Volevo solo avere più tempo

Volevo solo avere più tempo
Il nuovo romanzo di Stefania Convalle

venerdì 23 settembre 2022

Numero 411 - Masterbook, i racconti del GIRONE B, Fase 1 per il VOTO POPOLARE - 23 Settembre 2022


 

Il Masterbook continua a gonfie vele!

Ieri sera, 22 settembre 2022, durante la diretta Facebook sulla Pagina di Edizioni Convalle, ho svelato i nomi degli autori dei racconti del Girone A

La Fase 1 per loro si è conclusa e i 5 autori che passano alla Fase 2 sono:
Giuliana Degl'Innocenti (voto giuria tecnica)
Alessandra Nobile (voto giuria tecnica)
Pinuccia Sassone (voto popolare)
Laura Tarchetti (voto giuria tecnica)
Luca Togni (voto giuria tecnica)

Complimenti a loro, ma anche agli altri 3 autori che hanno partecipato alla gara: 
Lorenzo Armenio
Enza La Gaia
Carmine Scavello

Tutti i racconti erano belli, 
ma una scelta bisognava farla!

Ieri sera, durante la diretta, ho letto i racconti in gara del Girone B, Fase 1.
In 4 hanno passato il turno, approdando alla Fase 2, grazie al voto della giuria tecnica.

Per gli altri 4, però, come la scorsa settimana, non tutto è perduto e uno di loro potrà essere ripescato attraverso il voto popolare.

Sarete voi, lettori, a poter ripescare un racconto e "ributtarlo" in gara attraverso il vostro voto che dovrete esprimere in un commento a questo numero del blog, all'interno del blog stesso.

Potrete esprimere una sola preferenza scrivendo: VOTO IL RACCONTO NUMERO ... 
Mettete il vostro nome e cognome nel commento, non sono graditi i commenti anonimi.

Se volete scrivere anche la motivazione, all'autore farà piacere, anche se non sapete a chi appartiene il testo (ma lo saprete in un secondo tempo).
I racconti verranno postati in questo numero senza il mio intervento, nessuna correzione verrà da me apportata. Tutti i testi saranno qui riportati esattamente come mi sono arrivati.

Comincio quindi a postare qui di seguito i 4 testi che potrete votare.

RACCONTI DA VOTARE

GIRONE B – ELABORATO NUMERO 4

Ritrovarsi

Marzo 1909
Rose stava organizzando le nostre nozze.
Ci siamo visti poco in questo periodo, entrambi molto impegnati nei preparativi.
«Mi piacerebbe avere in testa un velo leggero, fermato da una coroncina di perle intrecciate, e poi al collo vorrei mettere la catenina che mi ha regalato la mamma.»
«Ma certo, Rose, lei ne sarebbe molto contenta, e poi avrai tra le mani qualche fiore, magari dei lilium. Sono così indicati per una sposa» aggiunse la sorella, arrivata dall’America apposta per il matrimonio.

I giorni passano, la data è arrivata: 10 aprile 1909.
Grande festa attorno. C’è chi lancia fiori. C’è chi grida: «Viva gli sposi!»
Anch’io ho un bel vestito, la camicia inamidata e il colletto diplomatico.
Dopo il banchetto, alcuni parenti ci accompagnano a Southampton, un’ora di viaggio in carrozza.
Nulla in confronto alla lunga traversata che ci aspetta.
«Abbiamo deciso di andare ad abitare in America. Là ho trovato un buon posto di lavoro alla Banca Nazionale e Rose di certo troverà un impiego, magari come bibliotecaria.»
Questa notizia aveva suscitato felicità in alcuni amici, anche se l’avevano reputata una scelta alquanto ardita; le nostre famiglie, ahimè, non erano però molto favorevoli.
Ma il futuro dei figli è scritto in un libro che i genitori non sanno leggere.
Oggi tutti hanno condiviso con noi la gioia delle nozze, ma alcuni occhi riflettevano un fondo grigio, un misto tra ansia e accettazione silenziosa.
La cabina di seconda classe che ci è stata assegnata nel Titanic è confortevole.
La grande nave manda i suoi caratteristici fischi bassi, si staccano gli ormeggi, si onora il comandante che guiderà la nave oltreoceano fino a New York.
Dai tre fumaioli neri esce un lungo sbuffo grigio, proprio come lo sfondo della foto che tiro fuori dal panciotto, la guardo, la sfioro, come per aver certezza che ora siamo sposati.
Osservo la nostra foto, e sì, io e la mia Rose siamo proprio belli!
La ripongo nella tasca, è preziosa, da custodire sempre, come la promessa che ci siamo scambiati davanti a Dio. Per sempre.
«Stiamo salpando» dice Rose, appoggiandosi al mio cuore. Siamo felici e trepidanti per ciò che ci aspetta laggiù, oltre l’oceano. Una nuova vita, insieme.
La stringo, mi stringe, i nostri cuori battono all’unisono.
Salutiamo chi è rimasto sulla terra ferma. Rose manda un bacio alla sorella che agita un fazzoletto dalla darsena, dicendo: «Ci vedremo presto.»
L’avventura ha inizio…ma quasi all’arrivo qualcosa va storto. Affondiamo. Dispersi.

Qualche tempo dopo…

«Mamma, guarda che cosa ho trovato tra le conchiglie.»
Peter, un ragazzino che gioca sulla spiaggia di Lavallette, porta alla donna una foto bagnata e con i bordi rovinati.
Lei la guarda: sul fondo grigio ci sono due giovani sposi.  Si siede di colpo.
Nel retro ci sono scritte delle parole: 10 aprile 1909, Luis e Rose, ricordo di nozze.
«Mamma, perché ti è scesa una lacrima?»
«Questa è Rose, mia sorella, dispersa dopo la tragedia del Titanic.»
Non ci posso credere, Rose, sei tornata da me…


GIRONE B – ELABORATO NUMERO 5
Nonna Caterina
 
Aspetto mio figlio alla fermata dello scuolabus, lo osservo ancor prima che scenda per cogliere dall’espressione sul viso se è stata una bella giornata.  Scende col grembiulino sgualcito ed in mano un grande cartoncino colorato.
“Mamma, mamma, guarda!”, urla correndomi incontro.
Si, senza dubbio la giornata è stata positiva; il cartoncino, tutto disegnato, non è altro che un albero genealogico dove attaccare le foto, chi di noi non lo ha fatto? Certo, ai nostri tempi ci si accontentava di scrivere i nomi.
Un compito divertente, che per forza di cose coinvolge anche me.
“Facciamo merenda e poi andiamo a casa della bis nonna a cercare le foto”.
E’ scosso da un’euforia che sprigiona saltellando mentre ci dirigiamo nella via che porta alla vecchia casa ormai chiusa da anni.
Infilo la chiave nella toppa, faccio fatica a smuovere l’ingranaggio, la casa è buia cerco l’interruttore a tentoni, mi investe il profumo, è passato tanto tempo eppure l’odore della mia infanzia è ancora lì.  La luce mostra una sala rimasta esattamente come cinque anni fa, non abbiamo toccato niente, mio padre non è ancora pronto a staccarsi dai ricordi.
Sul bracciolo della vecchia poltrona vicina al caminetto, c’è ancora la coperta di lana verde con ricamate le stelle alpine che la nonna teneva perennemente sulle gambe.
Nella credenza c’è una scatola di latta ormai del tutto sbiadita, è impossibile capire quale disegno la ricoprisse, all’interno ci sono alcune foto: mio padre da piccolo con la sorella ed il fratello vestiti da festa e pettinati, mio nonno vestito da militare accanto a un cavallo, la nonna davanti a un albero da frutto in fiore.
“Mamma perché le foto non hanno i colori?”
E’ troppo piccolo per una spiegazione così lontana dal suo mondo? Forse si, e lo liquido semplicemente spiegandogli che a quei tempi non c’erano le macchine fotografiche moderne o i cellulari, i fotografi mettevano tutti nella stessa posa, poi si infilavano sotto un telo nero che ricopriva la macchina, facevano un cenno ed una luce abbagliante sanciva lo scatto.
Mi scruta perplesso, ridendo immaginando la scena, intanto io continuo a cercare fino a quando la vedo ed esulto:
“Eccola! Cercavo proprio questa!”
La giro perché possa guardare, ritrae i nonni nel giorno del matrimonio.
La nonna indossava un abito semplice che aveva confezionato con la madre, seduta davanti ad una macchina da cucire Singer che andava a pedali, lo aveva reso più sfarzoso grazie ad un velo tenuto fermo sulla fronte da una fascia floreale da cui spuntava un’onda bionda di capelli, aveva un bouquet di gigli bianchi e felce, il nonno era elegante nell’ abito prestato solo per l’occasione.
Felici, prima che la guerra li dividesse per sempre.
“Forza, passami la colla, mettiamola qui in cima, la prima foto del tuo albero, la radice che ha portato la linfa vitale fino a te”.


GIRONE B - ELABORATO NUMERO 7
Pegno d’amore

I giorni si susseguivano tutti uguali. L’unico momento di conforto erano i minuti che passavo con il figlio del padrone. Eravamo cresciuti assieme e nonostante la nostra simpatia non fosse accettata, lui aveva sempre mostrato dolcezza nei miei riguardi. Crescendo però, la nostra amicizia iniziò a trasformarsi. 
Fino al giorno in cui ci dichiarammo il nostro amore che suggellammo con un candido bacio.
Sapevo che fosse pericoloso per entrambi. Nessuno avrebbe mai concesso questa unione, a me bastava sognarlo. Inoltre, era promesso a una lontana cugina.
«Eccoti, sei qui.»
«Dimmi, che succede?»
«Domani arriverà Lady Angelica»
Per un attimo sentì che mi mancò il respiro. Era come se due mani possenti mi stessero togliendo l’aria con tutte le loro forze.
«Rimarrà qua qualche settimana, vogliono che ci conosciamo un po’ prima…»
Percepii che le parole gli si fermarono in gola, come se non volesse rendere reale quel momento.
Quella notte mi convisse a fare quello che gli negai per anni. Ci lasciammo andare uno nell’abbraccio del altro. Ci rivestimmo e prima di tornare ognuno alle proprie faccende mi promise che avrebbe trovato il modo di non sposarla.
Passarono sei anni da quel giorno e io spolveravo tutti i giorni la foto che li ritraeva assieme, mentre mio figlio era costretto a vivere senza un padre e con la vergogna di avere una madre disonorata.
Più trascorreva il tempo più il dolore iniziò a essere insostenibile. Cominciai a chiedermi se la soluzione migliore fosse scappare con l’unica mia ragione di vita: mio figlio.  Poco dopo il tramonto mi diressi verso la sua scrivania e presi il borsello dove teneva il denaro. Andai verso la camera del mio bambino.
Avvicinandomi alla stanza notai la luce accesa. Preoccupata mi avvicinai silenziosa. Volevo capire cosa stesse accadendo. Lo vidi sul letto di mio figlio che lo accarezzava.
«Allora oggi ti sei divertito?»
«Sì, anche se la mamma è sempre cattiva con me» Sussultai ferita da quelle parole.
«Non dire così. Lei ti sta crescendo da sola e sta facendo un ottimo lavoro»
«Ma anche tu mi stai crescendo. Se la mamma lo sapesse secondo me sarebbe felice»
«Lo sai piccolo mio, ne abbiamo già parlato. Per il vostro bene lei non dovrà mai sapere di me.»
Dopo averlo baciato, diede una carezza alla mia foto sul comodino e se ne andò dalla stanza.
Riflettei tutta la notte su ciò che avevo visto. Non riuscivo a trovare un significato ragionevole per come fossero andate le cose, ma cosa peggiore, non trovavo più una motivazione per andarmene.
Decisi quindi di tagliarmi una ciocca di capelli e scrivere sul retro della foto del suo matrimonio la data in cui ci scambiammo il primo bacio. Posai la foto sul suo comodino. Non seppi mai se lui scoprì quello che avevo fatto, ma io sapevo che una piccola parte di me ora poteva riposare al suo fianco.


GIRONE B – ELABORATO NUMERO 8
Strada senza ritorno

Ricordo ancora le urla di quella notte. Avevo le orecchie che fischiavano per il rumore degli spari. I miei genitori stavano raccogliendo le proprie cose, io ero troppo piccolo per capire. Facevo i capricci e non volevo andarmene di casa.
Non potrò mai smettere di odiare quel bambino. Se non avessi perso tempo forse loro oggi sarebbero ancora qui.
Il destino poi bussò alla nostra porta. Mio padre la teneva ferma mentre mia madre mi afferrava per la mano spingendomi con forza nell’intercapedine del muro. Mi disse che stavamo giocando a nascondino. Sapevo che stesse mentendo, ma le obbedii e questo mi salvò la vita.
Quando scese il silenzio della mia famiglia non restava più nulla.
L’unica cosa che mi è rimasta di quel periodo è la foto del loro matrimonio. Se sono sopravvissuto alla guerra lo devo solo a quel soldato tedesco che vedendomi lì da solo ha deciso di prendermi con se e salvarmi.
Ci trasferimmo in Argentina e cercammo di cambiare vita, ma non avrei mai dimenticato il volto della persona che quella notte strillava gli ordini ai soldati per stanarci casa per casa.
Fu un giorno di autunno che lo rincontrai. Era fermo alla fermata dell’autobus, come se fosse una persona normale di mezza età.
Non andai al lavoro, ma piansi per tutto il giorno. Il mattino dopo lo rividi sempre nello stesso posto e così via per tutta la settimana successiva.  
Deciso a farmi giustizia mi infilai in tasca il coltello da caccia e lo seguii.
Lavorava in un colorificio. Sembrava una persona uguale alle altre, ma sapevo che dentro di lui c’era qualcosa di diverso. Attesi che uscisse da lavoro. La prima volta che rimase da solo per strada non ebbi il coraggio di avvicinarmi e fui costretto a seguirlo fino a casa. Rimasi fermo per un’ora prima di prendere coraggio ed entrare.
Era una piccola villetta indipendente, simile a quelle vicine. Mi introdussi dentro e con il coltello in mano iniziai a cercarlo nelle stanze.
Nel salone osservai le foto di famiglia. Accecato dalla rabbia le buttai per terra.
Lo trovai nel suo studio. Chino sullo scrittoio stava preparando una lettera. Era di schiena e non si era accorto di nulla.
Arrivai alle sue spalle e lo colpii in testa con l’impugnatura del pugnale. Cadde a terra svenuto.
Osservai il corpo e mi mancò il coraggio di fare quello che lui aveva fatto con troppa facilità.
Presi la foto dei miei genitori e gliela posai sulla mano insieme al pugnale.
Gli scrissi una lettera:
Oggi avrei potuto fare quello che hai fatto ai miei genitori, ma non sono voluto diventare come te. Non meriti di morire, ma di vivere divorato dai sensi di colpa. Tieni la foto in ricordo delle tue mani sporche di sangue.
Dopo quel giorno non lo vidi più. Non so se ho fatto la scelta giusta.  So che il dubbio mi tormenterà fino alla morte, ma almeno non sono diventato come lui.

E ORA VOTATE VOTATE VOTATE!

Si può votare fino alle 
ore 12 di giovedì 29 settembre 2022

Qui di seguito i 4 racconti che hanno passato il turno grazie al voto della giuria tecnica.

NON SONO SOGGETTI AL VOTO DEL PUBBLICO

GIRONE B – ELABORATO NUMERO 1
 L'anniversario
 
Le mani lavorano l'impasto, eppure lo sguardo di Elide è rivolto alla foto sulla credenza: lei e suo marito, ritratti nel giorno del matrimonio. Seri, una giovane coppia all'inizio del cammino. Possibile che siano già passati due anni?
Le mani accarezzano l'impasto e i pensieri corrono alla casa che avevano e il confronto con quella di oggi è impietoso: si ritrovano in due stanze, cucina e camera, con la latrina nel fazzoletto di cortile sul retro.
Le mani stringono l'impasto e la mente va all'uomo che ha sposato, un cugino alla lontana, che le è stato presentato come una promessa e un salvataggio, perché lei, Elide, a venticinque anni non aveva un fidanzato all'orizzonte. Era il 1960 e la parola zitella aleggiava nell'aria. Era taciturno quel ragazzo bruno, dagli occhi profondi, bello, giornalista. Non le era stato difficile assecondare le aspettative delle famiglie, aveva detto sì.
Le mani allungano l'impasto, non vede più la foto, ma i giorni che sono seguiti.
L'uomo educato che aveva al fianco si faceva più distante, gli occhi bruni  si perdevano, come se vedessero cose a lei impossibili. Nessun contatto, buongiorno e  buonasera che poi si sono ridotti a cenni.
Le mani dividono l'impasto e giungono le immagini: Alfio che non consegna in tempo i pezzi al giornale, i richiami e il licenziamento; giorni passati sulla sedia e le sere al bar coi risparmi che se ne andavano in bottiglie. La casa ricevuta in dono venduta e il trasferimento.
Lo stava perdendo, ancor prima che fossero riusciti a trovarsi. Elide non sapeva che fare e con questo sentimento di impotenza le mani smettono di lavorare.
Aveva cercato il dialogo, ricevendone in cambio il silenzio; sistemava al meglio le misere stanze, Alfio non se ne curava; abbracciava, impacciata, lui si divincolava e una sera l'ha spinta. In quel momento, Elide ha visto gli occhi spenti di lui accendersi. Vi ha letto sorpresa e poi... esultanza? Probabile, perché da lì sono cominciate le sberle, gli sgambetti, che giungevano senza motivo e senza preavviso, o forse un motivo c'era e lei, stupida, non lo capiva.
La sua vita era un pozzo di sofferenza nel quale era imprigionata, ma si sopporta e si tace: questo è il codice della moglie.
Ieri notte... Alfio torna ubriaco e parla.
No, grida, verso di lei indicando la foto: «Chi è questo?»
Elide non capisce e lui continua a inveire, rabbioso, il viso paonazzo, i tendini del collo tesi: «Ti ho chiesto chi è? Lurida puttana, con chi te la fai?»
A nulla era valso dirgli che era lui, lui con lei il giorno delle loro nozze, solo lui.
Se ne era andato, dopo averla colpita a lasciata sul pavimento a piangere.
Le mani buttano a terra l'impasto. Nessuno mangerà quella torta, per un anniversario da non festeggiare.
Elide apre la porta di casa e va, senza nulla, non vuole nulla, prima che l'uomo che ha sposato la trasformi in nulla.
Nella casa resta la foto di una bugia.

 

GIRONE B –ELABORATO NUMERO 2
La foto

Finalmente ho deciso di pulire l’argenteria, un lavoro che mi pesa sempre e che cerco di rimandare all’infinito, ma la patina scura delle superfici reclama le necessarie cure. Comincio con la foto dei nonni che fa bella mostra di sé sul pianoforte. L’antica cornice intagliata richiede un attento impegno, perciò la smonto, per non sporcare il vetro. La foto, color seppia, ammorbidita dalla tecnica del viraggio, è un po’ logora: quando è stata scattata? Nel retro la data: 25 agosto 1920.
Non posso non ammirare la delicatezza dei lineamenti degli sposi e l’eleganza raffinata di lei. Il velo che le circonda i capelli, formando un’acconciatura di tulle, mette in risalto l’ovale del viso e la levigatezza della pelle. Eppure noto ora qualcosa di strano: il sorriso è dolce, ma contenuto, gli occhi ridenti, ma velati di tristezza. La stessa impressione traspare anche dal viso del nonno. È la prima volta che me ne accorgo. Mentre sto per appoggiare la foto, sono colpita da un piccolo sgorbio sul retro, a fondo pagina. Incuriosita, prendo la lente per osservare meglio: il disegno rappresenta una piccola cassa, suddivisa in comparti, su uno dei quali noto un puntino in grassetto. Che cosa significa? Più incuriosita che mai, sbriglio la fantasia, ma ben presto s’accende un ricordo: è lo scrigno dei gioielli della nonna, che ancora si trova sulla toilette, in camera della mamma. Mi precipito nella stanza, la cassetta è ancora lì, muta ed ermetica. Non faccio fatica ad aprirla, nonostante la serratura arrugginita, comincio così a curiosare al suo interno. Ormai vuota, conserva perline  multicolori e paccottiglia abbandonata. Altro non c’è. Con l’ausilio della lente, controllo i bordi interni: nulla. Provo allora a ispezionare ogni angolo: nulla.
Un poco delusa, sto per abbandonare la ricerca, quando avverto un lieve rigonfiamento, proprio nel punto indicato nel disegno; scosto la pelle, e con cautela e fatica estraggo un sottile foglietto, ingiallito dal tempo, finemente ripiegato, che leggo subito con curiosità.
Non è possibile che sia successo questo! Il nonno era gentile e garbato: non lo riconosco nelle parole della nonna. Confusa, metto insieme i puzzle della mia infanzia per cercare qualche tassello che collimi con la dura verità emersa dalla confessione. I ricordi mi rimandano l’immagine di una coppia affiatata, anche se non molto espansiva. La data della foto rivela con certezza che la nonna era già incinta della mamma al momento del matrimonio. Già questo “incidente”, anche se gelosamente custodito, doveva essere stato uno scandalo per il tempo, ma non avrei mai immaginato che il nonno non ne fosse il padre!
Si frantuma così ai miei occhi il sogno di una famiglia perfetta, dove l’amore aveva sempre regnato sovrano. In realtà l’amore c’era stato, ma non per il nonno che aveva “salvato l’onore” della fanciulla a cui voleva bene, ma si era poi vendicato con infinite cattiverie per il tradimento commesso ancora prima del matrimonio.
Sconcertata per la scoperta, piango silenziosamente: la felicità degli amati nonni, che avevo sempre creduto vera, era solo un’illusione.


GIRONE B – ELABORATO NUMERO 3

La vigna

 
Francesca l’aveva lasciato all’improvviso, come quando arrivano i temporali estivi in cui prima arriva la pioggia incessante e poi il rumore fragoroso dei tuoni.
Così quando se ne rese conto, era già tutto successo. Marco era fradicio e ormai senza luce. Avevano passato buona parte della loro vita insieme, vivendo in collina. Tiravano avanti con l’orto, qualche gallina in cortile, cani, gatti, pecore e maiali. Poi c’era la vigna. Un mondo tutto diverso rispetto a quello della città.
Non soffiava il vento da tempo, Marco guardava le nuvole in cielo muoversi rapidamente e immaginava che forse lassù doveva far fresco. Sulla terra invece dominava una brezza mite, quasi avesse riguardo e rispetto della sua situazione. Il vuoto lasciato da Francesca era pungente, quando ti appoggi a qualcuno per una vita intera è difficile poi farne a meno d’improvviso. Difficile anche convincersi che doveva andare così, non pensarci e soprattutto non ricordare. Sì, perché i ricordi fanno male. Marco aveva smesso di fare tutto e i giorni passavano uguali e monotoni. Per andare avanti aveva dovuto vendere la vigna, posto del cuore pieno di ricordi.
Spesso si soffermava davanti al camino in salotto a osservare la foto del giorno del loro matrimonio. Come erano giovani, belli e innamorati. La vita era stata generosa con loro.
Ma non sempre il dolore esplode, a volte lo si tiene sordo per anni e questo scava un tunnel profondo dentro all’anima. È da vecchi che si è stanchi di combattere le guerre.
Il sole era alto nel cielo, l’erba e le piante di aranci erano ormai diventate secche e il postino non consegnava più lettere.
Era un giorno di novembre e il vento all’improvviso si svegliò. Marco guardava perso l’orizzonte. Era proprio vento. Tutto si piegava sotto la sua forza. Gli animali si rannicchiavano sul calore della terra e le finestre sbattevano. Francesca sarebbe stata contenta e magari gli avrebbe gridato di tornare in casa e lui avrebbe stappato una bottiglia del suo vino, del loro vino. Poi avrebbe guardato dalla finestra il mondo scivolare via.
Chiuse a due mandate la porta, tenendo tra le mani la loro foto e si camminò con passo stanco verso la vigna, che ormai aveva l’anima di altri proprietari ma sempre nei suoi ricordi e nel suo cuore.
Mise una sedia tra i filari ordinati ormai spogli e volse il capo verso il mare increspato dal vento. La polvere creava vortici e le piante ormai trascurate e desiderose di acqua si piegavano alla violenza del vento.
Ma non era tempo di piangere, c’era il vento. Era un giorno nuovo. Marco era immobile, coraggioso e in balia dell’impeto della natura. In quel momento la rabbia e l’apatia se ne andarono e l’amore prese il sopravvento. Respirò a pieni polmoni l’aria nuova.  Vivo a metà tra il vento e Francesca, pronto a vivere il resto della sua esistenza. Guardò la loro foto e sorrise con il cuore che scoppiava dalla gioia. 


GIRONE B – ELABORATO NUMERO 6
Un'altra vita
 
Il portone di legno si aprì con un leggero cigolio, ruotando un po’ a fatica sui cardini che cominciavano ad arrugginire.
Sophie entrò nella stanza immersa nella penombra, a malapena rischiarata da una luce tenue che filtrava dalle persiane.
Si ritrovò circondata da un silenzio assoluto, nel quale, un po’ alla volta, le parve di percepire gli echi insonori di un tempo passato, le cui vibrazioni impregnavano ancora le pareti e i mobili, unici testimoni di eventi trascorsi e, forse, dimenticati.
«Mi chiamo Filippo Rossi, chiamo dall’Italia, buongiorno» aveva esordito all’apparecchio qualche giorno prima una voce maschile, affilata e sbrigativa. La telefonata era arrivata all’Agenzia Immobiliare di Arles, in cui lavorava.
«Ho ereditato una casa nel sud della Francia,  vorrei venderla.»
La voce ostentava freddezza e distacco, malcelati. Sophie ebbe la sensazione che quell’eredità non fosse altro che una seccatura per il suo interlocutore. D’impulso decise che se ne sarebbe occupata lei personalmente.
La settimana seguente si recò a visitare l’abitazione, e, percorrendo le strade che portavano verso la Camargue, raggiunse un villaggio di pescatori che pareva immerso in un universo di pace e luce.
La casa era situata al limitare del borgo, quasi volesse rimanere un po’ in disparte, lontano dal vivere comune. Era costruita in solida pietra, il legno della porta e delle imposte appena intaccato dalla salsedine.
Sophie perlustrò tutto l’edificio, ispezionando le grandi stanze, mentre i suoi passi risuonavano sulle vecchie tavole del pavimento.
Nel salone principale un imponente camino occupava quasi un’intera parete, sovrastato da una lunga trave che fungeva da mensola. Si avvicinò per osservarlo meglio e si accorse che, in un angolo seminascosto, era incisa una frase.
Leggendola, trasalì.
ALLA MIA SOPHIE, ORA E PER SEMPRE.
Colpita dalla coincidenza, cominciò a cercare qualche indizio che l’aiutasse a ricostruire la vicenda. Aprì cassetti e armadi, finché riuscì a trovare un diario segreto. Si sedette in un angolo e iniziò a leggere, senza accorgersi del tempo che passava e delle lacrime che, a tratti, rigavano il suo volto. Quando lo richiuse, un bagliore rossastro occhieggiava alle finestre, il giorno volgeva al termine.
Nella sua anima galleggiava la storia di Sophie Amélie D’Aboville, di antica e nobile famiglia parigina, innamorata di Paul Lagrange, un semplice marinaio conosciuto per caso durante un viaggio sul Mar Mediterraneo, che avrebbe cambiato per sempre la sua vita.
Sophie e Paul, contro tutti.
Sophie e Paul, felici, contro tutti.
Senza accorgersene scivolò in un sonno profondo e privo di sogni, un sonno che assomigliava a una piccola morte.
Fu risvegliata da un raggio di sole che, filtrando dagli scuri, si rifletteva su una superficie lucida accanto a lei. Si voltò e, sopra un tavolino, vide un portaritratti che custodiva una fotografia.
Due sposi, eternamente giovani. Sul retro, una scritta: 
14 SETTEMBRE 1925. SOPHIE E PAUL
Fu allora che, scavalcando ogni pensiero razionale, decise di comperare quella casa.
Guardò la foto. Forse fu un’illusione ottica, un gioco di luci, ma avrebbe giurato che, in quello stesso istante, Sophie e Paul le sorridessero.

 ATTENZIONE

Nella diretta di giovedì 29 settembre alle 21, nella Pagina Facebook di Edizioni Convalle, svelerò i nomi degli autori dei testi del GIRONE B (questo girone).

Complimenti a tutti i partecipanti! 

Il Masterbook prosegue e rimarrà un solo vincitore, ma ci saremo tutti divertiti condividendo la stessa passione:

SCRIVERE!

Alla prossima
dalla vostra
Stefania Convalle


 

 

     

 

35 commenti:

  1. Voto 'RITROVARSI'.
    Mi hanno suscitato un senso di tenerezza i preparativi per il matrimonio, il successivo accordarsi per intraprendere una nuova vita lontano dagli affetti e poi il sopraggiungere quasi immediato della tragedia. Per finire, la sorpresa del comparire della foto poi... Amore puro. Complimenti e grazie per le emozioni. Rosy Pozzi

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  2. Nicoletta Mandaradoni
    Voto il numero 4 Ritrovarsi
    Mi ha colpito il contrasto tra la gioia dei preparativi e la tragedia che ha interrotto i sogni dei due sposi.

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  3. Voto l’elaborato n. 4. Un racconto emozionante con un finale a sorpresa che lascia a bocca aperta

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  4. Voto il racconto 4. Bellissima la storia e finale davvero toccante.

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  5. Il precedente commento è mio Pamela Pirola e non capisco come mai lo ha pubblicato in forma anonima

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  6. Voto "Zia Ginetta"...ah no!

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  7. Voto il n. 4 : Ritrovarsi. Mi è piaciuto il racconto , curata la punteggiatura.

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    1. La punteggiatura è importante, è sempre da considerare quando si deve votare: brava!

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  8. Voto l'elaborato 5: Nonna Caterina

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  9. Voto Nonna Caterina, l'elaborato 5

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  10. Voto l'elaborato numero 5, nonna Caterina. Luca Togni.

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  11. Voto elaborato 7 : 'Pegno d'amore' . Ero indecisa tra questo e nonna Caterina. Pegno d'amore ha avuto la meglio perché l'ho trovato più pertinente a cio' che evocava me la foto, mentre di nonna Caterina mi è piaciuta la scelta dell'albero genealogico. Come sempre, comunque, complimenti a tutti e 8 e w il Masterbook!

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  12. Voto l'elaborato nr.8 perché parla di dolore riscattato senza aggiunta di altro dolore. Il coraggio di chi riesce ad affermarsi in modo pulito. Urla l'anima mentre la mente rimane lucida. Complimenti

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  13. Voto il n. 4 "Ritrovarsi". Sono Marta Martello

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  14. Sono Elena Mazza e voto il nr. 5

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  15. Sono Michela Rossi voto l'elaborato n. 4 mi è rimasto molto impresso, nonostante siano tutti bellissimo e la scelta è davvero difficile

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  16. Voto il racconto di nonna Caterina, molto di effetto mi ha emozionato

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  17. Voto il n. 5 "Nonna Caterina"
    Mi piace l'originalità e la freschezza del racconto, diverso dagli altri e più scanzonato.

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  18. Voto il racconto numero 4: pensare che sul Titanic ci potesse essere una coppia appena sposata mi è parsa una bella idea. Suggestivo il finale.

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  19. Voto “Strada senza ritorno” perché, oltre alla scrittura fluida, è originale, non forzato e credibile. Maria Grazia Conti

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  20. Voto l’elaborato numero quattro: “Ritrovarsi”. Mi piace la trama e trovo toccante il dialogo tra Rose e sua sorella nel quale è descritta la preparazione della sposa.

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  21. Voto l’elaborato n^5 “Nonna Caterina”: bello sentire quanto un uomo sia legato ai ricordi e non voglia disfarsene (di solito siamo noi donne a fare così) e l’entusiasmo di questa mamma e del suo bimbo nel riportare in vita le loro radici con una bellissima foto.

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  22. Voto il racconto numero 5 "Nonna Caterina" adoro i racconti che evocano lontani ricordi, è molto dolce e ben scritto.

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  23. Voto il racconto “Nonna Caterina”

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  24. Voto il racconto n.4 perché si sviscera su un duplice piano narrativo uno descrittivo e l’altro emotivo. Enza La Gala

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  25. Giovanna Agata Lucenti28 settembre 2022 alle ore 09:13

    Voto il racconto n.3 "La vigna".
    Scritto bene, riesce a trasmettere in maniera semplice ma efficace ed emozionante lo stato d'animo del protagonista.

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  26. Giovanna Agata Lucenti28 settembre 2022 alle ore 10:57

    Voto il racconto numero 4
    "Ritrovarsi" condotto bene e con un commovente finale.

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  27. Voto il racconto numero 8.
    C'è dentro l'orrore della guerra, la pietà del soldato, il desiderio di vendetta e la vittoria del perdono.
    Riccardo Simoncini

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  28. Racconti tutti coinvolgenti. Difficile scegliere.
    Voto per il n.7 "Pegno d'amore". Ho pensato ai tanti figli di amori nascosti e impossibili e alle loro madri marchiate a vita.
    Pinuccia Sassone

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  29. Voto il racconto n.5 "Nonna Caterina"

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  30. Voto il racconto 4 "ritrovarsi". Olivia

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  31. Voto pegno d'amore.
    Rosalia

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