Volevo solo avere più tempo

Volevo solo avere più tempo
Il nuovo romanzo di Stefania Convalle

giovedì 30 aprile 2020

Numero 327 - Per la Rubrica "Parlo di me": Luigi Besana - 30 Aprile 2020


Nella foto: Luigi Besana

Parlo di me, nell’intrico della mia immagine

Ho imparato ad amare leggendo, soprattutto i poeti. 
Da giovanissimo ho cominciato a confessarmi con me stesso e a lamentarmi dei miei dolori precoci, insomma a comunicare al piccolo mondo circostante le mie emozioni dolci e amare. In seguito ho attirato qualche attenzione in diversi premi letterari e questo mi ha spinto a uscire dalla mia cameretta – porto, dove alla finestra fingevo di vedere l’infinito, per confrontarmi corpo a corpo con ciò che la realtà riserva nella la sua bellezza e nella sua crudezza. Mettere il mio io al servizio di una potenza più grande, rischiando più volte la caduta, la mediocrità, il fallimento, perché la scrittura non conosce altri modi, altre forme, è questo il confine fra l’amore e la parola. 
Le mie composizioni sono veramente emozioni, spesso visioni che assalgono durante il corso dei giorni. 
Ho compiuto studi tecnici, per anni sono stato orologiaio, confondendo la risonanza delle ore con la cadenza delle sillabe. (Quel tempo è ricordato in una poesia “L’orologiaio”). A tutto ciò che in letteratura si classifica con il termine cultura classica mi sono avvicinato umilmente da solo. Sono quello che si definisce un autodidatta e i miei versi, pur cercando le migliori assonanze, sono spontanei e liberi. A volte soffro la mia origine impura, magari anche bastarda, impazzendo nel cercare le parole che si nascondono durante i vagabondaggi folli della mente a ogni ora del giorno e della notte. Trovatore contaminato dall’impasto della carne, fiore in bilico sulla parete del cielo con la luna che diventa un volto di donna. Si sa, i poeti si bruciano gli occhi e il cuore in questa passione cucita addosso, ma ribelli e indifesi come bambini la loro pazzia è in definitiva una forma d’amore. 
In questo mondo reale in perenne divenire, grazie alla soavità di Stefania Convalle, ho potuto fissare parte della mia anima sui supporti labili delle pagine de “L’erba sogna il cielo” la mia silloge terrena che guarda al firmamento con tutte le sue tensioni nude e impure, fin quando durerà la memoria.

Luigi Besana


§§§

E ora la parola all'editrice 

Ho conosciuto Luigi Besana in occasione di presentazioni delle mie opere presso il 
Circolo Culturale Dialogo di Olgiate Comasco
(luogo che amo per il calore delle persone che lo animano).

Un giorno si è timidamente proposto per farmi leggere una sua silloge, che poi è stata pubblicata da Edizioni Convalle, "L'erba sogna il cielo".
Devo dire che è stato amore a prima vista con le sue poesie che mi hanno conquistata fin da subito.
Ho persino chiesto il permesso a Luigi di concederci ( a me e Riccardo Simoncini) di pubblicare alcuni versi, come citazione, nella nostra opera 
"Cerca di non mancarmi troppo"

Sulla soglia
ti guardo andare via
senza morire.

Ho avuto modo, poi, di conoscere meglio Luigi che ritengo un vero artista, un Poeta e un uomo tutto da scoprire, che ti sorprende a ogni verso, a ogni chiacchierata.
Cela la sua ironia dentro ai suoi occhi azzurri di una dolcezza infinita, ma quando emerge evidenzia la sua grande intelligenza.

Sono davvero contenta di avere Luigi Besana tra gli autori della mia casa editrice e spero che il nostro sodalizio letterario sia... per sempre...


Alla prossima
dalla vostra
Stefania Convalle









lunedì 27 aprile 2020

Numero 326 - La parola alla lettrice: Nicoletta Madarandoni - 27 Aprile 2020

Nella foto: da sn, Nicoletta Madarandoni, Stefania Convalle, Daniela Nicoletti

Come ho conosciuto Stefania Convalle 
e Edizioni Convalle


Quando nel luglio del 2018 il Presidente dell’associazione Kalabrian H2O, Gianluca Bellacoscia, mi propose di presentare  “Il silenzio addosso”, 




io in un primo momento rimasi perplessa, perché non conoscevo neppure di nome l’autrice Stefania Convalle. Risposi che avrei letto il romanzo e, se  mi fosse piaciuto, l’avrei presentato. Lo lessi in pochissimi giorni, perché fui letteralmente catturata  dall’intreccio, dalle tematiche, dai personaggi e dal linguaggio scorrevole , elegante e incisivo.


Incontrai Stefania la sera della presentazione e mi piacquero subito la sua semplicità, la simpatia, il suo essere spontanea, naturale. Trascorremmo una piacevole serata che si concluse in una pizzeria e con una passeggiata sul lungomare di Catanzaro Lido per le foto di rito con gli amici di Kalabrian H2O, con  Daniela Nicoletti e Giuseppe Murru, che ci propose una lezione di tango per la serata successiva, alla quale non partecipai per un malessere improvviso.
La lettura de “ Il silenzio addosso” mi aveva così incuriosito che decisi di leggere gli altri romanzi di Stefania, cominciando da “Una calda tazza di caffè  americano”,




proseguendo con “ Cerca di non mancarmi troppo”, 

scritto in collaborazione con Riccardo Simoncini.
E concludendo con “ Anime antiche”.

Attendo con ansia il prossimo perché adoro le tematiche affrontate, la descrizione dei personaggi e lo stile utilizzato che non cade mai nel volgare.
In particolare apprezzo molto la maniera in cui Stefania tratta la tematica dell’amore visto da diversi punti di osservazione e sotto diverse sfaccettature, un sentimento complesso, che va oltre il tempo e lo spazio. 
Altra tematica interessante è la presenza, in tutti romanzi di Stefania, di un elemento soprannaturale, spesso rappresentato da un talismano, un anello, che guida i personaggi nelle loro scelte di vita. La loro vita non è mai lineare; si trovano ad affrontare numerosi ostacoli, ma sanno sempre reagire, rimboccarsi le maniche, ricominciare, animati da una incrollabile speranza.

Ho continuato a seguirla e la seguo tuttora nelle sue dirette serali, durante le quali ci intrattiene con argomenti interessanti e ci ragguaglia sulla sua attività di editrice.
Ho letto numerosi romanzi editi da Edizioni Convalle: di Francesco Lisa, “Camurria”

 e “Parlami di lei”. 

Di Veronica Rocca, "Un giorno mi perdonerò”.

Di Silvia La Chiusa, “Madri illuse”.

Di Angela Giovanna Amico, “La verità è una rotta tracciata a matita”.

E molti altri ho in programma di leggerne.

Tutti questi romanzi affrontano tematiche interessanti che mi stanno molto a cuore, e ciascun autore, attraverso uno stile personale, racconta fatti che sono frutto delle proprie esperienze personali strettamente legate all’ambiente in cui vive ed esprime una concezione della vita perfettamente in sintonia con la visione della Editrice. 
Credo stia qui  il segreto del successo di questi romanzi: Stefania pubblica soltanto le opere che la convincono sia dal punto di vista delle tematiche affrontate che dell’espressione sempre precisa e corretta,  adeguata  ai personaggi descritti e all’ambiente in cui si muovono.

                                                                                      Nicoletta Mandaradoni

sabato 25 aprile 2020

Numero 325 - Per la Rubrica "Parlo di me": Emma Barberis - 25 Aprile 2020



Ho 61 anni e sono nata e cresciuta a Genova ma da trent'anni vivo a Cuneo: all'inizio mi sentivo in esilio ma negli ultimi anni ho capito che sono libera di tornare a casa, al mio mare ogni qualvolta la nostalgia è troppo grande per me. 
Mi dedico alla poesia da quarant'anni e la amo con tutta me stessa, nel bene e nel male: nei miei versi c'è spesso molto della mia città natale, dei costumi che ho imparato ad assimilare là fin dall'infanzia e malgrado la malinconia che ogni tanto aleggia tra le righe, penso si riconosca l'amore per la mia terra e per quegli affetti che non ho potuto portare con me.
Sono sposata e ho un figlio di 27 anni, Francesco di cui vado molto fiera perché oltre a essere un bel ragazzo, è anche un grande studioso. Per fortuna non ha preso da me che a scuola non ero un'allieva modello.   
Credo sia un privilegio essere affascinati dalla poesia: è uno strumento straordinario in grado di appagare non solo le nostre inclinazioni ma anche i nostri sogni.
A vent'anni avevo una scrittrice veneziana accanto a me, Bianca Buono: lei è stata una guida preziosa grazie alla quale ho mosso i primi passi nei Concorsi Letterari Nazionali.  
Nel 1983, un inaspettato e graditissimo consenso al  "Premio Letterario Città di Venezia" che mi spronò davvero a mettermi in gioco anche in veste di scrittrice di  "short stories" , scrittura a me decisamente congeniale.  
A seguire, la partecipazione a diversi Premi Letterari quali : "Il Marchesato di Ceva", "Il Premio Letterario Città di Recco", e la nascita di diverse mie raccolte di poesie che hanno accompagnato il mio percorso verso la maturità.
Nel 2006 inizio a pubblicare le mie poesie su un sito letterario, "Il Club dei Poeti", e qui vengo a contatto con una serie di amanti della scrittura, tra i quali Stefania Convalle. Poco tempo dopo usciamo dall'anonimato, e l'affetto e la stima che ci legano reciprocamente ancora oggi  mi confermano che l'amicizia esiste veramente.  
Grazie a lei, che col tempo non solo ha scritto diversi romanzi, ma ha dato vita alle Edizioni Convalle, nasce la mia opera completa: "Di profilo".


Nel 2019 al "XX Premio Letterario Vivien Leigh e Laurence Olivier" questa opera mi regala il prestigioso primo premio come libro edito. 


Ci sono incontri che segnano la vita e quello con la scrittrice Stefania Convalle di sicuro rispecchia una tappa significativa nella mia vita e non solo dal punto di crescita professionale. Con lei, ideatrice di cinque edizioni del Premio Letterario "Dentro l'amore" ho avuto  l'occasione di mettermi in gioco anche come giurata e di questa opportunità le sono molto grata. 


La passione che condividiamo per la poesia ha unito i nostri mondi e alla fine, ecco infinite prospettive e una girandola di nuove amicizie:  una bella magia, completa di tutto, che dà senso alla vita stessa.
Emma Barberis


§§§

E ora la parola all'editrice

Con Emma, è stato un bel viaggio in questi anni.
Gem, così ci chiamiamo tra di noi. 
Gem, quasi gemelle, così uguali, così diverse, ma così vere. 
E questo ha permesso alla nostra amicizia di crescere negli anni, di resistere alle intemperie dell'esistenza, condividendo vite e poesia, quando ci si scambiava versi appena scritti o capitoli di romanzi. 
Condivisione spontanea dell'arte delle parole.
Quanto ci sarebbe da raccontare su di noi, sulle nostre scorribande, sulle risate, sui pianti, sugli abbracci, sull'esserci.
La storia di un'amicizia
nata tanti anni fa.

Quante risate insieme, davanti al nostro mare, 
quello che amiamo tanto, lei perché ci è nata, 
io perché lo sento nel sangue.
 E quanta gioia condividere con lei le mie avventure letterarie, giurata fin dalla prima edizione del premio letterario "Dentro l'amore" e poi autrice di "Edizioni Convalle", la mia creatura, la mia casa dove mi piace stare con le persone importanti della mia vita, perché alla fine... è questo quello che conta.

Ora però la devo convincere a scrivere un'altra opera per Edizioni Convalle. 
Mica può fermarsi alla prima, no?


Alla prossima

dalla vostra
Stefania Convalle



venerdì 24 aprile 2020

Numero 324 - Talenti in erba, Lorenzo Armenio - 24 Aprile 2020


Come dire....
Gli autori Edizioni Convalle li coltiviamo fin da ragazzi.
E Lorenzo Armenio
14 anni, è un talento da tenere d'occhio!
Eccovi il primo racconto della sua carriera letteraria.


IL PREDATORE DI DEMONI
VAN HELSING

1
 QUESTO È  IL MIO LAVORO


Come ogni notte, stavo vagando per la città cercando di attuare il mio lavoro notturno, ma la cosa strana è che non c'era traccia di clienti, almeno fino a che, al centro della città, non vidi un raduno di demoni. Beh, aspettate un attimo, mi presento, sono Jason Monroe, un Van Helsing. Non sono come quelli dei film, nati con abilità straordinarie, sono un uomo normale, solo più determinato e con una piccola abilità che mi aiuta nel mio lavoro: facendo buone azioni,regalando oggetti ad altri, lasciando il posto sull'autobus, aiutando chi è in difficoltà, posso vedere i demoni per come sono. Mi spiego meglio, i demoni si nascondono nel nostro mondo con sembianze umane e solo noi Helsing possiamo trovarli, vederli e ucciderli.
Non uccido lupi mannari o vampiri, quelli non esistono. Io mi occupo di ripulire il mondo da quella spazzatura che sono i demoni e diciamo che li reindirizzo verso l'Inferno.
In ogni caso non lavoro per la chiesa, anche se non sono completamente solo ma di questo ne parleremo dopo.
Tornando agli Helsing, a differenza di quello che tutti pensano, non siamo una famiglia; vedeteci più come persone con una componente genetica in comune, come quelle con gli occhi di due colori diversi. Noi abbiamo una nuova elica nel nostro DNA, una terza elica e nuove proteine scoperte nel 1897 dallo studioso tedesco Abraham Van Helsing, il quale diede il suo nome a questa scoperta chiamandolo “gene H”. Prima che potesse pubblicare la scoperta, anticipando di circa sessant'anni la scoperta del DNA, fu ucciso tragicamente in una notte di tempesta. Nessuno seppe come accadde ma fu ritrovato con profondi tagli sul ventre e bruciature su tutto il corpo. Come avrete già capito, azione dei demoni.
Per poter guadagnare qualcosa, di giorno lavoro come barista e avendo studiato chimica so creare anche certe pozioni che mi aiutano molto nel mio lavoro... Ma ora basta,vorrai continuare a leggere la storia, giusto? 
Beh,vediamo...
Il mio dovere quindi è uccidere qualsiasi tipo di demone, ma forse non sapete che questi esseri, dopo la morte, si sgretolano sotto forma di polvere che, grazie a un componente contenuto nel loro corpo, chiamato dagli Helsing fiamma eterea o solo Eterea, non potendosi spegnere fa sì che il loro corpo si ricomponga dando quindi loro una forma di immortalità. Certamente impiegano dei mesi a riformarsi ma questo crea comunque problemi, considerato il grande numero di demoni esistenti.

Dopo il mio turno al bar, andai a casa a recuperare qualche arma - balestra,pistola,pugnale... - e mi precipitai in strada in cerca di demoni. Il mio potere mi permette di vedere i demoni di notte anche senza fare del bene,ecco perché spesso vado in cerca di clienti dopo il tramonto, per poterli vedere più facilmente; in ogni caso, camminando per strada trovai una vecchia automobile, apparentemente della fine dell'Ottocento, con uno stuolo di demoni che vi si accalcava sopra per distruggerla. Cominciai a toglierne di mezzo qualcuno con la mia fidata pistola, finendo per polverizzare poi tutti i  presenti. Analizzai l'auto in cerca di un qualsiasi oggetto che aveva attirato l'attenzione dei miei amici; dopo qualche minuto trovai sotto un sedile una lunga scatola decorata con motivi oro e argento. Era protetta da un codice. Non sapevo quale fosse la combinazione finché non notai una lettera su di un lato della scatola: una H.
Capii che il proprietario era uno di noi, un Helsing. Il codice aveva quattro cifre. L'unico numero a quattro cifre che mi poteva riportare alla memoria il nome Helsing era 1897, l'anno della scoperta del gene H. Feci quindi scorrere la rotella fino a comporre il numero voluto e sentii un rumore che mi sollevò il morale. Click. La scatola si aprì e con mia grande sorpresa trovai una katana con una sottile lama argentea molto tagliente, con il manico di avorio intarsiato. La lama risplendeva alla luce della luna con una sfumatura verdastra. Già avevo un'idea per renderla ancora più efficace.
Insieme alla spada, nella scatola vidi una tracolla con un fodero, anch'esso decorato con motivi oro che formavano piccoli ghirigori. Indossai subito la tracolla e rinfoderai la mia nuova arma,  soddisfatto del ritrovamento. Tornando verso casa però, vidi una piccola spirale viola su di un muro, con un tremolante contorno bianco, rimpicciolirsi sempre di più finché non scomparì del tutto. Esaminando quel muro non trovai nulla di sospetto, quindi non diedi peso alla cosa e continuai per la mia strada. Un errore che non mi perdonerò mai.
Quel turbinio viola era un portale, aperto da una decina di demoni, per accedere al purgatorio, o almeno la parte demoniaca di esso, dove sono tenuti i prigionieri demoni. Il motivo per il quale  non sono tenuti in paradiso è che i demoni non possono entrarvi. Di primo impatto sembrerebbe il sistema migliore, dato che i tirapiedi non possono andare a recuperare i loro capi, ma il problema sta alla base: anche i capi sono demoni quindi non possono attraversare i cancelli dorati. Qualsiasi demone cerchi di attraversare questi cancelli, aprendo un varco, ha una sensazione di disorientamento, e quando si riprende si accorge di essere tornato al punto di partenza. Nessuno sa come, ma succede, e questo, come ho detto prima, è sia un vantaggio che uno svantaggio.
In ogni caso i dieci demoni entrati nel portale arrivarono direttamente nella cella del loro capo, uno dei demoni più potenti e terribili: il Re dei demoni, il Mietitore cremisi, lo Spargitore di sangue,il Vendicatore... Ash Wrather, ma questo io ancora non lo sapevo.
L'unico materiale in grado di trattenere un demone, anche il più potente, è l'aermitio, un materiale con le medesime proprietà dell'argento (unico materiale che ferisce la solida pelle dei demoni ) e con gli stessi effetti dell'acqua Santa (nella  pelle dei demoni è presente un componente che, a contatto con l'acqua Santa, provoca un'intensa bruciatura che li danneggia fortemente), due tra le cose più temute dai demoni oltre alle fiamme blu, simili all'Eterea nella forma ma che possono bruciare ogni tipo di demone. Purtroppo l'aermitio è maneggiabile solo dagli angeli o da altre creature parimenti meritevoli, dato che ha alcuni effetti negativi anche sugli esseri umani provocando lievi bruciature e un momentaneo accecamento.
I demoni sono resi completamente inermi, se a contatto con l'aermitio, infatti le manette e le catene di Ash erano completamente di quel materiale, il che lo rendeva innocuo. I demoni però sono creature furbe, trovano sempre una soluzione, e capirono che la loro eterea può rafforzarli. Dovete sapere che, data la loro quasi immortalità, se serve ricorrono spesso al suicidio. Come molti di voi avranno già intuito, tutti e dieci i demoni si uccisero e liberarono in aria le loro eteree che vennero a contatto con Ash e lo rafforzarono a tal punto da poter spezzare le sue manette con un urlo sovrumano, liberandolo dalla prigionia. A guardia della prigione c'erano diverse creature, non definibili né umane, né angeliche, come delle guardie senza una loro coscienza, guidate solo dall'istinto di mantenere tali i prigionieri. Le guardie si buttarono nella cella per fermare la fuga ma Ash, con lingue di fuoco che andavano ovunque, sconfisse facilmente i suoi avversari, carbonizzandone i corpi.
Le manette rimasero sui polsi di Ash come due bracciali. La cattiva notizia è che questo lo rese immune agli effetti dell'aermitio, una bruttissima conseguenza per gli oggetti in quel materiale.
Per mia grande fortuna uscire da lì è più difficile che entrarci, bisogna compiere un rito che dura diversi minuti: bisogna usare un pentacolo, disegnato con un gesso bianco, e candele. Se avessi indagato più a lungo su quel portale forse avrei capito cosa stavano facendo e sarei stato pronto a quello che sarebbe successo pochi giorni dopo.         
Tornato a casa, analizzai la mia nuova spada e capii che poteva essere integrata a un meccanismo per aumentare le capacità danneggianti dell'argento. Mi misi subito all'opera.
Pochi giorni dopo, vidi in una stradina non molto distante da casa mia un gruppetto di demoni che correva in modo uniforme verso la fine della strada.
«Ehi, ragazzi! Non è un po' tardi per le baby gang? Tornate a casa.»
«Prendetelo!»
«Sì, dai, venite.»
Con una mossa secca sfilai la spada dal fodero dietro la schiena, schiacciai il pulsante sul manico e mostrai ai miei nemici la mia ultima modifica, una spada potenziata con la fiamma blu! Cominciai a rotearla e qualunque demone mi si avvicinasse veniva polverizzato dalla mistura di fiamme blu e argento, che si legarono perfettamente tra loro. Poco dopo ne rimase solo uno, il capo, che cominciò a scappare, come al solito. I demoni non sono rinomati per il loro coraggio. Lo inseguii fino ad arrivare dentro a un condominio e da quel momento tutto iniziò a peggiorare.
Di solito per avere maggior potere sui demoni bisogna conoscerne il vero nome, quindi sono soliti non divulgarlo facilmente. Per questa ragione, do dei nomi a questi soggetti, in questo caso decisi di chiamarlo Andrew.
Con un colpo di spada tagliai via la mano di Andy - ah, mi piace questo nome - e con un altro fendente gli sfregiai la parte alta della faccia con un taglio che andava da un occhio all'altro, rendendolo quasi completamente cieco.
«Andy, dove stavi andando?»
«Non sono affari tuoi, Monroe.»
«Beh, in ogni caso, ora dove puoi andare?»
Andy sanguinante stava osservando uno specchietto portatile.
«Un posto ci sarebbe, non sei l'unico con novità.»
«Cosa intendi?»
«Non devi preoccuparti di questo, occupati di scappare, lui sta arrivando»
Tirò un pugno allo specchio e, invece di romperlo, il suo braccio lo attraversò creando una specie di onda, come quando si tira un sasso in uno stagno. Andy venne risucchiato fino a che l'unica traccia della sua esistenza nel nostro mondo, fu la mano appena mozzata ridotta a cenere e il sangue nero come il carbone. Poco dopo, però, riguardando lo specchio vidi una sfumatura rossa e gialla, come fosse una fiamma, direttamente dall'Inferno dalla quale emerse una piccola immagine di Andy.
«A cosa è servito tutto questo?»
«...A prendere tempo...»
Lanciai lo specchio per terra frantumandolo, mentre Andy si spostava da una scheggia all'altra in  cerca di uno specchio intero dove stare.
Appena uscii dalla stanza, cosa della quale mi sarei dovuto accorgere, un grande occhio verde comparve tra i frammenti di vetro: brutto presentimento nel mio lavoro.
Nel corridoio del condominio mi affacciai alla finestra in cerca di qualcosa di confortante e, indovina un po'? Vidi un cumulo di demoni infernali che si ammassavano intorno a un pentacolo. Appena mi videro, uno di loro cominciò a urlare di uccidermi, era un demone di un rosso più cupo rispetto agli altri, con corna nere e ali da pipistrello strappate. I suoi occhi rossi sembravano quelli di un gatto, con la consueta forma affusolata, ma sicuramente più minacciosi. Si ergeva sugli altri, il che mi fece capire che era il capo, e soprattutto non si lanciò su di me insieme al resto dell'orda che voleva uccidermi, ma rimase indietro a guardare per poter sopravvivere al passo successivo. Da questo momento in poi decisi di chiamarlo Bob.
In base ai miei anni di servizio ho imparato che quelli come lui sono Generali, premiati con il dono del volo dal Re dei demoni in persona; non è, come tutti voi penserete, Satana ma qualcuno a lui direttamente inferiore che tutti gli Helsing non sono mai riusciti a trovare. Bob era l'unico che rimaneva accanto al pentacolo circondato da candele, a sussurrare strane parole, forse in latino.
Senza pensarci troppo tirai fuori la mia spada e la balestra e cominciai a togliere di mezzo qualche demone, ma quando mi accorsi che erano troppi tirai fuori le granate H: piccole ampolle esplosive in argento piene di acqua Santa, infatti l'H sta per Holy. Immaginate l'esplosione in mezzo a un'orda gigantesca come quella che mi stava per uccidere! Dopo pochi secondi una fontana di acqua Santa aveva sovrastato i miei nemici e io mi avviai verso il mio nuovo amico Bob, e proprio in quel momento una fiammata gigantesca uscì dal pentacolo e mi investì in pieno facendomi volare indietro di almeno dieci metri.
Bob, tutto esaltato, volò fino alla fine della cascata di fiamme e urlò: «Mio signore, finalmente su questo mondo! La nostra orda è stata sterminata da un insulso umano.»
«Insulso?»
«Ora finalmente è qui, però possiamo ricostruire la nostra armata, conquistare questo mondo e riacquistare la gloria passata con l'umanità ai nostri piedi!»
In tutto questo una massa simile a un corpo gigantesco uscì dalle fiamme. Quel coso non era umano e emetteva strani ruggiti, e versi gutturali che, man mano che passava il tempo, sembravano sempre di più parole.
«...e insieme domi...do...ahh...»
«Ma vuoi stare un po' zitto?» avevo appena fatto un buco di cinque centimetri nel petto di Bob, lui mi era simpatico, mi dispiaceva... L'essere mi stava guardando e stava diventando sempre più grande.
«Sono Ash Wrather re dei demoni»
«Ti avviso,sto capendo molto poco.»
Il gigante in fiamme fece un verso di disappunto.
«Ash Wrather, demonarum rex sum»
«Wow, anche il Latino, ne so quanto prima.»
«Le generazioni del presente sono analfabete?»
«Scusa, cosa sono la generazioni del presente? Comunque così va bene.»
«Non parlare così, in suo cospetto... Lui è un essere supremo!»
Gli sparai un colpo in testa.
«Stai zitto, caro, gli adulti stanno parlando. Comunque, tu, cosa enorme, chi sei?»
«Io sono Ash Wrather, Re dei demoni!»
Finalmente, dopo secoli di ricerche io, Jason Monroe, avevo trovato il più grande problema dell'umanità: il Re dei demoni.

2
TUTTO QUESTO IN UNA SETTIMANA?
                                             
Ancora incredulo della presentazione del re dei demoni, non mi resi conto della sua mano infuocata puntata verso di me.
«Ora però devi morire»
Non so ancora con quale forza mi tirò una palla infuocata addosso, ma fortunatamente so schivare bene. Dopo un paio di palle di questa pioggia di fuoco, Ash, con un'espressione alquanto adirata, innalzò una gigantesca barriera di fuoco. Senza pensarci troppo vidi vicino a me un estintore e provai a creare un varco nella barriera, ma il fuoco continuava a riempire ogni spazio creato, fino a che non mi arrivò un'idea molto stupida: diventare io l'estintore. Mi spruzzai della schiuma su tutti i vestiti e corsi verso le fiamme e, anche se con qualche bruciatura, oltrepassai l'ostacolo. Sfortunatamente mi accorsi che quella schiuma non andava via facilmente, rimase appiccicata e dovetti buttare i vestiti, avrei dovuto pensarci di più, ma per colpa dell'ansia e della tensione la vidi come l'unica opzione possibile.
Mi trovai quindi davanti al pentacolo. Come in ogni rito ciascun oggetto deve essere al proprio posto: le candele sulle punte del pentacolo, le braccia dello stesso congruenti, quindi per interrompere la connessione del portale avrei dovuto togliere anche solo una candela. Il problema era quello!
Non appena arrivai davanti a una di esse, mi sentii molto stanco, come se un autobus mi  fosse crollato addosso. Da questo immaginai che ci fosse una seconda barriera che impediva l'accesso alle candele. Con tutta la forza che mi rimaneva corsi verso il pentacolo e più avanti andavo,  più il senso di spossatezza aumentava, fino a farmi crollare in ginocchio. Le candele sembravano lontanissime e sentivo di star per svenire: le gambe stavano perdendo sensibilità ma ancora avanzavo, le braccia sembrava mi si stessero per staccare, ma io continuavo. Ogni giuntura del mio corpo sembrava voler andare dove le pareva e abbandonare il mio corpo: ancora qualche secondo e avrei perso i sensi o la vita!
Proprio nel momento in cui allungavo la mano, prima di svenire, tastai qualcosa di conico e caldo: finalmente avevo trovato la candela! Con quel piccolo rimasuglio di forza di volontà, tirai verso di me la candela mettendo fine a questa follia.
Un vortice si creò e risucchiò Ash e tutti i corpi dei demoni morti.
«Monroe! Ricorderò questo atto, non puoi fermarmi, stai solo ritardando la mia ascesa!»
In tutto questo non mi accorsi che l'unico corpo che non era stato risucchiato era quello di Bob, il demone che aveva evocato Ash.
A molti di voi sarà venuto in mente: Ehi! Ma non avevi detto che i demoni non dicono il loro nome? Perché Ash te l'ha detto? Punto uno: non era il suo vero nome, probabilmente il nome Ash Wrather gli è stato affidato dai popoli antichi per non chiamarlo “massa informe di fuoco”. Punto due: anche fosse stato il suo vero nome, è così potente che non sarei stato in grado di provocargli seri danni, di conseguenza avrebbe anche potuto dirlo. I nomi dei demoni infatti non hanno un significato, sono nomi in una lingua sconosciuta, una lingua infernale, dove ogni parola è collegata a un'azione; lingua che non sono ancora riuscito a conoscere e decifrare.
Il lato negativo di scoprire e parlare questa lingua è che, una volta ricevuti i poteri da queste parole, ti viene affidato un nome, che solo tu sai, ma che dà pieno potere sulle tue azioni e pensieri.
Tornato a casa mi misi sul divano con un pacchetto di verdure congelate sul fianco per alleviare il dolore e accesi la televisione. Pensate un po', parlavano di me e di Ash! Parlavano di una lotta tra barboni, dove un pazzo si riempiva i vestiti di schiuma, ma dai! Era l'unica soluzione! Alzai il volume. Dicevano che i presenti avevano visto uno dei due, grande e somigliante a un mostro, attaccare con un accendino quello ricoperto di schiuma... Un accendino?Erano palle di fuoco! Stando a quanto dicevano, non c'erano stati morti ma sicuramente molti sconvolti da questo, e io mi permetto di entrare in questa cerchia. Insomma, avevo visto il Re dei demoni in persona! Anche in una vita come la mia è una cosa sconcertante! Naturalmente le persone vedevano quello che potevano, solo io posso vedere le vere azioni dei demoni (palle di fuoco comprese), la gente comune ha una visione ristretta, offuscata di quello che succede e penso di non vedere l'interezza dei misteri dell'universo anch'io. Quella notte però è stata così assurda che per poco la mente di ogni cittadino che avesse assistito non è esplosa per le troppe informazioni, non potendo trovare una spiegazione.
Per evitare che tutto quello che accadde  potesse ripetersi, decisi di cercare informazioni.
Andai al DRINK, il bar dove lavoro, mi misi la divisa e cominciai a preparare cocktail per i clienti. Tutti uguali tranne uno. Mi disse che era molto felice perché entro poco il suo capo l'avrebbe premiato. Gli chiesi cosa intendesse per premio e mi rispose: «Oh, non mi crederesti, goditi la tua breve vita in questa città finché ce l'hai»
«Come hai detto di chiamarti?»
«Se conoscessi il mio nome, sarei tuo schiavo, non posso dirlo a una persona qualunque come te»
«Ok, beh, sorridi! Offre la casa!»
In quel momento l'uomo sembrò spaventato. Il suo viso cominciò a smagrirsi e arrossarsi, sulla fronte premevano due escrescenze che rendevano la pelle quasi trasparente, gli occhi persero il colore, la cornea si fece giallastra e le pupille si affusolarono. La pelle del viso cominciava a lacerarsi e uno strato di tessuto squamoso color rosso fuoco comparve al suo posto. Avrete già capito che si trattava di un demone, però ancora giovane avendo le corna non ancora sviluppate completamente.
«Tu...msei un Helsing! Devi morire!»
Un urlo stridulo uscì dalla sua bocca.
Appena si alzò dallo sgabello, presi una bottiglia da sotto il bancone e gliela ruppi in testa, lasciandogli solo qualche graffio. A quel punto gli mollai un gancio destro spostandogli la mascella e facendolo crollare a terra dolorante. Purtroppo gli altri clienti avevano visto l'accaduto ed erano scioccati. Nel panico dissi che non voleva pagarmi e gli altri tirarono fuori i portafogli per farmi capire che loro avrebbero pagato. Non mi era andata così male.
Nei giorni seguenti nessun altro come lui si presentò al bar ma lui mi era già stato molto d'aiuto: volevano riprovare a portare qui Ash.
Sapendo che i nemici si sarebbero preparati, non fui da meno: mi allenai tutti i giorni, tutto il giorno, migliorando soprattutto la mia resistenza, vedendo l'effetto della barriera protettiva per le candele.
Negli giorni successivi modificai i miei vestiti e armi, comprandone anche di nuovi. Resi il mantello ignifugo per impedirmi di pensare a un'altra genialata come quella dell'estintore; applicai un buon mirino a ogni arma e sperimentai un nuovo metodo di deposito di armi, ma ero ancora lontano dall'obiettivo voluto. Avevo però un vantaggio: sapevo che la prossima battaglia sarebbe stata combattuta in città, zona che conoscevo molto bene, nella quale però non riuscivo a muovermi come volevo. Dovevo trovare un altro mezzo e pensai subito a un classico: un rampino.
Nei giorni che vennero creai un oggetto non esattamente funzionale, che consisteva in un semplice arpione legato a una corda che poteva essere ritratta con un sistema di piccole carrucole sulla mia cintura, che non usai perché, lo scoprii quasi subito, non abbastanza resistente. A quel punto misi quel sistema, ancora più miniaturizzato, in una specie di pistola, che sparava un cavo in nylon con cuore metallico, per rendere al massimo le capacità resistenti di questo materiale.
Dopo una decina di test sulla resistenza del cavo decisi che ero pronto per la prova sul campo. Arrivai in cima al palazzo dove abito, guardai giù per capire, nell'eventualità fossi caduto, da quale altezza sarei caduto e, appurato che non sarei morto, provai subito la mia nuova invenzione sul palazzo accanto. L'artiglio si aggrappò perfettamente alla balaustra. Con una buona dose di paura, ma anche di speranza, mi buttai.
Caddi nel vuoto. Sentii l'aria che mi si sbatteva in faccia. Arrivato a pochi metri da terra, quando già stavo pensando a quanti antidolorifici avrei dovuto prendere, sentii un piccolo sobbalzo e capii che ero sospeso, attaccato al cavo. Con grande felicità cominciai a dibattermi ma, guardando in alto verso l'artiglio, vidi che a ogni movimento stavo piano piano scivolando giù. In pochi secondi l'artiglio scivolò dalla balaustra e caddi sull'asfalto. Rimasi sdraiato a terra,   pensando a come avrei potuto rendere migliore la presa. Immaginai quindi un meccanismo per agganciare i bersagli, con i bracci dell'artiglio ripiegabili. Avrei dovuto pensarci subito.
Dopo circa tre settimane dall'arrivo di quel demone al bar, la storia si ripeté. Ash stava tornando e in un luogo non molto favorevole.
Quella era una notte propizia per evocare bestie sataniche o demoni, era una notte di sangue, era la notte della Luna Rossa.
Nel mio appartamento, per nascondere le armi ai normali ospiti, se li avessi mai avuti, avevo costruito un passaggio segreto che poteva essere aperto solo con una sequenza di azioni: la finestra che dava sul parco aveva la maniglia staccabile, sotto la quale si trova un sottile dischetto. Recuperando quel dischetto lo si deve inserire in una piccola fessura sul lato del termostato e bisogna mettere una temperatura che non dico per ragioni di sicurezza. A quel punto si crea un buco nel muro e si può accedere a una stanza piuttosto buia dove tengo tutte le mie armi ed esperimenti.
Per non essere totalmente ignaro sull'argomento, cercai nella mia libreria Il Tomo, completato negli anni dai miei predecessori Helsing. Il Tomo è un volume di un migliaio di pagine, dove viene spiegata la storia dei demoni, come evocarli e fermarli. Lì cercai il nome Ash Wrather e trovai uno scritto del 1898, di Arthur Williams, uno dei primi Helsing a descrivere i demoni in questo libro. Lessi che la fonte del potere di Ash è il fuoco, con il quale è capace di creare oggetti o distruggere qualsiasi cosa con un raggio di fuoco altamente distruttivo, è capace di carbonizzare i nemici e farsi esplodere, ricomponendosi immediatamente. Nessun punto debole è stato ancora scoperto.
Misi le nuove armi nella sacca, chiusi la porta segreta e andai verso l'uscita di casa. Prima di uscire però controllai dallo spioncino, giusto per prudenza, e vidi sei persone con una carnagione rossa che si stavano preparando a buttare giù la porta con un ariete. 
Sentii bussare. Non risposi. Cominciarono a colpire la porta. I colpi si fecero sempre più rumorosi. Sentii uno scricchiolio dalla porta. La parte esterna si era incrinata. Tirai fuori la mia balestra munita di frecce con punta di argento. Qualche secondo di silenzio. Con un colpo più forte degli altri crearono un varco nella parte centrale della porta. Da quel buco sparai il primo colpo e ne uccisi uno. Arrabbiati più di prima, i demoni tirarono un colpo che spezzò quasi interamente la porta e cominciarono a entrare.  Li aspettai con la spada sguainata. In pochi secondi avevo cinque cadaveri nel salotto, uno davanti alla porta e l'entrata di casa mia completamente distrutta. Sentii urli di scherno e strani rumori dalle scale, il che significava che ne stavano arrivando altri. Per evitare di peggiorare la situazione cercai una via d'uscita: le uniche erano la porta, non disponibile, e la finestra. Controllai l'altezza dalla quale sarei saltato e con alcuni veloci calcoli pensai che me la sarei cavata. Con una breve rincorsa mi scagliai contro la finestra, rompendola e, appallottolato come un riccio, mi buttai verso la strada.
A quanto pare non avevo fatto i calcoli correttamente, essendo rimasto per qualche secondo sdraiato a terra. Mi sembrò di essermi rotto qualcosa, ma probabilmente erano solo muscoli doloranti. Mi alzai a fatica, con la spalla leggermente lussata. Con una mossa imparata da poco, mi rimisi a posto il braccio e in lontananza, verso il parco, vidi qualcosa che non mi confortava, anche se me l'aspettavo: un pentacolo in mezzo alla strada, con un ammasso di demoni intorno. Che novità, nella mia vita! Questa volta però ero preparato e pronto a qualsiasi cosa, o almeno lo pensavo.

3

 TUTTO VA PER IL VERSO SBAGLIATO

Anche se avessi dovuto aspettarmelo, ero stupito di quello che avevo visto: c'era Bob al centro del nuovo rito, quel maledetto!
Aveva radunato un'armata ancora più grande a protezione di quanto aveva preparato. Probabilmente sarei morto se non avessi portato le nuove armi: fucili semiautomatici con mirino laser e mitragliatrici, ovviamente usando proiettili a frammentazione in argento.
Mi accorsi però che Bob aveva fatto un buon lavoro con i demoni dato che, una volta aizzati contro di me, pur avendone uccisi a centinaia, non sembravano diminuiti neanche un po'.
Non sapendo quindi cosa fare presi la mia fidata pistola e la spada e aspettai che si avvicinassero ancora un po' per iniziare il massacro. Colpi di pistola, fendenti di spada, figure rosso fuoco che si ammassavano intorno a me, fiumi di sangue nero e fumo che usciva dagli arti tagliati dei demoni: le uniche cose che vedevo in quel momento in cui l'adrenalina era arrivata a valori inimmaginabili.
Pensavo di averci messo poco ma appena il fumo si diradò vidi una gigantesca figura umanoide formata da lingue di fuoco che stava prendendo sembianze sempre più reali: Ash stava arrivando nel nostro mondo e stava quindi lasciando la sua terra di prigionia.
Capii dal modo in cui mi stava guardando che Ash si ricordava di me (sempre che si possa dire che una massa di fuoco abbia un'espressione). Per scaricare la tensione sparai tre colpi a Bob, anche  per assicurarmi che per un po' non mi avrebbe dato fastidio. Dal pentacolo uscì un turbinio di fuoco che sembrò formare un piede che voleva schiacciarmi e che evitai di scatto. Vidi di lato il piede tozzo di Ash e mi sembrò diventare di un rosso più scuro, come la pelle dei demoni solidi e capii che il processo di formazione sulla nostra Terra si stava compiendo. Pensai che dovevo bloccarlo e subito, approfittando del fatto che poteva, ancora per poco, attraversare le cose.
Presi dal borsone il rampino e mi catapultai su di un palazzo al lato di Ash attirando la sua attenzione. Proprio come un idiota, dato che comunque non avrebbe potuto colpirmi. Ash tirò un pugno verso di me e lo evitai lanciandomi sul palazzo opposto, giusto in tempo per evitare il colpo e fargli attraversare il muro solidificandosi dentro di esso. Feci lo stesso sulla cima del palazzo accanto e mi lanciai sulla strada subito dopo l'attacco sferrato su di me. Disperato, cercai un appiglio su un lampione per frenare la caduta ma ero troppo veloce  e rallentai di poco la caduta facendomi comunque male. Approfittando del mio momento di debolezza Ash sollevò l'altro suo piede e tentò ancora una volta di schiacciarmi. Un attimo dopo rotolai via e il piede di Ash oltrepassò il terreno andandosi a incastrare sotto l'asfalto.
 «Ma davvero?... Almeno... almeno lasciami rialzare!»
Appena mi accertai che Ash fosse, bloccato mi avviai verso le candele con una bella rincorsa in prevenzione alla barriera destabilizzante che, stranamente, non mi fece più effetto, anche se non ci detti molta importanza.
Appena arrivato davanti al pentacolo tirai via una candela: «E ancora una volta addio, caro il mio...»
Mi fermai non appena mi accorsi che non stava cambiando alcunché: nessun turbinio dentro il portale, nessun corpo di demone risucchiato, nemmeno Ash che mi urlava contro, perché? Mi risposi subito. Sentii una risata, dapprima sembrava uno strano verso, che lentamente si trasformava in una ridarella fin troppo reale per una creatura fatta di fiamme che sarebbe dovuta scomparire.
Guardai verso l'alto e vidi un demone gigantesco, con quattro ali d'aquila piene di buchi, con una lunga coda e la pelle coriacea di un rosso sangue. Ash era concreto. 
Ash era qui.
Con una rapida mossa si liberò mani e piedi e con un'onda d'urto piuttosto forte mi sbalzò fino al muro di un palazzo lì vicino. In tutto questo il grande demone fu circondato da fiamme con una luminosità così intensa che dovetti distogliere lo sguardo. Proprio in quel momento, distogliendo lo sguardo da quel bagliore, mi resi conto che Ash era accanto a delle case, dove molte persone dormivano. Non potevo permettergli di ucciderli. Dovevo portarlo lontano.
Appena le fiamme diminuirono vidi una nuova forma di Ash, probabilmente la sua forma completa: aveva due lunghe corna curve, gli occhi di uno strano bagliore rosso-giallastro, la pelle a metà tra il rosso e il viola e un'armatura in ottone che gli copriva spalle e petto.
Immediatamente mi rimisi in piedi e provai subito a svuotargli contro un paio di caricatori della mia mitragliatrice, ma Ash generò un'enorme barriera infuocata che sciolse i miei proiettili come fossero burro. Non sapendo che altro fare, anche solo per indebolirlo corsi. Corsi più che potevo per portarlo lontano dalla zona abitata ma, come immaginavo, poteva teletrasportarsi, cosa che faceva spesso per pararmisi davanti e darmi molto fastidio lanciandomi altre palle di fuoco. Feci quello che potevo ricordandomi gli anni in cui a scuola giocavo a dodgeball, evitando con ogni tipo di schivata la sua cascata di fiamme.
Mentre correvo e tentavo di non farmi ridurre a un mucchio di cenere, l'unica cosa a cui pensavo era cosa avrebbe detto questa volta il telegiornale, visti gli ingenti danni arrecati anche agli ultimi piani dei palazzi e, soprattutto, tutte quelle palle di fuoco che lasciavano il segno per strada... ancora accendini?!
Dopo diversi minuti di corsa-schivata mi ritrovai alla fine della zona urbana, vicino all'autostrada e lì Ash comparve all'inizio della strada e, guardandomi direttamente negli occhi, si fece esplodere disintegrandosi.
Nel fumo vidi il suo volto e, poco dopo, vidi l'intero demone: si era riformato da ogni sua particella fino a poco prima dispersa nell'aria. Quell'esplosione generò un'onda d'urto più forte di qualsiasi altra io abbia mai subito tant'è che tutti i vetri lì vicino si frantumarono. Quell'esplosione mi scagliò contro un muro e mi fece perdere i sensi. dopo aver lasciato una bella crepa nel muro.
Mentre i miei occhi si chiusero, vidi, per una frazione di secondo, un ovale vibrante di colore bianco e viola. Tutto sembrava finito, ma la speranza rinacque nel mio cuore: erano arrivati i rinforzi.
Da quel portale uscì una mia vecchia amica, con la quale salvai il mondo un paio di volte.
Il suo mondo.
Lei è Zeka, chiamata da tutti Cyber arm. Mio padre, meccanico, un giorno ebbe la visita di una ragazza che aveva perso il braccio e aveva bisogno di un'immediata operazione per bloccare l'emorragia. Per questo mio padre e un dottore, suo amico, le impiantarono questa protesi in titanio, chiamata proprio The Cyber Arm, capace  di sopportare ogni tipo di energia.
Zeka era un demone, uno di quelli buoni, e aveva già imparato come canalizzare il suo potere ancor prima che la incontrassi. Lei è il demone più potente che io conosca, anzi conoscevo, dopo l'incontro con Ash. In ogni caso lei è figlia di una “demon” (i demoni femminili) molto potente, quasi a livello del Re dei demoni, chiamata Ashira (avendo i nomi simili, immagino siano comparsi insieme nel nostro mondo... i popoli antichi non avevano una grande fantasia per i nomi).
I poteri principali di Zeka sono di tipo mistico: può generare campi di forza e raggi interdimensionali che possono ferire pesantemente chiunque e fortunatamente può creare portali tra i mondi per spostarsi velocemente, aiutandomi spesso nei momenti di difficoltà.
Quando la vidi uscire dal portale era molto diversa da come l'avevo lasciata: aveva la sua felpa con cappuccio con lo stemma della sua squadra, i “rock”: una stella con al centro una “R”. Aveva la cicatrice sull'occhio più estesa, segno che aveva usato molto la magia nell'ultimo periodo. La sua cicatrice era come una crepatura sull'occhio, che brillava di una luce rossastra. Se fosse aumentata fino a coprire tutta la faccia, avrebbe liberato il suo demone interiore e sarebbe diventata incontrollabile, cosa non conveniente nella situazione attuale. Il suo braccio era stato ridipinto con colori viola e verdi. I suoi colori preferiti.
Appena uscita dal portale mi guardò e tentò di risvegliarmi, ma ero crollato. Dopo lo sforzo di quella notte, una botta come quella ti fa svenire per diversi minuti.
Non appena Ash notò Zeka ne fu sorpreso, ma questo durò poco visto che le lanciò ripetutamente palle di fuoco come si fa tra amici.
Ash si fermò per controllare il suo operato ma non era a conoscenza della dote magica di Zeka: per proteggere lei e me, creò un enorme campo di forza che fece rimbalzare via ogni colpo lanciato da Ash. Ora era il turno di Zeka. Scaricò sul demone una gigantesca dose di fotoni dal colore blu che Ash bloccò prontamente con uno scudo di fuoco che non sarebbe durato molto e questo Ash lo sapeva perfettamente. Con uno slancio e un urlo di dolore allontanò da sé lo scudo e il raggio di Zeka venne interrotto.
Ash ormai stufo si concentrò: si rannicchiò su sé stesso ed esplose ancora una volta. Quella provocata da lui era un'esplosione gigantesca che distrusse gli edifici vicini. Mi risvegliai proprio in quel momento e fui investito da tutta quella potenza.
Zeka e io pensavamo fosse morto o soltanto scomparso, ma poco più lontano, nel bel mezzo della città, si riformò con un'implosione inaspettata nel cemento della strada. Ci dirigemmo verso di lui mentre ispezionava la città.
Appena ci vide, infuriato più di prima, ci colpì con una lingua di fuoco munita di una mano artigliata che mi colpì direttamente in faccia lasciandomi una lunga cicatrice che partiva dagli zigomi e arrivava fino al mento, che mi farà compagnia per il resto della vita.
Stremati da tutto quello che successe quella notte, rimanemmo qualche secondo a terra prima di rialzarci per continuare a combattere. Involontariamente lasciammo ad Ash il tempo di ricaricare le energie e prepararsi a sferrare il suo attacco più potente. Ash aprì la bocca così tanto che i lati si stavano per strappare, la gola si colorò di un giallo spettrale sempre più intenso e il demone puntò un palazzo di una ventina di piani.
Con un verso simile a un rantolo acuto, il petto di Ash si gonfiò e un raggio giallo e arancione uscii dalla sua bocca e colpì il palazzo frantumandone un angolo. Il palazzo oscillò e si inclinò fino a cedere e crollare. Prontamente Zeka lanciò un incantesimo bloccante che arrestò la caduta degli ultimi dodici piani.
Ash intanto caricava un nuovo attacco. La sua gola questa volta era di un rosso fiammante e con lo stesso verso un altro raggio d'energia colpì il palazzo accanto disintegrando due piani interi e frantumando tutte le finestre, facendo inclinare il palazzo che si fermò incastrandosi con l'edificio di fronte. A quel punto successe quello che non sarebbe mai dovuto accadere: alcune persone cominciarono a cadere dalle finestre. Zeka era impegnata con l'altro edificio ed ero l'unico disponibile a salvarli. Mi lanciai con il rampino verso quelli più in basso perché più a rischio. Recuperai un paio di uomini e donne facendoli reggere al cavo e lasciandoli su di un tetto di una casa.
Recuperati i restanti civili attaccati alle finestre, tornai in strada con Zeka al mio fianco, avendo sistemato il suo palazzo.
Ash stupito disse: «Non mi aspettavo una dedizione come la vostra nel salvare le persone! Vi ucciderò per ultimi.»
Guardandosi un po' intorno notò un piccolo condominio
«Monroe... la riconosco questa abitazione. Non è casa tua?»
Tentai di fermarlo, ma ogni mia mossa era vana. Parava ogni colpo. La sua gola si colorò ancora una volta di un colore rosso che poi mutò in un viola scuro. Emise un sibilo che non dimenticherò mai, così acuto che mi provocò un momento di sordità con soltanto quel rumore nelle orecchie.
Un raggio colpì casa mia disintegrandone il muro e incendiando il mio appartamento e, per infierire, Ash continuò a colpire fino a che non venne completamente cancellata dalle fiamme dell'Inferno.
Mi guardò negli occhi per qualche secondo con uno sguardo di sfida e scomparì immediatamente in una nube di fumo. Rimasi inginocchiato a terra stremato, ferito, con i capelli che mi cadevano sul viso, senza speranze. Guardavo le macerie della mia vecchia casa. Negli occhi avevo solo terrore. Tutta quella distruzione davanti a me, tutto quello che avevo fatto.
«Andiamo Jason, ho visto deve è andato, dobbiamo... Jason?»
«Non ho più niente. Mi ha distrutto tutto. Non posso più fare niente.»
Zeka si inchinò davanti a me.
«Jason, Ash ti avrà anche distrutto casa, non avrai più tutte le tue armi, ma io ti ho visto in azione. Jason, non hai bisogno di quelle armi, tu le hai modificate, tu le hai rese come erano, tu sei più forte di lui. Jason, TU sei la tua migliore arma. »
Improvvisamente una scarica di adrenalina mi travolse e un brivido mi salì dalla schiena.
«Prendiamolo.»
Con l'ultimo sforzo mi rialzai con le costole doloranti e il graffio sul viso che mi pulsava. In bocca avevo un sapore metallico.
Con tutta la rabbia che avevo in corpo, con la voglia di vendetta, con la determinazione a ripartire e andare avanti, corsi, con al fianco una fidata amica, verso Ash. Corsi verso la fine di tutta questa pazzia.

Il sole stava sorgendo. Era l'alba di un nuovo giorno. 
Era l'alba del giorno degli Helsing.