò.»
«Sii sincero, ti prego Thomas. Se c’è qualcuno tra me e te, dimmelo,
posso capire.»
«Sì, hai ragione, c’è L’altra, ma ancora per poco, è una di
quelle Madri illuse che pensa di tenermi al guinzaglio solo perché sono il
padre dei suoi figli.»
«Parlami di lei. Tra noi quindi… dimmi la verità, è finita?»
«La verità? La verità è
una rotta tracciata a matita, può sempre cambiare. La svolta, ho bisogno di una
svolta nella mia vita, ormai diventata una Camurrìa. Non sarà un caso se ti ho
incontrata.»
Aveva cambiato espressione, sembrava Un uomo alla deriva. Guardandolo, pensai come La giostra delle possibilità nella vita non si
ferma mai, è una altalena in continuo movimento,
tra alti e bassi , proprio come Il mare intorno all’isola: può inghiottirti in
qualunque momento o farti naufragare.
«Tornerai?» gli chiesi.
«Abbi fiducia, il mio posto è qui. Con te.»
«Ti aspetterò, ma Cerca di non mancarmi troppo.»
Thomas partì ed Enrica non lo sentì più. Puntualmente, ogni settimana riceveva
solo le sue lettere custodite come reliquie in un album, sulla cui copertina
aveva dipinto in rosso The Letters of my love. Le rileggeva ogni giorno,
nutrendosi di quelle parole d’amore e della promessa che non si sarebbero lasciati. Non era mai indicato l’indirizzo del
mittente, ma Enrica gli rispondeva con altrettante lettere anche senza poterle
spedire.
Un giorno, forse… Thomas potrà leggerle. Che strana storia, tra certezze e dubbi
continui. Se pensava di volergli credere, si sentiva come quando L’erba sogna il cielo.
Se la speranza l’abbandonava, si sentiva invece come Lo specchio macchiato dal
tempo, senza più nessuna luce.
Passò un anno, era un giorno di fine luglio, Estate '36, quando, presa
dalla nostalgia, si recò sulla spiaggia per rivedere La casa sulla scogliera,
il loro segreto nido d’amore. Immersa in una profonda malinconia, si sentì all’improvviso chiamare da
una voce lontana. La riconobbe subito , il cuore ebbe un sussulto. Si voltò…Thomas!
Era tornato.
L’emozione si sciolse in un abbraccio interminabile, bagnato da lacrime
di gioia. Impossibile non pensare che L’amore è fatto di niente.
***
THE LETTERS
Giusy Li Vecchi
Ho sempre pensato che le Vite degli
altri fossero più interessanti della mia, tutta colpa delle Poesie fatte in
casa che mia madre mi raccontava ogni benedetta sera prima di addormentarmi.
Quando piccole storie si vestono di
poesia la tua mente si apre e il tuo cuore si arricchisce, era solita
ripetermi.
Le inventava lei e parlavano sempre
di donne meravigliose come la Monroe, bionde da capogiro e corteggiate da
tutti, in fondo mi raccontava la sua storia.
Anche mia madre era bionda e aveva
fatto l’attrice; io ero l’esatto contrario, bruttina, un casco di capelli neri
e nessun talento. La odiavo un po’ per questo, non
aveva saputo farmi bella come lei, ero la Mandorla amara del suo cestino.
Quando compii vent’anni lei se ne andò,
era giunta La svolta che tanto aveva sognato. Una compagnia di saltimbanchi dal
nome insolito, “Sotto la luna che ride” aveva fatto tappa nella nostra città e
lei si era unita a loro senza pensarci troppo. Mi aveva lasciata salutandomi con
un biglietto appoggiato sulla tavola della cucina, che recitava così: Perdonami se puoi, la vita è come La giostra delle possibilità e io voglio saltarci sopra, girare il mondo e vivere. Ti ho amata immensamente come fossi mia, ma la verità è un’altra. Eri nata solo da qualche ora e tuo
padre aveva bussato alla mia porta, disperato, Un uomo alla deriva, distrutto
dal dolore, che aveva avuto la sfortuna di innamorarsi di una nobildonna, La
baronessa di Piano Campo. Dal loro amore eri nata tu, ma i
genitori della baronessa non avrebbero mai dato la loro benedizione a quella
unione, io ero stata la soluzione più comoda, nessuno avrebbe badato a me, ero
una poco di buono alla quale non avrebbero fatto domande, e così diventasti mia
figlia. Un soffio sul cuore, delicata come Pane
e fragole. Dentro l’amore per te mi ci sono
tuffata a capofitto, eri la mia possibilità di redenzione, stavo facendo la
cosa giusta. I tuoi genitori si sono sempre
occupati di noi, non ci hanno fatto mai mancare nulla, ora io ti chiedo di
perdonarli e di perdonare me, anche se quello che non so è se io Un giorno mi
perdonerò, ma ricordati anche che, se Nessuno è innocente, a modo nostro ti
abbiamo molto amata. Troverai da sola i tasselli
mancanti della tua verità.
Mi ero lasciata cadere sulla sedia, Il silenzio addosso, gelido e tagliente, era l’unica cosa che sentivo. Adesso chiudo gli occhi e
muoio, me lo ero ripetuta come un mantra mille e mille volte. Chi sono? Da dove vengo? 47 secondi, quello era il tempo che
ci avevo messo a leggere il biglietto, quello il tempo che ci aveva messo la
mia vita ad andare in pezzi. Chi erano i miei genitori?
Lo specchio macchiato dal tempo
faticava da giorni a riflettere la mia immagine, non mi riconoscevo più, c’era
solo un posto che mi avrebbe fatto sentire meglio, era La casa sulla scogliera, proprio Là dove finisce il fiume che bagna la nostra città.
Il sole delle cinque era ancora
caldo nonostante fosse già ottobre e il mio rifugio era il posto perfetto per pensare, Il mare intorno all’isola era stranamente calmo e il mio cuore aveva ripreso il
suo normale ritmo. Non ero l’unica in cerca di
tranquillità, in cima ci avevo trovato un giovane intento a pescare, mi ero
seduta a fianco senza dire una parola, lui si era limitato a guardarmi e a
sorridere, io avevo fatto lo stesso.
Avevo portato con me carta e penna
decisa a Scrivere il dolore che avevo dentro, per descrivere il buio nel quale ero
piombata, come I tunnel di Oxilla dei quali la mamma bionda, originaria
dell’alto Piemonte, mi raccontava.
Proprio quando L’eco del maestrale aveva
iniziato a farsi pungente, il ragazzo aveva iniziato a parlare d’amore, di
dolore, di Madri illuse.
Non capivo.
«Sono Gustavo» mi disse. «Conosco la tua storia.»
«Come fai a conoscere la mia
storia?»
«Tu sei Clara, la figlia di
Rosaria, la baronessa.»
Quell’affermazione per poco non mi
fece cadere dalla scogliera. «Ma tu che ne sai?»
«Sono tuo fratello, o meglio,
fratellastro.»
È così che iniziò a togliere Il
granello di sabbia nell’ingranaggio dando un senso a ciò che era successo.
Gustavo era più giovane di me di
due anni, nato da Rosaria e Carmelo, l’uomo che i miei nonni avevano ritenuto
più idoneo per la loro nobile figlia; era venuto a conoscenza della verità
nelle ultime ore di vita di Rosaria, che gli aveva fatto promettere di occuparsi
di me, nonostante fosse più piccolo.
Gli aveva anche lasciato diverse
lettere nelle quali raccontava dettagli di quella vita iniziata in Estate ’36.
Ecco perché l’altra madre bionda
aveva trovato il coraggio di andarsene, Gustavo l’aveva rassicurata, io sarei
stata in buone mani e lei avrebbe potuto sentirsi come quando l’erba sogna il
cielo, libera e bella come Il canto dell’allodola al sorgere del sole, bionda
come una diva d’altri tempi.
Il mio fratellastro allungò la mano
e strinse la mia, non avevo il coraggio di guardarlo negli occhi, i miei erano
gonfi di lacrime.
Con la voce rotta dal pianto gli
dissi: «Parlami di lei, parlami della mamma.»
Gustavo lo faceva guardando il
mare, me la descriveva con dovizia di particolari e mentre lo guardavo Di
profilo mi chiedevo se mi somigliasse.
Sotto La lieve carezza del tramonto
quel ragazzo svelava le mie radici. Solo le parole necessarie, come
fossimo Aritmie spirituali alle quali bastava poco per capirsi. Mi aveva messa su un’altalena,
aveva iniziato a spingermi Oltre le emozioni, in alto fino al cielo e poi in
basso fin Sulle tracce di Lucifero, Luci e ombre che si intrecciavano in
continuazione, risate e lacrime che mi stavano ricucendo il cuore.
«La verità è una rotta tracciata
a matita» mi disse «potremo continuare insieme.»
Non ero sola, non è vero che L’amore
è fatto di niente, l’amore è fatto di mamme bionde incapaci di restare, di Anime
antiche che sanno raccogliere un cuore in frantumi e accomodarlo utilizzando
polvere d’oro. Eravamo Come biglia in equilibrio
precario, ma ci eravamo ritrovati e questo mi faceva stare meglio. Avevamo ancora tanto da dirci.
«Verresti con me?» mi disse alzandosi in piedi.
«Dipende da dove vuoi andare» risposi.
«La locanda di Ester» è un luogo
magico, ci beviamo Una calda tazza di caffè americano.»
«Sì, ma voglio sapere tutto Dalla
A alla Z» gli dissi.
«Non fare la Camurrìa» mi rispose ridendo.
La locanda era deserta e la
cameriera ne approfittava per guardarsi una telenovela argentina dal titolo "I Delitti
nell’orto".
«Poteva andare peggio» disse
ridendo Gustavo. «Avrebbe potuto piovere.»
A quella citazione non seppi
resistere, lo abbracciai con slancio e scoppiai in una risata liberatoria. Da
lì a poco avrei dovuto salutarlo, mi appesi al suo braccio e tra me e me pensai: Cerca di non mancarmi troppo, fratellone.
***
E adesso aspettiamo i prossimi coraggiosi che proveranno a cimentarsi in questo gioco letterario!