Volevo solo avere più tempo

Volevo solo avere più tempo
Il nuovo romanzo di Stefania Convalle

sabato 18 maggio 2019

Numero 313 - Il mistero delle sette frecce - 18 Maggio 2019



In un cassetto ho ritrovato questa fiaba che avevo scritto tanti anni fa insieme a White Buffalo. Era stato un esperimento, anche perché sapete che scrivo romanzi, racconti e poesie per grandi. 
Oggi, però, mi fa piacere farvela leggere e credo che White Buffalo non avrà niente in contrario. :-)


IL MISTERO DELLE SETTE FRECCE  

Una fiaba scritta a quattro mani
 da
 Stefania Convalle e White Buffalo

C’era una volta una bambina di nome Chiaro di Luna. Si chiamava così perché era nata in una notte di plenilunio, ma non era la luna del pianeta Terra, bensì quella di un piccolo pianeta sperduto vicino alla Via Lattea.

Un giorno, i suoi genitori le parlarono delle sue origini; le dissero che facevano parte di un popolo che viveva in immense praterie, talmente grandi che lo sguardo poteva correre lungo l’orizzonte senza scorgerne la fine.
La loro tribù dimorava vicino a un fiume e i loro teepee  erano nei pressi di vecchie querce, ma quello non era un posto fisso poiché si dovevano spostare per cacciare i bisonti e procurarsi tutto ciò di cui avevano bisogno per stare al mondo.
Le spiegarono che i Sioux erano pacifici, ma ora stavano lottando per non perdere la loro Terra…

Suo padre, Freccia d’Argento, non riuscì a proseguire, sembrava rattristato al pensiero dei difficili momenti che il suo popolo stava attraversando.
Chiaro di Luna chiese loro più volte come mai si trovassero su un altro pianeta, ma questo era un mistero, qualcosa di inspiegabile, una sorta di incantesimo.
Aveva sorpreso suo padre mentre pregava il Grande Spirito di farli tornare tra la loro gente, ma fino ad allora ciò non era accaduto.

La bambina trascorreva molto tempo a giocare con la sua bambola e un piccolo teepee che le aveva fatto la madre. Suo fratello, Penna Gialla, invece, era sempre con il padre che gli raccontava tutte le usanze dei Sioux. Gli aveva costruito un piccolo arco con delle frecce e, mentre il ragazzino tirava verso le stelle, Freccia d’Argento gli prometteva che quando fossero tornati al loro villaggio, avrebbero trovato lo zio, Lupo Grigio, un grande guerriero; lui gli avrebbe insegnato tutto quello che un giovane deve sapere.

Nel frattempo, sulla Terra, Lupo Grigio si dava un gran da fare per trovare il modo di far tornare i suoi parenti. Purtroppo quella non era la sola preoccupazione; le battaglie infuriavano e per gli indiani le cose non si stavano mettendo al meglio. Presto sarebbero stati cacciati dalle loro Terre e obbligati a vivere nelle Riserve.
Anche se Lupo Grigio non si voleva rassegnare a questa realtà, sapeva che quello era il destino che li attendeva.
Dopo aver a lungo riflettuto sulla situazione, decise di andare a parlare con il capo del villaggio, un uomo molto anziano e incredibilmente saggio.
Si sedettero insieme nel suo teepee e fumarono la sacra pipa in silenzio. Lupo Grigio cominciò a esporre i suoi pensieri al vecchio capo che lo ascoltava attentamente. Gli disse che non sapeva più se fosse giusto cercare di far tornare suo fratello, Freccia d’Argento, con la sua famiglia; forse era meglio essere liberi su un altro pianeta che chiusi in  una Riserva nella propria Terra.
Rimasero entrambi in silenzio a meditare sulla situazione.

Dopo un tempo indefinito, il capo indiano cominciò a parlare:
«Qualche tempo fa ho fatto un sogno. Volavo alto nel cielo come nostra sorella aquila e mi trovavo in una valle meravigliosa, dove i ruscelli scorrevano impetuosi, gli animali nei boschi vivevano felici, prati immensi colorati delle più belle varietà di fiori tappezzavano i fianchi delle montagne che svettavano fino a toccare il cielo; ed ecco che in cima alla vetta più alta un bagliore illuminava una stella caduta dal cielo, fissata al terreno da sette frecce dipinte coi colori sacri alla nostra gente: nero per l’Ovest, rosso per il Nord, giallo per l’Est, bianco per il Sud, verde per Nonna Terra, azzurro per Padre Cielo e marrone per le sacre Rocce.
Tutto era talmente bello e armonioso che il mio volo durò per molto tempo e mi sentivo felice e al sicuro.»

Lupo Grigio domandò al vecchio capo cosa mai significasse tutto ciò ed egli rispose: «Una sola persona può interpretare i sogni tra la nostra gente, il grande sciamano Gufo Parlante.»

In men che non si dica il vecchio stregone venne messo al corrente della visione affinché potesse esprimere  un parere.

Dopo alcuni giorni tutta la tribù venne chiamata al cospetto di Gufo Parlante che uscì dal suo teepee indossando il vestito più bello, ornato da bellissime perline colorate e così parlò nel silenzio più assoluto: «Ascoltate, mio popolo! Il Grande Spirito ci manda a dire che una difficile prova ci attende. La famiglia di Penna Gialla che vive lassù, tra le stelle, potrà tornare sulla Terra, lontano da qui e al sicuro, dove tutti gli uomini conosceranno il valore delle nostre usanze, e i sacri riti potranno continuare.»

Un vociare scomposto si levò tra la tribù e qualcuno chiese a gran voce, Come? Qualcun altro, Quando? Ed ancora, Dove?

«Ascoltatemi!» tuonò Gufo Parlante. «Il Grande Spirito ha parlato di un luogo selvaggio e divino. Entro sette soli da oggi, se la stella più bella nel cielo verrà colpita dalle frecce colorate di Penna Gialla, tutto sarà compiuto! Danzeremo tutta la notte affinché i nostri fratelli su, in cielo, possano sentire le preghiere del grande popolo Sioux.»

Ecco che quella notte, ogni guerriero, ogni donna e bambino, ballò al suono dei tamburi, senza sosta, in modo che il sogno di Alce Rosso, il grande capo, potesse realizzarsi.

Nel lontano pianeta, intanto, la famigliola dormiva tranquilla quando il grande baccano che veniva dalla Terra svegliò tutti, uno a uno. Ben presto il messaggio fu chiaro e Freccia d’Argento preparò le frecce per il figlio Penna Gialla.
Quando, quella notte, tutti i Sioux guardarono il cielo, videro sette frecce colorate colpire la stella più bella del firmamento che cadde in una valle lontana, in un luogo selvaggio e divino, da allora chiamato Monte dell’Orso.

Così ancora oggi tutti i figli più buoni della Nonna Terra possono godere delle meraviglie di questa valle, dove il cuore di ognuno è pieno di felicità, grazie all’armonia che lì vi regna.

E ai bambini più attenti, di notte, quando la luna e le stelle brillano in cielo, sembrerà di sentire un canto che invita ad amare e rispettare la Natura, a essere più buoni, a guardare al futuro facendo tesoro delle antiche tradizioni.




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