Potrei iniziare parafrasando De
Gregori: "Nata, sono nata nell’Africa d’Italia. In qualche posto e in qualche
modo sono pure cresciuta…"
Potrei raccontare che la cicogna mi
consegnò in una scatola per le scarpe, in un paese tra le Serre della Calabria,
nel punto più stretto d’Italia. Forse stava volando tra Tirreno e Jonio e, a
causa della tormenta di neve, mi lasciò cadere in quella che sarebbe stata la
mia casa. In un paese che si chiama Sorianello, dove le case sono talmente
arroccate l’una all’altra, da sembrare che si abbraccino.
Nella mia infanzia ci sono
ginocchia sbucciate sui sassi neri che lastricavano la mia via, o ruga, come
viene definita nel mio dialetto. Profumo di stoffe e il ticchettio della
macchina da cucire di mia madre. C’era la mia stanza, in cui mi
rifugiavo sempre con un gatto al mio fianco, che nascondevo di notte tra le
coperte affinché mia madre non lo scoprisse. A primavera le fresie che
crescevano sul mio balcone, inondavano di fragranza la strada. D’inverno c’era il
silenzio della neve o il frastuono dei temporali. In autunno le castagne da
tirare fuori dai ricci, che pungevano le dita e davano il gusto della conquista
di quel prezioso frutto.
Ci sono i libri… Il primo che mi
venne regalato da mia madre, quando ancora seguivo il rigo con il dito, "Il
corsaro nero". C'è stata la scoperta della scrittura, nei componimenti in
classe che la mia maestra leggeva e che portava con orgoglio anche agli altri
insegnanti, affinché sapessero della sua alunna.
C'è l’adolescenza e la voglia di
evadere. Il sogno della grande città che per me è stata Roma.
L'università, che si affacciava
sulla splendida piazza Esedra; la musica di Baglioni, che suonava dallo stereo
della macchina del mio amico Damiano, mentre percorrevamo le vie storiche nelle notti romane.
Ci sono i pub a San Lorenzo, le
manifestazioni di piazza e la voglia di cambiare e conquistare il mondo.
Eventi della storia che rimangono
indelebili dentro me. Il giorno in cui venne scarcerato Nelson Mandela, l’urlo
di gioia e le lacrime che non riuscivo a trattenere. I colpi di piccone sul muro
di Berlino. Gli studenti di piazza Tienanmen, a mani nude, davanti ai carri
armati…
Poi, la decisione della mia vita.
Fare l’infermiera. Appuntarsi la Croce Rossa, sul petto e nel cuore.
Letti candidi di ospedali. Pigiami che, come sudari, avvolgono corpi violati dalla malattia. Occhi, tanti
occhi che incroci, sfiori, catturi, tra dolore, speranza e paura. La voglia di scappare perché non
puoi, razionalmente, credere di voler vivere in tutto questo.
Poi uno sguardo tra gli altri,
quello di un ragazzo, Vittorio, che non potrai mai più dimenticare, mentre la
sua vita scorre verso un abisso di angoscia e sembra volere fuggire lontana.
Abbracciami, ti prego, mi disse in
quel giorno che segnò la mia vita. Non lasciarmi solo. Ho paura…
E io abbracciai quelle spalle
scarne, accarezzai quella pelle sottile, mentre un chirurgo infilava un ago tra
le sue vertebre. Tenni la sua mano, quando tutto finì, sino a che il sonno non
gli regalò un po’ di oblio.
Quel giorno compresi cosa volesse
dire essere un’infermiera. Quel giorno decisi che quella sarebbe stata la mia
vita.
Tutto questo peregrinare, senza mai smettere di leggere e scrivere. Racconti, che nessuno avrebbe letto,
ma che riempivano i vuoti e le giornate, tra un esame e l’altro, tra un turno e
l’altro.
L’uomo al mio fianco, che mi
accompagnerà per quasi trent’anni che mi ripeteva: "Ma perché non scrivi un
romanzo?"
E la mia risposta di sempre: "Perché non ne sono capace."
Poi tutto tace. La sua voce
scompare in un addio che non voglio accettare e ritorna come un sussurro a
riempire il silenzio. Ma perché non scrivi un romanzo?
Così nasce il mio primo romanzo "La
casa sulla scogliera". Inviato, come coriandoli che si lanciano in aria e che
sai che il loro destino sarà quello di cadere per terra, a vari editori.
Mentre faccio la notte in ospedale,
mi arriva il messaggio di Stefania Convalle.
Penso che sarà, ancora una volta,
un’illusione che si frantumerà per terra, come le altre.
Chi è quella donna?
Quando le ho inviato il romanzo? Quanto mi chiederà per la pubblicazione?
Questi i dubbi.
Sino al giorno che
io e lei ci incontriamo e scopro che non chiede soldi, che il romanzo le piace,
che lo vuole pubblicare. Urlo di gioia, saltello, e mi faccio un grappino
brindando a me e mio marito.
L’avventura inizia così a fine
2018, e nel 2019 le invio il mio secondo romanzo, Là dove finisce il fiume,
aspettando il suo rifiuto.
Miracolo! Le piace anche questo!
Pubblicato appena in tempo, per
andare alla Fiera dell’Editoria a Roma.
E ancora, il sogno continua…
Fortunata Barilaro
§§§
E ora la parola all'editrice
Fortunata mi è piaciuta fin dal primo momento.
Una donna di quelle vere, spontanee, solide nei sentimenti, capace di amare l'essere umano e gli amici pelosi; d'altronde, il lavoro che ha scelto lo dimostra.
È arrivata a Edizioni Convalle per caso: ma esiste il Caso?
Come sapete, per me non esiste. Credo sia stato il Destino a guidarla sulla mia strada.
Ricordo che avevo affidato il suo manoscritto per la prima lettura a Tiziana Mazza, che è tra le persone che mi aiutano a fare una prima scrematura tra le opere che vengono proposte a Edizioni Convalle; lei l'aveva letto tutto e me ne aveva parlato con entusiasmo, relativamente alla storia narrata. E così "La casa sulla scogliera" è arrivato nelle mie mani e dopo averlo letto, ho deciso di pubblicarlo senza se e senza ma perché Fortunata ha la capacità di trascinarti dentro le storie che racconta ed emozionarti: quello che cerco io.
Prima opera, primi risultati eccellenti! I suoi romanzi sono tra le opere più vendute di Edizioni Convalle.
Dopo un po' Fortunata mi ha proposto, tra mille titubanze e dicendomi, te lo mando ma se fa schifo, cestinalo, mah, boh, chissà :-D, un nuovo manoscritto.
Quando ho terminato di leggere il secondo romanzo, che poi è stato pubblicato, ricordo di averle fatto un vocale WhatsApp di venti minuti (!) per esprimerle tutte le emozioni provate, volevo che sentisse dalla mia voce l'effetto di quella storia che mi aveva profondamente commossa.
E così nacque anche lui.
Poi è arrivato il gran giorno in cui avrei potuto abbracciare dal vivo Fortunata: alla Fiera "Più libri più liberi" di Roma, a dicembre 2019.
Beh, che dire...
Abbracciare Fortunata è stata una di quelle emozioni che ti dicono, ué, ma dove sei stata fino ad ora? Ci siamo conosciute in un'altra vita? (Sapete che credo a queste cose)
Ho sentito il suo cuore. Punto. E con questo, ho detto tutto.
Ho visto quanto è amata dalle persone che sono entrate nella sua vita. Lo stand di Edizioni Convalle, quando c'è stata Fortunata, è diventato una festa, mezza Roma era venuta a trovarla, a salutarla, ad acquistare i suoi libri.
Insomma: un assembramento coi fiocchi :-D Adesso ci farebbero la multa! :-D
A parte gli scherzi, conoscere Fortunata di persona è stato uno dei momenti più belli di Roma, quelli che ricorderò per sempre con piacere.
Lei è bella. Lei è vera. Lei è coi piedi per terra, anche se vola lo stesso: straordinario equilibrio. Piedi radicati al suolo per non perdere il contatto con la realtà, braccia protese verso il cielo per far volare i sogni.
Ecco: Fortunata è così.
Alla prossima
dalla vostra
Stefania Convalle